Capitolo 11

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All will rise and fall,

their flesh and bone

My sins and resolve

permeate their desires

I am absolvеd within their design

My legacy will livе on.

(Lorna Shore, Cursed To Die)

Austria, confine con l'Italia

Gli Abissi circondavano la maestosa casa, con le loro spade di ferro al petto e le schiene dritte, attente sentinelle di guardia nella notte che avrebbero trafitto il cuore e tagliato le gole di chiunque avesse varcato i confini di quella villa nel cuore del bosco, circondata da pini, querce e alti cancelli appuntiti.

Al passaggio della donna, tutti loro si inchinarono salutandola con un cenno; Viola si incamminò lungo il sentiero che portava all'ingresso. Il terreno ai suoi piedi era umido, segno che aveva piovuto durante la sua assenza. Quando alzò gli occhi al cielo, si accorse che non vi era neanche una stella. Avrebbe voluto che i suoi compagni l'avessero seguita, ma Michele e Andrea avevano l'obbligo di difendere le porte di Roma. Degli Abissi, loro tre erano i più fidati, gestendo i rapporti fra demoni e con le altre prestigiose famiglie. Roma era affidata a loro.

L'idea di dover affrontare la contessa da sola le metteva i brividi; poche volte le era capitato e tutte le volte credeva che prima o poi la donna gli avrebbe strappato la pelle di dosso.

Gli Abissi erano i mezzidemoni che gli altri demoni non sopportavano, ma di numero largamente superiore, ormai, ai demoni purosangue. Alla contessa portavano fastidio, ma i patti erano chiari: ben presto, tutte le altre famiglie avrebbero conosciuto colui che comandava davvero e che non conosceva altre regole, se non le sue.

Viola aveva una grande responsabilità: accompagnare l'erede al suo legittimo trono a Roma.

Tutto, dunque, doveva andare secondo i piani.

Due domestiche aprirono la porta. Avevano un sorriso tagliente e i denti affilati si impigliavano fra le labbra; i loro occhi erano neri come la notte, privi di iride. Era questo l'aspetto dei demoni asserviti senza coscienza alcuna: rispondevano soltanto ai loro padroni, un tempo umani la cui anima è stata divorata via, trasformati in involucri senz'anima. In una parola, cadaveri e marionette. Quando Viola fece il suo ingresso nella casa, vide che l'unica luce che illuminava l'ambiente circostante era soltanto quella che proveniva dalle candele.

La scala di marmo dal passamano in ferro, ricoperta di piante che si muovevano, vive e letali, foglie, erbe e frutti magici velenosi soltanto percependo il loro odore, portava ai piani superiori dove la contessa attendeva, con una candela in mano, sorretta da un portacandele in porcellana, e la vetrata ampia alle sue spalle dalla quale era possibile vedere il cielo nelle notti serene e da cui ora era possibile osservare l'inizio del temporale. Un lampo, poi un tuono, ed il viso della contessa apparve nell'ombra della notte come la sclera nera dei suoi occhi e le iridi verdi e lucenti. Se una vipera avesse assunto le sembianze umane, pensava Viola, quella era la contessa Rovere.

Eppure, era splendida. Indossava una vestaglia bianca, i capelli mossi e neri erano sciolti, sulle spalle. Al collo portava una collana stretta con un ciondolo a forma di pugnale.

Mentre la contessa scendeva le scale, Viola la vedeva avvicinarsi e più si avvicinava più notava l'assurda, spaventosa somiglianza nel suo sguardo alla donna che aveva incrociato a Piazza del Popolo e alla quale aveva consegnato la busta per l'evento all'Hellfire Shrine, la strega reale Lucrezia De Angelis,

I Sussurri delle Botteghe Oscure, vol. 1 "La Strega della Rabbia"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora