17.

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Irina, invece, aveva sognato dopo un decennio quell'uomo che aveva odiato.

Forse l'aveva descritto troppo bene.

Aveva gli occhi cattivi, anche se la chiamava fiorellino e non l'aveva mai presa a schiaffi per non rovinare il suo viso. Ma quegli amplessi spesso erano punizioni, e se non lo erano lei li viveva come tali. Le facevano schifo.

Per non parlare di come la insultava quando non gli piaceva la cena.

Rivisse quella scena nel suo sogno.

Una sera qualunque, un freddo secco e ghiacciato, la casa malamente riscaldata con le legna di scarto che aveva trovato vicino alla strada, trasportata in un secchio troppo pesante per lei.

Le facevano male le braccia, rivisse quel dolore e quel freddo pungente che, ricordava, le entrava nelle ossa e la lasciava tremante.

Aveva cucinato un brodo con qualche verdura scadente. Sempre lo stesso piatto. I soldi non c'erano e lui gli rinfacciava che l'aveva sposata nonostante lei non gli avesse portato nessun beneficio.

Lei avrebbe voluto rispondergli che, se non avesse bevuto come una spugna, forse i soldi per qualche piatto migliore ci sarebbero stati.

Poi la solita scena, lui che sputava il boccone nel piatto, imprecando bestemmie e chiamandola cagna inutile.

La mano che si alzava con forza, lei che si bloccava inerme, lo schiaffo che non arrivava mai, lei in ginocchio di fronte a lui, quell'odore di sporcizia e sudore che le faceva venire i conati, e poi il sapore salato e viscido in bocca.

Si svegliò di soprassalto, correndo in bagno e vomitando davvero questa volta.

"Irina, stai bene?" biascicò Markus, tirandosi su dal letto e dirigendosi in bagno.

La trovò chinata sul water, con gli occhi gonfi di lacrime.

Gli si strinse il cuore.

Anche se aveva lasciato morire un uomo era chiaro che provava dentro di sé un dolore lancinante.

"Credevo di averlo dimenticato" rispose lei.

"E invece è ancora nella tua mente".

"Me lo sento addosso, come se non fosse passato neanche un secondo. Ho sbagliato, ma non mi era venuta in mente nessun'altra soluzione in quel momento. Mi sembrava una liberazione.

Forse sarei dovuta scappare prima, ma mi avrebbe inseguito. Mi avrebbe trovata.

I miei genitori probabilmente non mi hanno nemmeno cercato, lasciando cadere nell'oblio l'onta di una figlia fuggita.

Lui non si sarebbe rassegnato, e se mi avesse trovata, sono sicura che avrebbe iniziato anche a picchiarmi come diceva di fare con la moglie precedente.

Mi raccontava di come la trattava per farmi sentire fortunata.

A te non le faccio queste cose, fiorellino, lo sai.

Ancora mi sembra di sentire la sua voce viscida.

No, non mi pestava.

Non avevo gli occhi neri.

Non mi prendeva a calci.

Eppure non mi sentivo fortunata, mi faceva ugualmente male e lo odiavo lo stesso.

Se fossi scappata e mi avrebbe trovato, mi avrebbe picchiato per tutta la vita, o ancora peggio, uccisa.

Denunciare? Chi mi avrebbe creduto? Mi sarei firmata la condanna da sola.

Condanna D'AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora