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Eppure, nonostante quella rassicurazione, era lì, ferma in mezzo alla stanza a guardarsi allo specchio.

Si tolse con stizza la maglietta di cotone che aveva infilato dopo la doccia e si guardò i capelli, biondissimi ma arruffati. Non si prendeva molta cura del suo aspetto fisico, si limitava a shampoo e balsamo, sapendo che tanto poi avrebbe passato la piastra, incurante delle doppie punte che facevano capolino ogni volta.

Adesso le sembrava improvvisamente un sacrilegio il suo essere così poco attenta a certe cose.

Lui era abituato ad altre donne.

Donne tipo Diana, femminili e sensuali.

O come quelle che aveva visto buttarglisi addosso nei vari ricevimenti.

Donne che non avevano il tabù del sesso.

Lei sì.

Andiamo a cena, aveva detto.

Come diamine si sarebbe presentata? Con uno dei suoi soliti completi castranti? Neri e accollati come se fosse una suora?

Aprì il cellulare, incurante di essere mostruosamente in ritardo.

Cercò il nome di Markus su Instagram, per poi sbirciare tra i follower fino a trovare Diana.

Si soffermò sul profilo, su quei video in cui si truccava con maestria, su quelle foto perfette in cui gli outfit erano da capogiro.

Sentì di nuovo la gelosia occluderle lo stomaco al solo pensiero che fosse stata nuda con Markus, anche se tutto ciò non aveva senso... lei prima non lo conosceva e lui aveva giustamente avuto altre esperienze.

Ma con Diana non le andava giù.

Era persino fidanzata con il migliore amico.

E poi era così bella se paragonata a lei.

Ciò che Irina non capiva era che per Markus fosse splendida anche lei e che l'aveva colpito proprio quella bellezza cruda, senza fronzoli e orpelli.

Irina non se ne rendeva conto, ma era bella anche così, senza vestiti elaborati e trucco perfetto.

A renderla irresistibile era il suo carisma, il suo carattere, l'aura di mistero che aveva intorno.

E poi quegli occhi color ghiaccio, velati da un'ombra burrascosa, erano una trappola per chiunque ci si fosse tuffato, e Markus ne era rimasto catturato.

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Si diresse in ufficio, infilandosi il suo solito completo da lavoro ma con un accessorio in più: l'inadeguatezza che si portava addosso.

Aveva sempre giudicato superficiali e stupide le donne che si prendevano cura del proprio corpo per piacere a chissà chi.

Pensava che, se erano così attente all'outfit o ai capelli, non avevano molto altro da offrire oltre al proprio corpo.

Eppure, ora, percorrendo il corridoio fino alla sua scrivania in open space in fondo alla stanza, si soffermò di soppiatto su tutte le sue colleghe che aveva giudicato male fino al giorno prima.

Si rese conto che i suoi tacchi bassi erano l'unica nota stonata in mezzo a décolleté vertiginose e che quasi tutte avevano una scollatura, se non pronunciata, almeno un po' evidente.

E poi erano molto più truccate di lei.

Sbuffò sommessamente.

Forse avrebbe potuto rinnovare un po' il suo guardaroba.

Condanna D'AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora