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Contiene scene sensibili

"Sarebbe piaciuto anche a me incontrarti prima" rispose lui. Sapeva che si sarebbe aperta senza domande da parte sua.

"Ti avrei sposato con piacere a diciassette anni... non sarebbe stato il giorno della mia condanna".

Lui si irrigidì. "Sei sposata, Irina?"

Non aveva la fede al dito.

E non era scritto da nessuna parte, né c'era un minimo accenno al divorzio.

Markus sentì lo stomaco in subbuglio al pensiero che da qualche parte doveva esserci ancora il marito che poteva pretendere chissà cosa da lei.

Non voleva perderla prima di averla avuta del tutto.

"Ero".

"È morto" scandì con voce atona dopo un secondo di pausa.

"L'ho ammazzato io" confessò, con voce piatta, decisa a liberarsi di quel segreto che aveva deciso di portarsi a sua volta nella tomba.

Ma se voleva condividere la sua vita con Markus, doveva renderlo partecipe della sua storia. Solo in quel modo avrebbe potuto scegliere se stare con lei o meno, e lei avrebbe avuto la certezza che lui l'avesse accettata in ogni sua minuscola sfaccettatura.

Markus deglutì un paio di volte a vuoto e la strinse con più forza. "Che cazzo dici?" bofonchiò, non curandosi del tono e delle parole.

Ora aveva non solo lo stomaco stretto in una morsa, ma la sensazione di stare sdraiato su un letto di aghi roventi.

"È vero. Non ne potevo più. L'ho sposato a diciassette anni, hanno falsificato i documenti. Non ho ventotto anni come recita bellamente la mia carta d'identità, ne ho ventisette. I miei avevano fretta di buttarmi fuori casa. Non avevano soldi per mantenermi e i pochi che c'erano li avevano usati per il matrimonio di mio fratello. Sai, i figli maschi. Io ero la femmina, nata sbagliata. Qualcosa di cui liberarsi in fretta. Meglio farmi sembrare più grande. Non avevo neanche una dote sufficientemente appetibile. Non avevo una dote in generale. I giovanotti non mi avrebbero di certo sposato senza nessun soldo. Ero una bambola rotta. Un giocattolo carino ma senza funzione. E allora che fare? Trovare un uomo che si sarebbe accontentato dello scarto degli altri. Un vedovo, sua moglie era morta di chissà cosa o per mano di chi non si sa, forse la sua. Era da solo, pover'uomo, recitavano le voci, chi si occuperà della casa e dei pasti? Guarda come va vestito, tutto sporco e spiegazzato, gli servirebbe una moglie. E la moglie perfetta ero io. Lui si sarebbe accontentato di non ricevere soldi, dopotutto potevo essere sua figlia. I miei mi avrebbero svenduto per non dovermi sfamare a oltranza e per non portarsi addosso l'onta di una figlia zitella. Hanno deciso tutto loro. Si sono presentati da me con una sottana di cotone bianco. Irina, fai le valige, domani ti sposi.

E il mio sposo era un uomo dell'età di mio padre, con i capelli radi e unti, le mani callose di chi faceva lavori manuali sottopagati, l'alito di chi affoga nell'alcool per non rendersi conto della miseria squallida in cui naviga.

L'ho sopportato tre anni. Tre anni in cui mi sono arrangiata a preparare cibo scadente senza soldi, perché se li beveva tutti. Diceva che cucinavo di merda e che ero davvero una pessima casalinga. Poi ogni volta provava ad alzare le mani, come probabilmente faceva sulla sua povera moglie morta, ma poi mi sorrideva sghembo.

Ma no, sei un fiorellino troppo bello per prendere le botte, tu. Hai questo bel faccino, mi piace intatto. Per farti perdonare, però, mettiti in ginocchio adesso.

Ovviamente gli piaceva scopare con me, mi baciava pure, a detta sua con sua moglie non lo faceva mai, ma con me gli piaceva.

Era a me che venivano i conati a sentire il miscuglio di alcool fetido e saliva impastata.

Condanna D'AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora