𝐕𝐈𝐈𝐈 - ALLEANZE E AMICIZIE

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Nei giorni successivi, all'interno dell'organizzazione sembrava andare bene, almeno per Cerbero. Alcune volte, dal modo in cui risuonano i passi dei soldati nell' ambiente, e altre volte la quiete governava nel bunker in modo quasi spettrale. Il primo giorno – o meglio, quello che gli pareva essere il primo giorno – trascorse con una lentezza estenuante e noiosa, tanto che più volte si chiese se fosse giorno, notte, o se il tempo si fosse brutalmente fermato con il suo arrivo in quel luogo. A volte usciva da quella scatoletta per sgranchirsi le gambe e gironzolare intorno al bunker, almeno nel scoprire qualcosa di interessante. Ma per sua sfortuna, non gli fu concesso di entrare in certe stanze. Cerbero veniva accompagnato dalle stesse guardie del primo giorno, gli stessi omoni, a tenerlo d'occhio anche da lontano. Odiava essere trattato come un bambino. In oltre il suo massimo intrattenimento erano i suoi esercizi in stanza, voleva essere in forma in qualsiasi momento tanto che nel pavimento si era formata una pozzanghere del suo stesso sudore.

Boss lo riceveva spesso nel suo ufficio. Gli piaceva la sua compagnia, forse si sentiva a suo agio, chi poteva sapere. Anche il ragazzo si trovava abbastanza bene. Il pasto gli veniva servito regolarmente, così che potesse calcolare lo scorrere del tempo: la colazione e il pranzo la consumava da solo nella stanza, solo nelle cene se ne stava in compagnia. Ormai lo considerava un amico, quasi. Tuttavia, notava un piccolo particolare in quelle viste giornaliere: Boss indossava sempre il foulard. Non sapeva per quale motivo nonostante quel calore emanato dalla stufa. Solo una sera, però, non aveva con sé il foulard.

Lo aveva dimenticato di indossare. C'era un piccolo dettaglio in una parte del collo, nascosto leggermente dal colletto della camicia. Aveva l'aspetto di una cicatrice molto grande.

«E quello che cos'è?» lo fece notare Cerbero, con poco tatto.

Il corpo di Boss si irrigidì di colpo. Si toccò istintivamente sotto il colletto. Sul volto diventò cupo tutto d'un tratto. Ispirò profondamente e parlò: «Vedi, sembra un po' strano e difficile da spiegare. Te lo farò il più semplice possibile.», fece una pausa. «Sai cosa sono i Servi?»

Il giovane scosse la testa, la prima volta che li sentiva.

«Sono coloro che servono i bastardi che stanno sulle nostre teste. Diventare degli scagnozzi, dei seguaci, per giunta, non sarebbe una cosa buona. Anzi, è molto peggio. Quando fai un patto con loro, sei suo per l'eternità. Non c'è scampo. Ecco come nasce un Servo, facendo un patto speciale. Quando lo accetti... beh, prega che rimarrai ancora vivo per sopportarlo. È come un concetto di base del tatuatore: scegli il disegno e con il puntatore ti punge la pelle dolorosamente. È lo stesso concetto, ma con loro è completamente diverso... all'inizio sentiresti un forte formicolio sulla pelle, come se ti scotti sotto al sole in estate... poi comincia a bruciare, diventare fuoco, anche le vene diventano roventi...», fece un'altra pausa, inumidendo le labbra. Nei suoi occhi si leggevano una grande angoscia. «Contemporaneamente, senti... la carne aprirsi, squarciare da una lama invisibile... ma non sentiresti il sangue sgorgare, no, non dall'esterno. Tutto succede all'interno... facendoti soffrire finché non rimarrà impressa nella tua mente, non te lo dimenticheresti tanto facilmente...»

𝐿𝑎 𝐶𝑜𝑚𝑝𝑎𝑔𝑛𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑆𝑒𝑟𝑝𝑒𝑛𝑡𝑒  ||  𝙄𝙣 𝘾𝙤𝙧𝙨𝙤...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora