4. Una verità piena di menzogne

56 2 0
                                    

Quella mattina Iliana si era alzata con un obiettivo ben preciso in mente: andare a parlare con Caden. Bussare direttamente alla sua porta era troppo persino con lei, ciò che era successo il giorno precedente era sbagliato, ma nessuno l'aveva costretta ad assecondarlo. Motivo per il quale avrebbero dovuto parlare, delimitare i giusti confini e così via. Bastò un minimo rumore percepito al di fuori della sua dimora per farla correre come non mai, aveva afferrato la maniglia di fretta, tanto da non rendersi subito conto che la persona al di fuori non fosse Caden, bensì Dahlia.

In lacrime, con i pugni ben stretti a sbattere contro la porta in una preghiera di accoglierla nuovamente in quella casa, perché non voleva essere abbandonata da lui. Merda.

«Dahlia, fermati», le mani circondarono per spalle gracili di lei, Dahlia era fragile, si percepiva nella sua postura, nel modo remissivo di parlare, nelle urla disperate. Difatti non protestò quando Iliana la invitò dolcemente a seguirla all'interno della sua abitazione.

«Lui... lui...» era così preoccupata per ciò che stava vivendo che non prestò abbastanza attenzione a tutto il resto. Era ovvio che la donna avesse mal interpretato tutto, la porta era stata cambiata solo perché il suo psicopatico marito ne aveva allentato gli infissi con la sua forza bruta, e non perché volesse impedirle l'accesso. Nemmeno nei casi più complicati Iliana si era sentita così in difficoltà.

«Accomodati pure dove preferisci, ti porto un fazzoletto... e qualcosa da bere, va bene?», la donna minuta aveva annuito senza smettere di singhiozzare, il pianto nervoso le impediva di esprimersi come avrebbe voluto, finché non sentì la rabbia sormontarle da dentro. Quando Iliana tornò con un pacco di fazzoletti e dell'acqua, era pronta a dar guerra anche al mondo, se necessario.

«Lui è uno stronzo! Come ha potuto fare una cosa del genere? Non ne posso più del suo dispotismo, è una continua critica per tutto! Non va bene come parlo, come cammino, come respiro! Come pretende che io possa continuare a stare con un uomo come lui? Chi diavolo potrebbe mai provare attrazione per un uomo simile?!». Una domanda indubbiamente retorica, che l'aveva colpita nel profondo. Poiché lei, dagli ideali così solidi e dalla moralità intatta (almeno fino al giorno prima), trovava il suo ignobile marito dannatamente attraente; un bacio così sporco e affamato non avrebbe mai potuto dimenticarlo, nemmeno il giorno della sua morte. Eppure, comprendeva comunque le parole della donna, poiché aveva visto quanto cattivo potesse essere Caden con le sue parole, costantemente taglienti, capaci di insinuarsi in qualsiasi punto debole dell'altra persona. E poi vi erano i suoi sensi di colpa, per quanto fatto, che le impedivano di parlare e darle una spiegazione valida, poiché se Dahlia avesse posto una domanda di troppo, mettendo in dubbio la sua presenza a quell'ora tarda, non avrebbe saputo mentire. Ma non poteva comunque dare spazio a fraintendimenti del genere, era la sua natura a opporsi fermamente.

«Dahlia...», si era seduta al fianco della donna, che aveva smesso di piangere. Raccolse una delle sue mani tra le sue, sperando che quel gesto potesse aiutarla a calmarsi. «Non è come sembra, ieri-», il tentativo di continuare il discorso fu vano, poiché un singhiozzo si manifestò prima del pianto, come se qualche pensiero in particolare l'avesse portata di nuovo a piangere.

«Lui non era così, prima. Siamo amici da sempre, noi... siamo cresciuti insieme, eravamo felici, siamo sempre stati uniti... e poi i nostri genitori ci hanno proposto il matrimonio, sembrava una buona soluzione per-» come se un momento di lucidità fosse tornato in lei Dahlia non terminò la frase, consapevole di star spifferando troppe cose, «tante cose, ero certa che con Caden al mio fianco sarei stata felice, anche se non eravamo innamorati. Ma lui ha sempre odiato l'idea di sposarmi, dice che ho rovinato tutto. Ed è andata sempre peggio, ogni giorno, sempre di più», la mano minuta raccolse un altro fazzoletto, Iliana le strinse la mano più forte, «capisco ciò che stai dicendo, Dahlia, ma ascoltami un attimo. Non è come sembra, ieri c'è stato un problema con la porta», «con la porta?», sembrava non capire, per cui Iliana annuì con eccessiva enfasi, portandole un altro fazzoletto, «esatto, per quello sono venuti dei signori a cambiarla. Non è stato fatto di proposito, è stato solo un incidente», quelle parole si trasformarono come dei macigni nel cuore, poiché avrebbe voluto allo stesso modo scusarsi per aver baciato suo marito.

Già, Dahlia, scusami per ciò che è successo ieri. È stato un incidente.

Ma non poteva farlo. Non davanti a una donna in lacrime, la cui sofferenza era tale da averle gonfiato il viso, seguendo una sconosciuta in una casa che non era sua per chiedere aiuto, raccontando gli aspetti più intimi di sé. Iliana provava una profonda vergogna per se stessa. In quel momento sentiva anche lei l'esigenza di lasciarsi andare a un pianto liberatorio, ma non era il momento; era necessario innanzitutto contattare Caiden e risolvere il fraintendimento, o quantomeno, che loro due parlassero della situazione critica che si era creata tra di loro, nonostante l'uomo non avesse ancora dato segni di vita.

Fino a quel momento.
D'altronde, Iliana non aspettava visite.
Il rumore del campanello la portò immediatamente ad alzarsi, lasciando le mani di Dahlia che, confusa, la osservava precipitarsi lungo il corridoio fino a raggiungere l'ingresso; Iliana temeva che alla porta ci fosse proprio lui e difatti fu così.
Lo sguardo di Caiden sembrava smarrito, la mano protesa sembrava voler toccare nuovamente la sua guancia, un gesto necessario a realizzare che il bacio del giorno prima fosse accaduto davvero. «Iliana», era bastato sentire il suo nome per farla fremere, gli occhi erano indubbiamente lucidi, tutta la situazione aveva preso una piega strana e inaspettata ed era troppo, per una codarda come lei.

«Caiden?», Dahlia, che aveva riconosciuto la voce del marito, si era precipitata all'ingresso. Dello smarrimento di poco prima non vi era più niente, nello sguardo di Caiden. Era nuovamente duro, con la mascella contratta, furibondo. E poiché sembrava a sua volta aver frainteso tutto, Iliana, con le lacrime prossime a scendere copiosamente dal suo volto, batté le mani eccessivamente forte per avere l'attenzione di tutti. E soprattutto, per evitare che l'uomo potesse aprire bocca.

«Bene! Come ti ho detto, Dahlia, Caiden è venuto a risolvere il fraintendimento. La porta ieri è stata cambiata perché era rotta e sicuramente si è dimenticato di avvisarti, aspettare a casa mia che si svegliasse è stata un'ottima soluzione!», ciò non era bastato ad ammorbidire lo sguardo dell'uomo, che osservava Iliana con la stessa intensità delle altre volte, senza darle la minima possibilità di decifrare cosa volessero dire i suoi occhi. L'unica emozione leggermente percepibile era la delusione.

Perché sei deluso, Caiden?
«Grazie per aver tenuto compagnia a mia moglie», quelle parole risultarono come spilli sulla pelle, l'uomo s'era fatto da parte per permettere alla donna di uscire e seguirlo dentro la loro abitazione. Dahlia fu la prima a muoversi, ringraziare dolcemente Iliana con un abbraccio e con un accenno del capo Caiden. Lui, invece, rimase lì a fissarla per una manciata di secondi. Non disse niente, la guardò semplicemente negli occhi.

«Buona giornata, Iliana».
«Anche a te, Caiden».

La porta venne accompagnata dall'uomo, chiudendosi, lasciandola finalmente da sola. Tutti i suoi buoni propositi di parlare con lui erano andati a puttane, ma soprattutto, capì che non ne sarebbe comunque stata capace. Le lacrime si insinuarono subito dopo, in un pianto silenzioso contro la stessa porta che era stata sua complice in quei giorni, avendo potuto sentire e osservare tante situazioni diverse. Non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se Dahlia non fosse stata lì. E soprattutto cosa avrebbe fatto lei, se Dahlia non ci fosse stata, Iliana?

Il peccato di CadenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora