14. Pericoli in vis(i)ta

25 1 0
                                    

La caduta sull'asfalto era stata brutale. Le ginocchia avevano ceduto, senza che potesse attutire il colpo, sfregando e squarciando la pelle; Leilah si era rialzata subito senza far caso al dolore e al sangue, mentre i due oltrepassavano la strada per raggiungerla. Il bambino, dapprima sorridente e con la risata sotto i baffi, si rabbuiò e urlò un semplice “mamma!” prima di correre da lei. Solo a quel punto notò le proprie povere ginocchia sbucciate. Iliana, fortunatamente più lucida del bambino, le aveva prestato soccorso e l'aveva aiutata a rialzarsi, constatando fortunatamente che non fosse niente di grave. La lucidità era tornata anche a Leilah, che appena prese consapevolezza di quanto accaduto, sgridò il figlio.

«Santo cielo, Oscar! Non puoi scappare di casa così, vuoi forse farmi morire di infarto? Te lo abbiamo spiegato che puoi giocare fuori solo se ci sono degli adulti con te!», gli occhi grandi di Oscar si erano fatti subito acquosi, difatti scoppiò in un pianto isterico che trapassò le orecchie delle donne. Ancora una volta fu Iliana a gestire la situazione, invitando entrambi a calmarsi ed entrare nella casa, soprattutto per medicare le ferite di quella donna isterica.

Il disordine presente tra quelle mura poteva definirsi caos puro: le infinità di scatole accatastate ad ogni angolo dei muri rendevano difficile il passaggio, senza considerare le buste di una recente spesa, giocattoli per bambini, scarpette da calcetto, elettrodomestici ancora riposti dentro altre scatole. Iliana si ritrovò ad arricciare il naso, non tanto per il disordine, quanto per l'incoerenza dimostrata dalle parole della donna; parlava di pericoli al di fuori di casa, ma la casa stessa non poteva definirsi un pericolo? Se uno di quegli scatoloni avesse inavvertitamente colpito il bambino, gli sarebbe toccata una fine ben peggiore. E nonostante avesse ripetuto tra sé e sé durante tutto il tragitto che non erano affari suoi, la sua lingua biforcuta non poté fare a meno di esprimere pareri non richiesti, quando fece sedere la donna e scoprì di non avere minimamente idea di dove fosse la cassetta medica delle emergenze. Iliana era furente.

«Mi scusi, signora, è consapevole di ciò che sta dicendo? Se suo figlio dovesse farsi male non potrebbe nemmeno prestargli un primo soccorso, e ha avuto il coraggio di urlargli contro perché è uscito di casa senza darle ascolto? E questi scatoloni? Vuole forse ucciderlo ancor prima che esca di casa?», Leilah, che inizialmente si era sentita profondamente grata alla vicina sconosciuta, si ritrovò a combattere con mille spilli nel cuore: aveva ovviamente ragione. Non ci aveva minimamente ragionato su finché non le era stato fatto presente, poiché il periodo era stato così duro e impegnativo per lei da dimenticare aspetti così importanti. Leilah sbuffò e rispose con una smorfia, infastidita. Era la natura umana difendersi quando ci si sentiva attaccati.

«Non ha figli, vero?», «no, non ne ho», ribatté subito Iliana, una volta che ella s'era seduta, tamponando la ferita alle ginocchia con un fazzoletto almeno il tanto di fermare il sangue, visto che non avrebbe potuto disinfettarla, «e non ne farei uno, se non fossi in grado di prendermene cura come dovrei. Ci pensi anche lei, la prossima volta, prima di farsi un altro figlio», furono le ultime parole che concesse alla donna, prima di salutarla sgarbatamente e dare una pacca sulla testolina del bambino, che si era ammutolito allo scambio di battute delle due donne. Come un toro in corsa, Iliana se ne andò via.

Caden, come al solito all'oscuro delle piccole peripezie della donna, era rientrato sorridente e ansioso di poterla baciare e tenere tra le braccia, ma il suo umore sembrava sempre più nero ogni volta che rincasava. Cos'altro era successo in quelle dannate cinque ore?

«... quindi dopo averle detto quelle cose te ne sei andata senza darle nemmeno il tempo di replicare», constatò Caden davanti al pranzo, poiché avevano iniziato a sistemare la tavola e nel frattempo Iliana gli aveva raccontato ogni cosa. Dovette fermarsi più volte tra un boccone e l'altro per non far finire la pasta di traverso, poiché gli veniva da ridere. La situazione era indubbiamente grave, ma Iliana così incazzata non l'aveva mai vista: era esilarante. Persino lui aveva rivolto spesso parole sgradevoli alla donna, ma mai si era infuriata a quel punto. Odiava così tanto i bambini ma si preoccupava dell'incolumità di un figlio che non era suo? Che sciocca e amabile donna.

«Caden», lo fulminò con lo sguardo, poiché aveva cercato di nascondere il divertimento dietro un sorso d'acqua, ma era così palese che si sentì ancora più infastidita. E poi per l'ennesima volta, suonò il campanello. Si erano rintanati in quella casa vacanza proprio per non avere gente alle costole, quindi perché c'era sempre qualcuno che interrompeva i loro pasti? Fu Iliana, indispettita, ad alzarsi. Di sicuro non si immaginava di trovarsi proprio Leilah, alla porta, la quale la guardava con uno sguardo colpevole, con un contenitore di cibo stretto tra le dita.

«Mi dispiace molto per stamattina, ho detto una cosa crudele quando in realtà avevi perfettamente ragione», Leilah era in imbarazzo, ammettere a quarant'anni di essere stata un fallimento come madre era stata dura. Avevano voluto così tanto Oscar, nonostante l'età avanzasse e le possibilità di fare un figlio fossero sempre più remote, che aveva allentato la presa. Aveva scioccamente pensato che averne cresciuto altri tre sani, in forza, felici, l'avesse resa abbastanza esperta da poter crescere Oscar altrettanto tranquillamente.

«Ti ho portato degli involtini, ho decisamente cucinato per troppe persone, ecco...» Leilah, nella sua goffaggine, le aveva mostrato un sorriso, «se ti va, potresti venire a cena da noi, domani. E ovviamente anche tuo marito è invitato», a quelle domande Iliana non poté fare a meno di sentirsi confusa, poiché non aveva notato la presenza di Caden dietro di sé, il quale si godeva la scena con il suo solito divertimento malizioso stampato sul viso e una curiosità bambina che lo aveva spinto a rendere evidente la propria presenza. Leilah, povera creatura, aveva dato per scontato fosse il marito, senza considerare che marito! Era rimasta tramortita dalla sua bellezza, gli occhi ambrati erano solo una ciliegina su una torta decisamente ben assortita. Non poté fare a meno di sentirsi vicina a Iliana e congratularsi mentalmente con lei per aver scelto un bocconcino simile. La destinataria dei suoi pensieri, invece, aveva osservato la scena con un fastidio e velato divertimento. È così che vuoi giocare, Caden? E così sia.

«Grazie per gli involtini, apprezzo molto, anche per il resto, perché anche io ho detto molte cose crudeli... e ovviamente io e mio marito ci saremo».

Il peccato di CadenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora