11. Non voglio tornare alla realtà

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La passione li aveva travolti per lungo tempo. Implacabili, come due animali dal desiderio insaziabile, le sessioni di sesso erano continuate per ore: trovarono pace solo alle prime luci dell'alba, quando stremati, con il corpo imperlato di sudore, si addormentarono abbracciati. Il risveglio fu altrettanto dolce: Caden le carezzava dolcemente la schiena, chissà per quanto tempo l'aveva osservata dormire tra le sue braccia.

«Buongiorno, Iliana», la donna rispose al saluto con la voce impastata dal sonno, ricambiando la dolcezza dei suoi gesti con delle carezze sul petto. Come se fossero una coppia abituata a vivere quei frenetici momenti di intimità, si erano diretti insieme al bagno, per lavare via gli umori e la passione che li aveva travolti durante la notte. Anche la fame, dopo aver risvegliato i sensi, era sopraggiunta: la prima conversazione decente della giornata avvenì in cucina, mentre facevano colazione. Caden esaminava i fogli dispiegati sul tavolo del giorno precedente, quelli che Iliana attribuì al lavoro di Caden, ancora sconosciuto per lei, e invece erano tutte le prove che aveva raccolto negli anni, che stava analizzando per conto del suo investigatore privato. La mattina si prospettava frenetica, alla fine aveva deciso di incontrare l'investigatore il giorno successivo, per dare il via al lungo processo e sistemare tutte le parti burocratiche del caso.

«Dovresti rimanere qui per qualche giorno, Iliana». La donna lo osservò con una certa curiosità, mentre gustava alcuni avanzi della torta salata del giorno prima. «Per quale motivo?», effettivamente non aveva posto una delle domande più importanti, la sera prima. Perché l'aveva portata lì?

«Perché ti ho detto che i miei genitori sono persone problematiche, se dovessero capire che sei in qualche modo coinvolta o a conoscenza dei fatti, potrebbero prendersela con te. È più sicuro che tu stia qui, finché non partirà la denuncia. Inoltre, non so di cosa Dahlia possa essere capace. Probabilmente avrà già avvertito mia madre di ciò che è successo e della tua presenza, non voglio che ti succeda niente». Il comportamento di Caden era drasticamente cambiato, il suo atteggiamento calmo e premuroso lo rendeva completamente diverso. Iliana, difatti, si chiese il motivo di tale cambiamento: se fosse stato così preoccupato per la sua incolumità avrebbe potuto lasciarla fuori dai suoi pasticci dal principio. Poi le tornarono in mente tutte le volte che avevano fatto sesso, rendendo ovvio il cambio di personalità. Uomini, pensò, sempre uguali. La delusione era così evidente sul suo volto che Caden le domandò se fosse tutto okay.

«Rimarrò qui, ma almeno prendi le mie cose. Almeno qualche cambio di vestiti, lo spazzolino e... dannazione, non ho portato nemmeno il cellulare». Il senso di inquietudine si fece presente ben presto, era certa di non aver lasciato niente all'interno di quella casa che potesse dar modo a Caden di scoprire più cose su di lei, né sul suo lavoro, persino i documenti personali erano stati nascosti con cura per evitare che mani esterne potessero arrivarci, scoprendo verità che Iliana aveva nascosto al mondo. L'unico problema, dunque, era il cellulare: erano ormai giorni che quella persona inviava chiamate, adducendo a un suo ritorno veloce a NY per riprendere il lavoro che non aveva mai terminato. Se Caden avesse visto quelle chiamate avrebbe inevitabilmente posto domande a cui Iliana, per ragioni ancora nascoste, non voleva assolutamente rispondere. Ma nemmeno ritrattare le sue richieste sarebbe andato bene – perché ciò avrebbe dato solo modo a Caden di trovare irregolarità tra il suo modo di esprimersi e la realtà, fomentando dubbi e pretendendo, ovviamente, risposte. Iliana, dopo un calcolo veloce durato una manciata di secondi, lasciò credere che la sua espressione imbronciata fosse dovuta solo alla sua goffaggine, piuttosto che al desiderio di nascondere tutto di sé. Lo osservò in modo dolce, le mani si unirono in preghiera, Caden sembrava non aver compreso niente delle battaglie avvenute nella sua testa. «Potresti portarmi queste cose, per favore? Anche un caffè, se puoi. Il tuo fa dannatamente schifo», cercò di ironizzare, e funzionò alla grande, perché Caden rise, annuendo vigorosamente in risposta. Quando Iliana rimase da sola in quella casa poco familiare, anche la curiosità di scavare nella vita privata di Caden era venuta meno. Non rivelare niente di se stessi era necessario, Iliana pensava di sé come la peggiore delle pezzenti, l'uomo stava vivendo un momento troppo delicato e non voleva essere lei a dare il colpo di grazia. Le dispiaceva sinceramente per lui, ma non negò a se stessa di aver provato sollievo quando Caden, il giorno prima, aveva messo in chiaro di non provare nessun sentimento romantico per lei. Quanto tempo le rimaneva ancora prima di tornare alla realtà? Per quanto sarebbe potuta scappare dai suoi genitori, dalla sua famiglia, dai suoi obblighi morali e lavorativi? Si concesse una tazza di quell'orribile caffè che tanto odiava, lasciandosi cullare dai propri pensieri. Prima ancora di pensare al tempo da trascorrere a Regina, bisognava riflettere sul tempo presente e come comportarsi se Caden avesse visto qualcosa che non doveva vedere. L'unica cosa che poteva fare, in quel momento, era attendere.

***

Aveva svoltato in via Fairford, l'insegna graziosa di un caffè poco affollato era il punto di ritrovo per il suo incontro con l'investigatore, che cambiava di volta in volta. Mai in vita sua s'era preso un giorno di malattia e ciò lo infastidiva, soprattutto per una menzogna con cui il karma lo avrebbe di certo punito in conseguenza. Ma non poteva attendere. Aveva così tante cose da fare e da sistemare. Qualcuno lo stava aspettando, Iliana lo stava aspettando. Giurò a se stesso che avrebbe risolto tutto nel giro di poche ore, per poi tornare da lei. Ancora percepiva il tocco morbido delle sue mani sul suo corpo, gli ansimi sussurrati della giovane danzargli tra bocca e orecchie, imprimendosi nella sua mente. Voleva tornare da lei.

Un uomo dai vestiti sciatti e informali sostava davanti alla caffetteria, una sigaretta tra le labbra mentre contemplava i passanti. Un tipo senza dubbio ordinario, a cui non presteresti attenzione, se non fosse per quell'enorme cartella che si portava dietro, considerato il colore sgargiante. Quel blu elettrico era un pugno nell'occhio, ma Tom sosteneva che differenziare i casi e associarli in base al colore era essenziale, perché era troppo disordinato. Perdere pezzi per strada o mischiarli ad altri casi gli avrebbe fatto perdere il lavoro, ovviamente, dunque aveva adottato un metodo alternativo per la sua incapacità cronica di mettere ordine nel suo ufficio. Caden aveva lasciato perdere le stranezze dell'uomo, alla fine, ciò che gli importava era che egli svolgesse al meglio il suo lavoro. E c'era riuscito. Dannazione, tutto il materiale che avevano raccolto avrebbe potuto mandarli in galera per almeno duecento anni, nonostante l'adulterio non avesse più nessuna valenza penale in tribunale.

Un plico di fogli passò tra le mani di Caden, conteneva le immagini più recenti, tra le quali numerose foto di Dahlia ed Elliot insieme. Ogni foto era datata con una giornata diversa e Caden si stupì della frequenza delle loro ultime visite: era stato sciocco. Non aveva mai capito il suo interesse per Iliana e perché andasse a trovarla così frequentemente, portandola in giro per la città, ma il motivo era fin troppo ovvio: erano momenti perfetti per incontrare Elliot e scambiarsi informazioni che non fossero rintracciabili tramite il cellulare, poiché Caden controllava sempre il cellulare di Dahlia. Alcune foto ritraevano i due baciarsi, toccarsi lascivamente nei parcheggi di un centro commerciale, altre vedevano Dahlia interagire con uomini diversi. In una foto, in particolare, era intenta spogliare un uomo sconosciuto a Caden.

«Sono stupito, Tom. Ma sono stupito anche dalla mia futura ex moglie, non pensavo fosse così... promiscua», non poté fare a meno di sbattere le ciglia più volte, mentre continuava a sfogliare quella montagna di pagine. «Come fai ad avere la certezza che il padre sia Elliot?», domandò, alla fine chiunque sarebbe potuto essere il padre. Tranne Caden, ovviamente. Tom lo guardò con uno strano divertimento stampato sul viso. Ancora non si fidava di lui? Si grattò i capelli castani, decisamente trasandato nell'insieme, per poi frugare all'interno della propria borsa e tirare fuori un sacco di apparecchi con ogni registrazione a sua volta datata giorno per giorno. Partì da una specifica, ovvero il giorno in cui Dahlia era andata a letto con Elliot senza protezioni: era una conversazione tra la donna e sua madre, che ricobbe dalla voce. Le raccontava per filo e per segno tutto ciò che aveva fatto seguendo le direttive della signora Wright, la quale si complimentava per il lavoro svolto splendidamente.

«Ben fatto, ragazza. Ben fatto». A sentire quelle parole, Caden raggelò.

Il peccato di CadenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora