16. Addio, Caden

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L'aria gelida della notte li aveva accompagnati tra le proprie intime mura, la stanchezza della serata appena trascorsa, nella festosa e ampiamante vissuta casa Derren, pesava sui poveri due che, stremati, erano riusciti a svincolarsi solo al crollo dei due gemelli sul divano, mentre Oscar dormiva beatamente sul petto della madre. Una visione adorabile, pensò Iliana, consapevole che quella sarebbe stata l'ultima volta.

Fino all'ultimo secondo si era chiesta se fosse giusto o meno raccontare a Caden la verità. La verità su di lei, sul vero motivo che l'aveva spinta proprio a Regina. Temeva di ferirlo ancora di più, rispetto al semplice andare via: d'altronde erano passati pochi mesi da quando si erano conosciuti, e poche settimane da quando avevano iniziato quella strana e provvisoria convivenza. Nonostante non avessero mai preso il discorso di Dahlia, sul divorzio, o sui suoi genitori, erano comunque problemi esistenti e che prima o poi sarebbero venuti alla luce. Iliana, sebbene quel nome non le appartenesse, continuava a vestirne i panni, sedendosi dolcemente sulle gambe di Caden, alla ricerca di affetto. Per l'ultima notte, desiderava ricevere tutte le attenzioni, la dolcezza dei suoi gesti, costruire un ricordo così vivo e profondo nelle sue carni da poterlo sfogliare tramite immagini, quando in futuro avrebbe sentito la sua mancanza. Perché era certa che quel momento sarebbe giunto, dopo il suo ritorno a Wellington.

«Sei stanca?» aveva chiesto Caden, carezzandole la schiena dolcemente. Le dita pigre si muovevano sul tessuto sottile del suo vestito, i polpastrelli disegnavano forme circolari, a volte ricurve lungo la spina dorsale. Iliana puntò il naso sulle clavicole dell'uomo per inspirare l'odore della sua pelle, sfregando la stessa punta in una carezza. «Un po'», ammise, «ma non abbastanza», non servì spiegare a cosa si riferisse: Iliana si era messa a cavalcioni, le cosce aderivano ai fianchi altrui, le mani carezzarono le spalle di Caden finché non le allacciò e si avvicinò alla ricerca di un bacio. Caden non aveva idea di cosa passasse nella testa di Iliana, al contrario, quello poteva definirsi il momento più felice della sua vita ed era troppo preso a goderselo, per carpire i piccoli dettagli. Come lo sguardo lucido di lei, che poco aveva a che vedere con la passione, una tristezza velata nascosta dalla penombra della notte, e proprio per evitare una qualsiasi domanda lo aveva baciato. No, nemmeno quello era vero. Lei desiderava baciarlo. Voleva trasmettere tutte le verità nascoste con il tocco dei loro corpi, voleva togliersi la responsabilità senza prenderla, in un irrealizzabile desiderio che aveva espresso al cielo, nella speranza che Caiden capisse tutto da sé, o che magari ne fosse già al corrente. Di tutto, e che l'avesse perdonata, senza nemmeno chiedere dettagli.

Ma non sarebbe mai potuto accadere.
Le mani dell'uomo scivolarono sui fianchi altrui, avvicinando il bacino di Iliana a sé. I polpastrelli sfiorarono le spalline del vestito, in un gesto delicato le aveva fatte scivolare verso il basso, scoprendo l'intimo della donna. Il bacino, invece, aveva compiuto i primi movimenti in avanti: il sesso frizionava contro quello a riposo, al di là del tessuto, per cui i due emisero i primi sospiri; furono movimenti lenti, si erano spogliati con calma, si erano baciati a lungo. Entrambi volevano cogliere ogni singolo aspetto dell'altro, ogni movimento, ogni respiro. I primi gemiti più forti arrivarono da Iliana, quando la bocca calda di Caden le aveva stuzzicato i seni. La punta della lingua giocherellava con il capezzolo turgido, lambendolo, succhiandolo, sfiorandone la delicata punta fino a renderlo rigido come uno spillo; la mano ampia e altrettanto calda era scesa al di sotto del suo vestito, sfiorandole l'intimità. Iliana seguiva i movimenti della mano senza nemmeno rendersene conto, il ventre si contraeva e si malleava al suo passaggio, fino a cavalcare la stessa mano che si era infilata nelle sue mutande, raggiungendo la fessura. L'eccitazione si era fatta più presente, le voglie più intense, gli occhi fremevano dal desiderio. Fu Iliana stessa a sussurarglielo all'orecchio, di prenderla in quel momento e basta. Di concedersi il piacere della carne, come desiderava lei – e solo un uomo dannatamente sciocco e innamorato avrebbe potuto farlo senza preservativo, senza assicurarsi della possibili precauzioni prese da Iliana. Eppure, nessuno di quei pensieri gli venne in mente, in quel momento. Affondò invece nelle sue carni bollenti, le pareti stringevano il sesso turgido, entrambi gemettero uno nella bocca dell'altro, mentre i corpi tremavano all'unisono. I primi movimenti furono lenti, dettati da Iliana, per abituarsi alla sua presenza; quando i gemiti si fecero più intensi, la sua intimità più scivolosa, bagnata, Caden afferrò nuovamente le natiche per penetrarla più profondamente, ogni affondo era deciso, passionale, sentito. Forse, allo stesso modo, anche lui voleva trasmetterle qualcosa, un qualcosa che non sarebbe mai stato capace di esprimere a parole...

Il giorno dopo,


Caden s'era svegliato sullo stesso divano del giorno prima, dove entrambi s'erano addormentati dopo quella notte di passione. Mai, nella sua vita, si era addormentato in un modo tanto intimo, con ancora gli umori del giorno prima appiccicati sulla pelle, e soprattutto felice. Non si preoccupò di non percepire Iliana su di sé, in un primo momento, ipotizzò fosse andata a lavarsi, e lui stesso si era diretto al bagno per concedersi un altro tipo di intimità. Forse non sarebbe stato capace di esprimere a parole i suoi sentimenti, ma quantomeno avrebbe potuto chiederle un appuntamento. Farle comprendere che l'interesse che aveva nutrito per lei, fin dal primo istante, nonostante non fosse voluto, era autentico. Sentito. Lo rendeva vivo.

Nessuno scroscio d'acqua giunse alle orecchie di Caden, l'incognita di dove fosse finita Iliana si era finalmente resa presente, ma ancora non si sentiva turbato. Forse era a casa di Leilah, nemmeno aveva controllato l'ora. Quando tornò indietro notò che erano le undici del mattino precise. E solo dopo, solo dannatamente dopo, notò il biglietto lasciato sul tavolo del soggiorno. Poche parole, che non avrebbero reso più semplice la lettura, non per Caden. Nemmeno in tutti quei giorni di sofferenza che aveva trascorso con Dahlia si era mai sentito così umiliato.

Mi dispiace essere andata via senza salutarti, ma probabilmente non ne sarei stata in grado.
Ci sono tante cose di me che non conosci, che ti ho nascosto, o sulle quali ho mentito: non è vero che lavoro come avvocata, non ho trentadue anni e... non mi chiamo Iliana.
Forse un giorno mi vedrai da qualche parte, in TV o in qualche copertina di un libro. Se quel giorno dovesse accadere e dovessi scoprire chi sono, spero potrai perdonarmi.

Ti auguro il meglio e che tu possa essere libero. Con affetto, la tua Iliana”.

Il peccato di CadenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora