13. Nuovi vicini

22 2 0
                                    

Gli affondi si erano fatti più precisi con il tempo: Iliana gemeva a gran voce, le dita arricciate si aggrappavano al ripiano per sostenere gli affondi di Caden, che la penetrava senza darle tregua. Mai avrebbe potuto immaginare nella sua vita che il sesso fatto in cucina potesse essere così fantastico: nemmeno percepiva lo sfrigolio delle verdure nel forno, tantomeno percepì il rumore del campanello, troppo impegnata a godere di quell'amplesso. Caden invece lo notò, ma in quel momento non avrebbe potuto importargliene meno; le pareti della donna erano ancora morbide dagli amplessi del giorno prima, entrava e usciva da lei con moderata velocità, con una forza crescente, finché non si stufò della posizione e le intimò di girarsi. In un istante Iliana si ritrovò seduta sul ripiano in marmo, con le cosce strinse il suo fondoschiena, aiutandolo negli affondi, aggrappandosi ai suoi capelli quando percepì una forte pressione dal basso ventre crescere e farla tremare, in un orgasmo senza precedenti...


La cena era stata incantevole. Avevano parlato a lungo, soprattutto dei loro interessi. Non era disposta a raccontare troppo di sé, del suo passato, ma quantomeno avrebbe potuto permettergli di conoscere meglio il suo carattere, o cosa le piaceva fare nel tempo libero. Fu così che scoprirono di avere entrambi una grande passione per i cavalli, le terre esotiche, persino gli stessi  gusti sui documentari: l'Egitto e la sua storia, insieme alla costruzione delle Piramidi, dalle più vecchie a quelle più recenti e soprattutto accessibili, fu un discorso che venne protratto a lungo, ritrovandosi poi a dormire ancora una volta abbracciati, troppo stanchi e stremati per concedersi altro piacere. Non toccarono gli argomenti più importanti, per reciproco rispetto. Caden, difatti, non nominò mai Dahlia, i suoi genitori o aneddoti del suo passato e Iliana accettò di rimanerne all'oscuro, nonostante la curiosità fosse tanta. In ogni caso, non ne aveva diritto.

***

Caden era tornato alla vita di tutti i giorni, s'era svegliato all'alba per andare a lavoro, aveva parlato nuovamente con l'avvocato per sistemare le ultime carte e soprattutto aveva lasciato una postilla sul tavolo per avvertire Iliana. Non era certo se sentirsi felice in quel contesto fosse la scelta migliore – il fatto di essere sposato e di intrattenere così tranquillamente un rapporto con un'altra donna non gli importava, perché non si era mai sentito tale. Il resto del mondo, però, avrebbe potuto vederla sotto una prospettiva completamente differente, soprattutto i suoi genitori, dai quali non aveva ricevuto una chiamata. Era un silenzio inquietante, qualcosa di non preventivato, di anormale. Per questo spaventoso, poiché Caden era ben consapevole di cosa fossero dannatamente capaci. Il senso di inquietudine lo tenne in allerta per tutta la mattina.

Iliana, al contrario, si era svegliata tardi, abituatasi a quella nuova casa con una facilità disarmante, forse perché non aveva idea di quando sarebbe andata via. Non che ne avesse l'intenzione, al contrario, aveva deciso di proporre all'uomo una breve convivenza estiva, magari fino a metà settembre. Voleva trascorrere del tempo insieme per conoscerlo meglio, per scoprire come si sarebbe nuovamente evoluta la situazione tra lui e Dahlia. E quale ruolo avrebbe svolto lei, in tutta quella faccenda. Fu con quegli interrogativi a riempirle la mente che fece colazione, finché il bussare leggero ma costante alla porta non giunse alle sue orecchie, facendo balzare la donna in piedi, come un gatto in allerta. Caden le aveva intimato di non aprire la porta a nessuno, ma ovviamente non seguì i suoi ordini, non lo faceva tra le lenzuola, figuriamoci nella vita quotidiana! Si sistemò giusto i capelli, per dare meno l'impressione di essere sveglia da soli dieci minuti e poi aprì la porta. Ciò che non si aspettò, però, fu di trovarvi un bambino: ovviamente era confusa.

«Perché sei in casa mia? Chi sei?», aveva domandato il piccolo, evidentemente confuso, mentre si portava il dito verso il naso con fare pensieroso. Se non avesse letto il turbamento evidente del bambino data la sua presenza lì avrebbe indubbiamente riso per quel dito infilato nel naso, invece si accovacciò, non sapendo bene cosa fare. C'erano tantissime cose che non tornavano, ma forse sarebbe stato più semplice chiedere a lui.

«Io mi chiamo Iliana, sono ospite del padrone di casa, e tu invece chi sei?», il bambino notando la tranquillità della donna e il suo smagliante sorriso si era rilassato ed era diventato un po' più timido, dopo aver pulito come poteva il suo ditino sul pantalone, aveva proteso la mano per stringere quella di Iliana. «Io sono Oscar, figlio di Jason e Leilah Derren, ho quattro anni e da grande voglio fare sport come papà», «è un piacere conoscerti, Oscar, sei veramente molto educato. Però il proprietario di questa casa si chiama Caden Wright, non penso c'entri niente con il tuo papà. Quindi»... si guardò attorno, non vedendo nessuna figura femminile nei dintorni, «significa che ti sei perso, mio caro Oscar. Questo è un bel problema».

Precisamente dal lato opposto della strada, una donna totalmente ignara di dove fosse finito il suo amato e avventuroso figlio, si dimenava tra le mure di casa propria per scoprire dove fosse. Si erano trasferiti da solo una settimana, la casa era ancora piena di scatoloni, e i suoi figli più iperattivi che mai. Il giorno precedente avevano deciso di lasciarli in casa mezz'ora, il tanto necessario per i saluti di rito del vicinato, utili per farsi conoscere e stringere rapporti, importantissimi quando si cambia non solo casa, ma direttamente città. Eppure, in quella singola mezz'ora, erano riusciti a buttare giù persino il lampadario. Leilah aveva i nervi tesissimi, a fior di capello. Il più problematico era proprio Oscar, nonostante i suoi quattro anni. Dopo mezz'ora di ricerca non era riuscita a trovarlo e notò troppo tardi la porta di ingresso parzialmente aperta, le era ignaro come fosse mai riuscito ad aprirsi la porta da solo ma era l'ultimo dei suoi problemi. Poteva essergli successo qualsiasi cosa: rapito, investito o... direttamente morto! Leilah si scaraventò così forte fuori dalla propria abitazione che quasi le venne un colpo quando notò il figlio parlare allegramente con la vicina di casa, che a sua volta la osservarono, con stupore, cadere rovinosamente a terra. Oscar, che aveva ereditato le brutte abitudini del padre, s'era messo a ridere. Era sempre così, quando guardava qualcuno cadere.

«È vero, Iliana, quella è mia mamma» la indicò senza smettere di ridere, «ho sbagliato casa!», la sua risata era così contagiosa che Iliana non poté proprio trattenersi. «È fantastico, Oscar, ma adesso dovremmo proprio aiutarla».

Il peccato di CadenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora