CAPITOLO 15 Il Destino di due metà

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William si risvegliò chissà dove, separato dagli altri che erano caduti molto più in basso. Alzandosi vide soltanto l'interno di una grossa torre circolare con un foro in cima al posto del tetto. Tutto intorno a lui c'erano delle mura spesse fatte di una pietra particolare che sorreggevano una scala a chiocciola fatta di migliaia di gradini, non aveva ringhiere e dava a picco su una pozza di oscurità nera che portava chissà dove. William si trovava a metà strada tra il fondo scuro e la cima piena di luce. Se prima lui e i suoi amici si trovavano nel sogno di Nicholas Milton, adesso nel sogno di chi erano finiti?

«Falumo! Robin!» gridò, ma nessuno rispose al suo richiamo, era solo, perso chissà dove. Evitò di sporgersi ulteriormente e si sedette contro la parete piena di muschio. Il bambino che prima era con lui adesso era scomparso, forse almeno lui era riuscito ad uscire sano e salvo da questo incubo. Lo stregone non pensava che sarebbe stato altrettanto fortunato.

Falumo si svegliò con un terribile mal di testa. Aveva le orecchie che gli fischiavano e la lingua umida di Randall che gli leccava il viso. Per un attimo era così confuso che pensò di risvegliarsi in taverna, ma la sua mano stretta a pugno sotto il viso sfiorò quello che sembrava muschio e poi sentì Randall che guaiva come un cane ferito allora spalancò gli occhi e d'istinto cercò il pugnale che di solito stava sotto il suo cuscino ma non trovò nulla se non l'aria fredda della torre in cui si trovavano. L'ennesimo guaito di Randall lo portò a voltarsi e così vide Robin stesa su un fianco lì dove il Lupo era riuscito a trascinarla. La ragazza aveva una parte del corpo completamente annerita e una brutta zona di pelle rosso fuoco sul collo. Falumo non perse tempo: si gettò verso di lei poggiando la testa sulle sue ginocchia e le diede la pozione di cura più potente che possedeva.

Robin si sentiva come se facesse parte di qualcosa di più grande, come se fosse la foglia di un albero oppure la punta di una freccia: non sapeva più dove finiva lei e dove iniziava tutto il resto... poi qualcosa sembrò strattonarla via dall'infinito vuoto dell'aldilà.

Cadde come un peso morto e inerme in un prato dal colore insolito, dorato come tante monete una sopra l'altra. Sotto di lei c'era una collina vergine e bellissima che si estendeva per miglia e miglia. Poggiò le mani a terra guardando il cielo per capire dove fosse finita ma non c'erano stelle, come in tutti i Piani Non Materiali. Capì di essere in un mare di guai quando vide Randall correre verso di lei: non era il solito Randall giocoso, aveva l'espressione feroce, con gli occhi assottigliati e le orecchie basse, correva dritto verso di lei come un fulmine, schivando i rami morti e gli alberi mentre la foresta prendeva vita intorno a lui. Robin si alzò in piedi e ignorò l'istinto, quello naturale di qualsiasi creatura che viene inseguita da un Lupo alto due metri: invece di correre restò ferma. Non per paura e non per orgoglio, no, lei si fidava di Randall e sapeva che era lui, sotto la furia omicida che gli animava gli occhi e sotto il pelo folto della bestia che era diventato, Randall era... come l'altra metà di Robin.

Randall si scontrò contro di lei, tuffandosi nel suo petto come se fosse metà della sua anima che tornava al proprio posto, lì, una verità custodita accanto al cuore, Randall era suo fratello gemello, Robin lo capì e non ebbe più dubbi.

Aprì gli occhi e vide Randall che brillava pieno di luce, seduto al suo fianco. Gli occhi della ragazza però non guardarono lui ma davanti a sé dove c'era una figura alta, vestita con un corsetto d'oro e argento. Teneva le gambe accavallate una sull'altra, in una posa regale, il mento alto e fiero, le spalle dritte e la mano poggiava sul bracciolo del trono su cui sedeva. Il volto della donna era coperto da un cappuccio bianco latte ricamato finemente d'oro. Sotto il corpetto metallico portava un vestito bianco tipico delle Sacerdotesse della Luce. La donna era seduta su un trono di marmo posizionato molto in alto a qualche metro di altezza, ma senza gradini che consentissero di raggiungerlo, come a testimoniare che lei era irraggiungibile, talmente perfetta da essere su un altro livello rispetto agli altri che camminavano a terra.

"Quella è una Dea", pensò Robin rimanendo a bocca aperta. Mystra alzò una mano verso di lei indicandola senza dire niente. Poggiò il mento sul palmo della mano. Appariva così annoiata e disinteressata che nonostante l'importanza del momento sia Robin che Randall si lanciarono uno sguardo d'intesa: era la prima volta che vedevano una Divinità e già ne avevano avuto abbastanza, troppo pomposa e presuntuosa per i loro gusti ma non osarono proferire parola. Nel punto indicato dalla dea, all'improvviso comparve un filo d'oro liquido che si espanse fino ad assumere le sembianze di una donna completamente di metallo. In piedi di fronte al trono, impugnava un martello con cui batté un colpo a terra.

Nel Piano Materiale Falumo vide il corpo di Robin sussultare come dopo una scarica elettrica, si avvicinò cercando di tenerla ferma e non farla scivolare di sotto dove l'aspettava un volo di sessanta metri.

Inconsapevole del pericolo che correva, Robin guardò la donna battere un'altra volta il martello a terra e a quel punto sentì solo un lieve pizzicore al petto.

«ROBIN NADHOR, la mia Signora ti ha scelto», disse la donna di metallo.

«Accetta di servire la Luce con i poteri e gli obblighi che ne conseguono e la mia signora ti ridarà ciò che desideri di più al mondo».

Robin si voltò verso Randall ancora in forma di lupo: non sapeva se il suo desiderio di avere una famiglia stesse piegando i sogni alla sua volontà o se i suoi ricordi fossero reali, ma dimenticati da tempo. Ormai non aveva più importanza perché in entrambi i casi ciò che desiderava era chiaro: voleva che Randall tornasse ad essere un mezzelfo.

«Voglio che Randall diventi un mezzelfo, di me fai ciò che vuoi».

Non ci fu bisogno di dire altro: la donna di metallo battè l'ultima volta il martello a terra e Robin si sentì risucchiare all'indietro, le sembrò di cadere di spalle, sfondare con la schiena la terra e infrangere il suolo come se la realtà stessa in quel momento fosse solo uno specchio. Spalancò gli occhi quando si sentì afferrare da tantissime mani diverse, vide volti urlanti senza denti e senza occhi che la afferravano per trascinarla all'interno del terreno: erano i guardiani del Velo che la reclamavano nel mondo dei vivi. Era spaventata. Tornare in vita la terrorizzava. Ma, d'improvviso, un senso di calma si impadronì di lei e le infuse coraggio: sentì la sua forza aumentare a dismisura. A quel punto capì che non doveva avere paura. Il mondo reale era soltanto peggio del Reame dei Sogni eppure prima di affondare di nuovo nella realtà Robin sentì la voce di Mystra che le diceva:

"Per coloro che hanno una mente forte,

che non smette mai di sognare:

La realtà è solo uno specchio

attraverso cui si realizzano i propri sogni."

EROI DI VANDRIL VOLUME 1 Il Principe dei BardiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora