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il telefono di Jimin vibró. Un messaggio di Jk.
Era sdraiato sul divanetto in terrazzo appoggiato al petto di Yoongi che bevevano gin tonic, oziando pacifici.

"Ciao Jimin, volevo solo dirti che sto partendo per Parigi con Haruko. Ho deciso che voglio afferrare la mia felicità, ed essere finalmente libero di essere ciò che sono senza costruzioni, senza maschere, proprio come avete fatto tu, Yoongi e Tae. Sono stanco di dover sempre pensare al giudizio degli altri, al peso di ogni mia scelta, a calcolare ogni mossa per non rischiare di creare un casino. Ho voglia di essere libero, ho la necessità di sentirmi libero! Da tutto! D'altronde posso incidere anche dalla Francia no? Mi impegnerò al massimo per creare nuova musica, e gli Army che apprezzeranno resteranno al mio fianco, per tutti gli altri non importa! Faccio musica per chi mi ama, non posso continuare a fare solo da interprete, voglio tornare a scriverle le mie canzoni ma per farlo devo essere felice e io ho capito di essere felice solo se sono con Haruko.
Ti aspetto a Bordeaux per raccontarti tutto: di me, di Haruko e anche di Tae."

Jimin si alzó e posò il telefono sul tavolino.
"Come mai quel sorrisetto? Che succede?" chiese Yoongi.
"Credo che il sangue gli sia arrivato al cervello e Jungkookie si sia finalmente svegliato fuori!"
"Ah si? Beh, era ora che quella testa di cazzo capisse qualcosa!"
Jimin si abbassó all'altezza del viso di Yoongi e lo bació. Il suo compagno sorrise baciandolo ancora in risposta.
"Il mio gattino ha voglia di farmi due fusa prima di cena?" Lo punzecchió Jimin.
"Non ho fame, le fusa possiamo farcele fino a domani mattina".
Jimin lo abbracciò forte e rise.
Il buio aveva bisogno della sua luce per esistere.

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