Duemilacentocinquantasette passi.
Era questo il numero che Alessandro stava leggendo nel suo cellulare in basso a sinistra. Da quando aveva buttato via con disprezzo quel benedetto sacchetto, non aveva fatto altro che camminare senza sosta nella sua cameretta e pensare al gesto che aveva fatto il barista in quel pomeriggio, togliendo così, un'altra notte di sano e buon riposo. Certo, a modo suo, era anche stato gentile, ma Alessandro, quando era deluso ed arrabbiato, non riusciva a connettere il cervello e agiva in seguito. Voleva avere un perdono? Poteva averlo, dato che il più giovane era una persona e non un mostro; ma non riusciva a capire perché il moro si inventasse mille stratagemmi per cercare di riappacificarsi invece di fare l'unica cosa che, per Alessandro, era sensata: chiedergli scusa. Sapeva che tutte le persone non fossero uguali e, che per un motivo di orgoglio o di insicurezza, per alcuni, la cosa poteva essere più difficile del previsto; ma questo non giustificava il fatto che si stesse comportando come un bambino di cinque e non come una persona di circa venticinque anni
Anche se era arrabbiato, domani, forse, avrebbe trovato un modo per ringraziarlo. Quello lo poteva fare; quello lo sapeva fare
Forse
Tutto il coraggio che Alessandro credeva di aver avuto in quella notte diventata ormai mattina, svanì una volta che il ragazzo si ritrovò di fronte a pochi passi dal bar del moro; non era colpa sua se dentro casa era un leone e fuori da casa si trasformava in un gattino smarrito e sperduto.
Non ce l'avrebbe mai fatta
Preso da un improvviso senso di ansia, pensò di tornarsene indietro e tornare in un altro momento, quando si sarebbe sentito meglio, ma qualcuno che lo aveva visto arrivare da dietro la porta di ingresso con passo incerto e sguardo terrorizzato, lo bloccò prima che potesse ripensarci ancora una volta
"Ale! Oddio! Ma sei tu?" Come và? " Chiese la ragazza andandogli incontro e abbracciandolo in seguito. Era davvero felice di rivederlo dopo tanto tempo
" Sono anch'io felice di rivederti Elo! Io sto bene grazie; ma vedo che anche tu sei in ottima forma! rispose di rimando il ragazzo. "Guardati, sei un fiore" continuò facendole fare una giravolta su se stessa
"Grazie! Sei sempre un tesoro! Senti, hai un minuto? Ti posso offrire un caffè? Ne approfittiamo anche un po' per parlare! E' da un po' di tempo che non ci vediamo se ci pensi"
"In realtà ho un po' di fretta"
La barista sapeva che quella era solo una scusa e la realtà fosse un'altra; ne era sicura
"Non ti preoccupare, lui non c'è; é uscito poco fa ed è andato in banca per inviare un bonifico, no dovrebbe tornare a breve "
Non c'era bisogno di approfondire ulteriormente la situazione; Alessandro sapeva benissimo a chi fosse riferito quel pronome personale
"Va bene"
"Dunque, cosa mi racconti?"
"In realtà non saprei; che cosa vorresti sapere?"
Come prima cosa perché sei qui
"In realtà non lo so nemmeno io"
"Benissimo"
"Ma dai! Ti posso chiedere o possiamo parlare di qualsiasi cosa?"
"Qualsiasi cosa"
"Pensavo avessi chiarito con Marco-
Qualsiasi cosa
- ma dall'espressione che avevi prima, ho capito che non é successo"
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Easifatan
General FictionMarco ed Alessandro, in questa storia non sono cantanti ma un barista il primo ed uno studente di giurisprudenza il secondo. Alessandro, entrerà pian piano nella vita di Marco, come una tempesta (Easifatan in Arabo). Ma non sarà un' impresa facile...