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Francesca

Sono passati otto anni da quando vivo nel palazzo imperiale, e nonostante tutto questo tempo, continuo a sentirmi un'estranea. Nessuno dei nobili mi guarda con simpatia. Sono solo Francesca, la nipote dell'imperatore, un titolo che sembra suscitare più sospetto che rispetto. L'unica che mi tratta con affetto sincero è Livia, la mia madrigna. Lei sa la verità. Sa che sono la figlia dell'imperatore, l'unica figlia.

Oggi si celebrava il banchetto del ballo di primavera, un evento che segna la fine delle festività pasquali. Il palazzo era stato decorato con sontuose ghirlande di fiori freschi e il profumo di lillà e gelsomino riempiva l'aria. I tappeti rossi si stendevano lungo i corridoi, e candelabri d'oro brillavano con luci calde, creando un'atmosfera magica e solenne.

Indossavo un abito di seta color avorio, ricamato con fili d'oro che formavano intricate spirali lungo il corpetto. Le maniche lunghe erano strette ai polsi con nastri dello stesso colore, mentre la gonna fluiva morbida e ampia, sfiorando il pavimento con grazia. Intorno al collo portavo un semplice ciondolo d'argento, un regalo di mia madre prima della sua morte. I miei capelli, raccolti in un'elaborata acconciatura intrecciata, erano adornati con piccoli fiori bianchi, simbolo di purezza e rinnovamento.

Mentre osservavo i nobili muoversi con eleganza nella sala, con i loro abiti sgargianti e i sorrisi falsi, mi sentii improvvisamente sola. Fu in quel momento che Livia si avvicinò a me. Indossava un abito verde smeraldo, i cui riflessi sembravano illuminare i suoi occhi. Le sue mani delicate mi afferrarono e mi tirò in un abbraccio affettuoso.

«Cesca, mia cara»disse con la sua voce dolce e rassicurante. Sentii il calore del suo affetto e mi lasciai andare per un momento, godendo della rara sensazione di sicurezza.

«Livia»risposi, appoggiando la testa sulla sua spalla. «Non riesco a sopportare questi sguardi. Mi fanno sentire come se fossi un'intrusa.»

Lei si staccò leggermente, guardandomi negli occhi. «Non devi preoccuparti di loro, Cesca. La loro ignoranza non può sminuire il tuo valore. Sei forte e intelligente, e un giorno lo capiranno.»

Sorrisi debolmente, cercando di trovare conforto nelle sue parole. Sapevo che Livia aveva ragione, ma la verità era che non era facile ignorare il giudizio costante e il veleno sottile che pervadeva ogni conversazione. Tuttavia, il suo sostegno mi dava la forza di affrontare un'altra serata di ipocrisia e intrighi.

«Vieni, facciamo il nostro ingresso» disse, prendendomi per mano. «Questa sera è tua quanto loro.»

Con un ultimo respiro profondo, la seguii nella grande sala da ballo. La musica iniziò a suonare, un'armoniosa melodia che riempì l'aria di una dolcezza nostalgica. Mentre ci muovevamo tra i nobili, cercai di mantenere la testa alta, ricordandomi chi ero realmente. Ero Francesca Cesca, figlia dell'imperatore, e un giorno avrei trovato il mio posto in questo mondo.

Mentre attraversavo la sala, alcuni nobili mi guardavano male, i loro sguardi carichi di disprezzo. Loro conoscevano la verità. Sapevano che mia madre era stata la favorita di mio padre e che io ero nata da quella relazione proibita. Non avevo alcuna colpa di essere nata, ma il peso del peccato di mio padre ricadeva su di me come un'ombra costante. L'imperatore Artur, mio padre, era seduto al suo tavolo. Indossava un tunica di velluto porpora, bordata di oro, con una cintura di cuoio decorata con gemme preziose. Il suo mantello regale cadeva pesante sulle spalle, segno del suo potere e della sua autorità. Accanto a lui, il suo più fidato amico e consigliere, il duca Armand, portava una tunica blu scuro, con dettagli in argento che riflettevano la luce delle candele, dando un'aura di mistero e saggezza.

CESCA-La Maledizione Dell'imperatrice Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora