LITTLE STAR

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Marcus

Ero ad allenarmi in giardino, determinato a diventare un guerriero come lo era stato mio padre. Il sudore mi colava sulla fronte mentre completavo l'ennesimo esercizio nel campo. Mentre mi preparavo a riprendere, i miei occhi si posarono su Francesca, che stava dietro alla colonna più lontana. Era da tanto che non ci parlavamo, quasi due anni. In quel tempo, era cresciuta moltissimo. Lei era più grande di me di due mesi e io stavo per compiere dodici anni questo mese.

Mi fermai e, senza pensarci, urlai, «Francesca!» La vidi nascondersi, ma ormai l'avevo vista. Senza esitare, corsi verso di lei. Francesca iniziò a correre via, ma le mie gambe erano più veloci. La raggiunsi, afferrandola per il braccio e tirandola indietro.

«Vuoi combattere?» chiesi, con un misto di sfida e scherzo nella voce.

Lei mi guardò sorpresa, ma non intimorita. Prelevai una spada dal porta spade che si trovava al centro del campo. «Prendi questa,» dissi, porgendole una delle spade di legno che usavamo per allenarci. «Vediamo quanto sei brava.»

Francesca mi guardò per un momento, poi prese la spada, stringendola con decisione. Il suo sguardo era serio, determinato.

Decisi di insegnarle qualche trucco su come impugnare meglio la spada. Francesca mi seguiva attentamente, cercando di replicare i miei movimenti. Era determinata e curiosa, qualità che ammiravo in lei. Mentre le mostravo alcune tecniche di base, un grido interrompeva la nostra concentrazione.

«Marcus! Francesca! Cosa state facendo?» era la voce di mia madre, seguita da quella di Artur. Mi girai verso di loro, vedendoli avvicinarsi con sguardi diversi: mia madre preoccupata, Artur severo.

«Ci stiamo allenando,»risposi, cercando di mantenere un tono calmo. Francesca annuì in silenzio, confermando la mia risposta.

Artur, però, non sembrava soddisfatto. «Non è un gioco per femmine,» disse bruscamente. «Francesca, posa subito quella spada!»

Stavo per ribattere, ma mia madre intervenne prima che potessi dire qualcosa. «Vediamo come se la cavano, Artur. Lasciamoli giocare.»

Artur esitò per un momento, poi alzò una mano in segno di resa. «Va bene, ma voglio vedere come vi comportate. Marcus, fai del tuo meglio.»

Ci rimettemmo in posizione, pronti a riprendere il nostro duello. Il sostegno di mia madre mi diede nuova energia, e vedere Francesca determinata mi fece sorridere.
«Non trattenerti» disse

Sorrisi. «Non mi trattengo mai,» risposi, preparando la mia spada. Poi ci lanciammo l'uno contro l'altra, le spade di legno che si scontravano con un suono secco. Francesca era agile e veloce, ma anche io non ero da meno. I nostri colpi si susseguivano rapidi, mentre entrambi cercavamo di superare l'altro.

Mentre riprendevamo a combattere, Francesca riuscì a sorprendermi con un colpo abile, disarmandomi. Mia madre applaudì con entusiasmo e disse: «Brava, Cesca!» Francesca sorrise trionfante, e il suo sorriso fece sorridere anche me. Tuttavia, il momento di gioia fu interrotto quando Artur, con un'espressione dura, prese Francesca per il braccio e la trascinò via.

«Mamma!» gridai, ma lei si limitò a correre dietro di noi mentre Artur ci portava verso il seminterrato. Mia madre cercò di intervenire, chiudendo un cancello di sbarre dietro di noi e afferrando le sbarre con forza. «Non fargli del male!» gridò disperata, ma Artur non la ascoltò.

Artur gettò Francesca a terra con forza. Lei si dimenava sotto il suo braccio, terrorizzata. «Cosa vuoi farmi?» chiese con una voce tremante.

Artur la guardò con freddezza. «Voglio punirti. Una donna non può disarmare un uomo, va contro natura.»

CESCA-La Maledizione Dell'imperatrice Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora