HELP THEM

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Marcus

Avevo cinque anni e tenevo la mano di mia madre mentre salutavamo mio padre. Era un uomo robusto, dagli occhi azzurri come i miei. I suoi capelli castani e riccioluti si confondevano con quelli di mia madre, creando un quadro di familiarità e protezione.

Mio padre si abbassò alla mia altezza e mi sorrise. «Piccolino,» disse con una voce gentile che raramente usava. Non sapevo parlare molto bene, e spesso evitavo di dire qualcosa per paura delle brutte parole che mio padre mi rivolgeva.

«Ciao, padre,» dissi timidamente, cercando di non balbettare.

Mi sorrise di nuovo, poi baciò mia madre con affetto. «Devo andare,» disse, alzandosi. «Ma tornerò presto.»

«Stai attento,» rispose mia madre, stringendogli la mano. «Torna da noi.»

Lui annuì e si allontanò verso il suo cavallo. Mi sentii afferrare con più forza la mano di mia madre, cercando conforto nella sua presenza. Lei mi guardò con occhi pieni di amore e preoccupazione.

«Mamma,» dissi piano, «tornerà presto, vero?»

«Sì, tornerà presto,» rispose, anche se la sua voce tradiva una lieve esitazione. «Papà è un uomo forte e coraggioso. Tornerà da noi.»

Cercai di credere alle sue parole, ma una parte di me sentiva un'ombra di dubbio. Non capivo ancora il mondo degli adulti, ma potevo percepire le tensioni e le paure che li circondavano.

Mentre mio padre montava a cavallo e si allontanava, mi voltai verso mia madre. «Mamma, posso diventare forte come papà un giorno?»

Lei mi sorrise e mi accarezzò i capelli. «Certo che puoi, piccolino. Ma ricorda, la vera forza non è solo nei muscoli, ma anche nel cuore e nella mente.»

Annuii, cercando di comprendere il significato delle sue parole.

Nel tempo, ho capito che la forza di mio padre era solo una parte della sua persona. E che la forza di mia madre, quella silenziosa e gentile, era altrettanto importante. Quel giorno, mentre osservavo mio padre allontanarsi, piantai i semi del desiderio di diventare un uomo forte e coraggioso, non solo fisicamente, ma anche nel cuore e nella mente.

Mi trovavo immerso nel caos della battaglia. Ero a cavallo, il petto nudo, esposto agli elementi e alle lame dei nemici. I miei muscoli tesi e ricoperti di sudore, sentivo ogni fibra del mio corpo all'erta, pronta a rispondere ad ogni minaccia. Il sole bruciava alto nel cielo, rendendo l'aria pesante e soffocante.

Combattevo con tutte le mie forze, cercando di difendere l’onore del nostro impero e il nome della mia famiglia. Ogni colpo di spada, ogni movimento del mio cavallo, era calcolato per sopravvivere e per sconfiggere l’avversario. In un momento di distrazione, sentii una lama nemica penetrare la mia pelle, un colpo di spada mi ferì profondamente al fianco.

Gridai per il dolore, il sangue cominciava a colare lungo il mio corpo, tingendo di rosso il mio cavallo bianco. La ferita era profonda, ma non potevo permettermi di cadere. Dovevo resistere, per me, per Cesca, per la mia gente.

Un compagno d'armi si avvicinò, la sua voce preoccupata tagliando attraverso il dolore e la confusione.

"Marcus, ritirati ora. Se non lo fai, rischi un'infezione e potresti perdere la mano."

Il mio sguardo si concentrò su di lui, un'espressione di preoccupazione sul suo volto. Sapevo che aveva ragione, ma l'idea di abbandonare il campo di battaglia mi sembrava un tradimento.

«Io... devo continuare,» mormorai, cercando di alzarmi dalla branda, ma la mano del mio compagno mi fermò.

«Non puoi combattere in queste condizioni. Devi guarire per poter tornare a combattere. Pensaci, Marcus, se non ti ritiri ora, non potrai mai più impugnare una spada.»

CESCA-La Maledizione Dell'imperatrice Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora