FATHERORPHAN

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Marcus

Le donne mi vedevano come un dio, ma se fossi stato davvero un dio, avrei riportato indietro mio padre. Non lo ricordo molto bene, ma il giorno in cui partì per la guerra è rimasto nella mia memoria. Non fece mai ritorno.

Una delle mie amanti, Diana, urlava sotto di me, ansimando il mio nome. La scopavo talmente forte che sembrava perdere il fiato. Era una delle mie preferite, insieme a Elena. Mi spinsi ancora più dentro di lei, facendola urlare di piacere mentre veniva chiamando il mio nome. Poco dopo, anche io raggiunsi l'orgasmo, sentendo una liberazione momentanea.

Mi trovavo in una delle stanze del palazzo, ancora sudato dopo gli allenamenti. Prima  la vidi, nascosta dietro una colonna. Cesca. Non potevo ignorarla, la sua presenza era sempre così ingombrante.

Diana mi baciò sulla guancia e si appoggiò al mio petto. Eravamo a terra, come spesso capitava dopo le nostre scopate.

«Sei stato fantastico, Marcus,»disse con un sorriso soddisfatto. Le accarezzai i capelli e risposi con nonchalance, «Lo so.»

La tolsi di dosso e mi rimisi i pantaloni. Aprii la porta e uscii dalla stanza, consapevole di avere cose più importanti da fare. Presi il mio cavallo bianco, che avevo attaccato vicino, e mi misi in sella. Mi diressi verso il campo per completare gli altri esercizi. Il sole era alto nel cielo e il sudore degli allenamenti precedenti cominciava ad asciugarsi sulla mia pelle mentre galoppavo.

La mente mi tornò a Cesca, che avevo visto poco prima. C'era sempre qualcosa di irrisolto tra di noi, qualcosa che non riuscivo a mettere a fuoco. Ma per ora, dovevo concentrarmi. Avevo un impero da preparare e un futuro da conquistare.

Ricordo ancora il bacio. Dopo avera baciata, mi sentii strano. Era stato il mio primo bacio, e anche se ero ancora molto piccolo, quel gesto aveva suscitato in me emozioni contrastanti. Ricordo che subito dopo mi alzai bruscamente e dissi quelle parole terribili: «Io non sto con le bastarde.» Non so perché lo feci, forse per mascherare la vulnerabilità che il bacio aveva rivelato in me. Ma mi pentii subito di averlo detto.

Poteva dirmi che ero orfano di padre, poteva restituire il colpo, ma non lo fece. Invece, mi guardò con quegli occhi tristi, pieni di ferite che sapevo di aver causato. Mi pentii immediatamente, ma l'orgoglio mi impedì di scusarmi.

Vidi Diana uscire dalla stanza, sistemando la sua stola con noncuranza. Anche se si era riordinata, i suoi capelli erano ancora disordinati, ricordo del nostro recente incontro. Continuavo a combattere, concentrato sugli esercizi, quando le dissi: «Diana, preparati per questa sera.» Avevo intenzione di scoparla di nuovo, di perdermi nel piacere carnale.

Mentre lanciavo un'occhiata verso la collona dove prima avevo visto Cesca, notai che non c'era più. Certo, non avrebbe aspettato tutto questo tempo. Tornai a concentrarmi sul combattimento, sentendo l'adrenalina pompare attraverso il mio corpo, ogni colpo, ogni parata mi avvicinava al mio obiettivo.

La serata si avvicinava, e avevo preparato una festa per celebrare il mio compleanno. Una celebrazione esclusiva, dove il piacere e l'eccesso erano le uniche regole. Avevo invitato tutti nelle luparie.

Ogni colpo con la spada era un modo per scaricare la tensione, per liberarmi dai pensieri di Cesca e di quel bacio innocente che ancora mi tormentava. Mi allenavo con una ferocia che spaventava i miei avversari, ma dentro di me sapevo che non era abbastanza. Dovevo dimostrare a tutti, e a me stesso, che ero destinato a qualcosa di più grande.

Non volevo diventare imperatore, ma mi avevano costretto a esserlo. Artur non voleva mettere al potere sua figlia, Cesca, e io ero il candidato più ovvio. Lo odiavo per quello che aveva fatto a mia madre e al mio vero padre, Lucius. Artur era innamorato di mia madre, ma lei si era sposata con Lucius.

CESCA-La Maledizione Dell'imperatrice Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora