Capitolo 1

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Da piccola immaginavo che la vita sarebbe stata orrenda, proprio come l'avevo vissuta fino a quel momento, e mai mi sarei immaginata che sarebbe stata in grado di stupirmi, in negativo.

Oggi mi guardo intorno e mi rendo conto che stare dietro una scrivania tutto il giorno è orrendo ed è la stessa prigione del banco di scuola, solo un po' più grande ed attrezzato, che le persone al telefono sono scorbutiche, che i colleghi sembrano usciti da un qualsiasi girone dell'inferno e che quando arriva lo stipendio pensi "dai almeno faccio tutto questo per qualcosa" e poi ti rendi conto che con quei soldi non puoi realizzare nessuno dei sogni nel cassetto.
Crescendo ho iniziato a provare l'invidia, sentimento che da piccola non avevo nemmeno mai sentito sfiorarmi il pensiero, sono invidiosa di chi è figlio di una famiglia ricca, di chi fa le vacanze in Sardegna, di chi non aspetta i saldi a comprarsi le scarpe, di chi si permette la parrucchiera tutti i mesi, di chi esce tutte le sere, di chi non contratta al mercato, di chi sceglie la pizza senza guardare il prezzo.
Io sto cercando di fare ciò che fanno tutti quelli della mia età: mettere due spicci da parte e provare a sognare uno straccio di futuro. E prima sognavo, sognavo talmente tanto che avevo pure iniziato a credere che i sogni si potessero realizzare. E ora invece mi innervosisco dentro questi sessanta metri quadri perché la proprietaria non ha messo la lavastoviglie, perché se metto uno stendino non ci passo più nel corridoio, perché in estate in camera ho trenta gradi e non riesco a dormire, perché il parquet fa un sacco di polvere, perché la doccia non si apre mai bene, lo sportello si blocca a metà e devi trovare il giusto incastro per aprirle quel poco che serve per entrare. Poi sperando di uscirne.

Difficile sognare così.

Sogno il 10 del mese quando vedo una cifra in verde nel saldo del mio conto in banca e mi concentro il più possibile nel non vedere che sotto c'è una sfilza tale di negativi che mi toglierebbe quel senso di sollievo. Li copro con il dito. Guardo quelle poche cifre che mi fanno stare bene e penso che magari un domani mi potrò comprare quella casa in campagna che avrei sempre sognato con tanto di quel verde da non riuscire nemmeno a vederli, i vicini.

Fastidiosi e ficcanaso, vicini.

Quando ancora stavo a casa dei miei i vicini non mi sembravano così male. Ma allora stavo in campagna, le signore anziane attendevano tutto il pomeriggio che uscissi di casa per offrirmi torte e caffè e scambiare i fagiolini del loro orto per qualche fragola del mio.

 La città è diversa, gli abitanti della porta accanto ti detestano a prescindere solo perché potresti essere il prossimo affittuario che cammina rumorosamente, invita gli amici a casa, guarda la tv a volume alto, non paga le spese condominiali e soprattutto quello che devono salutare per cortesia se per caso ci si incontra nel corridoio o nel parcheggio.
Quando sono venuta ad abitare in questo appartamento mi sentivo così viva e rapita da un forte sentimento d'indipendenza che mai avrei pensato sarebbe stato presto spento dalla vicina di casa che mi avrebbe dovuto spiegare, a sei minuti dal mio ingresso a casa, che dopo due settimane sarebbe toccata a me la pulizia delle scale condominiali. "Lo facciamo a turni, siamo sempre stati d'accordo così. L'affittuario precedente a te le avrebbe dovute fare il prossimo martedì quindi ora toccherà a te."

Sono passati due anni da quel giorno, e mentre lei è rimasta pazza esattamente come l'avevo catalogata al nostro primo incontro, io invece mi sento molto cambiata, come se l'essere entrati così fortemente nel mondo degli adulti mi avesse fatto sentire impreparata e indifesa e di conseguenza fossi diventata più chiusa e mal fidente. I miei adorati vicini, che i primi giorni salutavo calorosamente mentre andavo a gettare la spazzatura, ora non li guardo nemmeno più, i miei colleghi con cui prima scambiavo due parole di cortesia giusto il tempo di un caffè ora li cerco solo di rado e rigorosamente per motivi lavorativi, così come la mia famiglia che inizialmente andavo a trovare o invitavo a casa almeno una volta la settimana e ora chiamo una volta ogni due settimane evitando inviti a cena.

Neve - con Timothèe ChalametDove le storie prendono vita. Scoprilo ora