Capitolo 17

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In questa stanza io e l'omone ci guardiamo attentamente, ma forse sono più io che studio lui perchè lui mi guarda come se di me sapesse già tutto, mentre io rimango immobile a cercare di capire le sue prossime mosse.

Ci siamo seduti entrambi, lui nel divano, che accanto alla sua figura prende più le sembianze di una poltrona per elfi e io sulla sedia, posta all'altro lato della stanza, accanto alla finestra con le persiane ancora abbassate e le finestre chiuse che ancora lasciano passare le grida e il frastuono dei giornalisti che immagino essere ancora sull'uscio di casa mia.

Il campanello suona continuamente, il mio telefono continua a vibrare dal corridoio che da sulla camera, i giornalisti gridano fuori dalla finestra e le vecchie sono sull'atrio che sparlano e si lamentano di me lasciando le loro voci rimbalzare sulle scale fino ad arrivare alle mie orecchie.

Ad ogni trillo del campanello, ad ogni bussare alla porta, ad ogni giornalista che grida il mio nome e ad ogni vibrare del mio telefono io sussulto sulla sedia stringendomi nelle spalle. E' come se quell'omone, per quanto sconosciuto, sia l'unica persona a trasmettermi sicurezza, rispetto a tutte quelle che mi stanno attorno in questo momento, con il suo fare sereno, il petto in fuori, la testa alta, lo sguardo dritto.

Spazientito va alla porta ogni qualvolta un inquilino prova a bussare e alla vista di Garie chiunque alza i tacchi e se ne va, il mio telefono l'ha recuperato dal corridoio cliccando una serie di tasti che l'ha portato a spegnersi e il campanello l'ha disattivato, ancora non mi è chiaro in che modo. Se non fosse per il brusio che arriva dagli spifferi degli infissi ora sarei isolata dal mondo.

Sussulto ancora, perchè l'uomo prende parola dopo minuti di interminabile silenzio. D'istinto sbatto le palpebre toccandomi il petto con le mani, con l'intenzione di calmare il cuore che parte all'impazzata, ma devo mettere bene a fuoco prima di capire che le sue parole non sono rivolte a me.

L'indice punta nel suo orecchio, ascolta attentamente la cuffietta che prende a parlare.

-Ricevuto, strada libera.- risponde fermo prima di tornare alla porta un'ultima volta ed aprirla, facendo quindi varcare la soglia del mio appartamento ad altri due uomini in completo gessato proprio come lui.

La sedia cade rovinosamente a terra quando mi sollevo scattosamente schiacciando il mio copro sul muro, quasi potessi oltrepassarlo per scomparire dagli sguardi seri ed inquietanti dei tre uomini in casa mia.

-E' sotto shock.- Garie sembra avere l'intenzione di presentarmi.

-Le hai dato dei tranquillanti?- l'uomo dai capelli brizzolati prende parola annuendo alla risposta negativa di Garie.

-Ti daremo qualcosa per calmarti.- allora si rivolge a me.

-N-No..-

-Oh.. allora parli, buongiorno signorina.- mi prende in giro.

Il mio sguardo ricade velenoso su Garie che li ha fatti entrare, quasi come se per due minuti mi fossi fidata di lui e ora è tutta colpa sua se questi due si aggirano come avvoltoi nel mio appartamento.

C'è la cesta del bucato, nel bel mezzo del salotto, con il mio intimo in piena vista. Non ci penso un solo secondo ad andarla a recuperare calciando le mie ciabatte sparse ovunque lasciando il tutto in camera mia.

Quando mi volto per tornare in salone, Garie è dietro di me che procede alla velocità del mio passo, silenziosamente. Ci scambiamo un'occhiata, la mia è più feroce della sua.

Nel salotto i due uomini camminano con le mani dietro la schiena, osservando tutto ciò che gli appare davanti provocandomi un fastidioso prurito alle mani, come se mi stessero spogliando e guardando nuda. La loro arroganza mi da la forza di riprendere il controllo della situazione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

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Neve - con Timothèe ChalametDove le storie prendono vita. Scoprilo ora