Capitolo 7

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Valencia, Spagna
07.04.2018 h 22:59
Enola

L'ansia mi divora viva.

Tra non molto, la pelle delle dita mi scompare per quanto la sto rosicchiando.

La punta del mio piede batte senza sosta sul pavimento di marmo liscio; nell'aria solo quel rumore.

L'ospedale è racchiuso in un'apparente calma che mi dà sui nervi.

Nella sala d'aspetto di fronte alla stanza dove stanno controllando Francisco, ci sono io, i miei genitori, i genitori di Francisco, Camilla, e Sean.

L'ultimo di questi lo ha invitato mio padre, perché si vedeva lontano un miglio che anche lui era preoccupato quanto tutti.

Sono quasi tre ore che quella porta è completamente chiusa. Nessuno, a parte qualche infermiere, varca quella soglia.

Sento il battito del mio cuore accelerare ad ogni minuto, al ritmo con cui le lacrime di Camilla bagnano la camicia della madre di Francisco.

Lancio un'occhiata veloce a Sean, seduto alla mia sinistra. Ha il telefono tra le mani da circa venti minuti, a scrivere messaggi a non so chi.

Molto probabilmente a Daniel.

Ne ho la conferma quando, portandosi il telefono all'orecchio, Sean ascolta un vocale, di sottofondo la voce di Daniel che... canta la Macarena?

Ma che cazzo?

Osservo attentamente la reazione del fratello più grande, trattenendo una risata quando si porta una mano alla fronte, in un evidente segno di disperazione totale.

Questo piccolo gesto infantile mi permette di distrarmi dal pensiero di Francisco.

Non faccio in tempo a chiedergli nulla, però, che la porta della stanza 34 si apre. I genitori di Francisco si alzano di scatto, così come Camilla, che corre verso di loro come se ne valesse della sua vita.

Mi fa una pena incredibile. Quando è venuta qui, circa un'ora fa, aveva la pelle sudata, gli occhi verdi pieni di lacrime e i capelli castani spettinati, segno che si è preparata di fretta e furia.

Osservo con attenzione la scena, cercando di carpire informazioni dalla bocca del medico. È un signore sulla sessantina, i capelli grigi e le sopracciglia folte, con degli occhialetti rotondi sul naso che fa provincia. Indossa il solito camice bianco tipico dei medici, e ha tra le mani un taccuino, dove sicuramente c'è descritto per filo e per segno lo stato di Francisco.

Lo vedo parlare, sento i suoi sussurri, ma non capisco una parola.

«Daniel, ma ti pare il momento? ...No, non posso venire prima, arrangiati... In che senso hai fatto l'abbonamento a Netflix per un mese?! ...Con quali soldi poi?! ...»

Mi giro di colpo verso Sean. Ha il telefono stretto nella mano, la pelle sbiancata di colpo. Si accascia alla sedia scomoda, portandosi una mano ai capelli, disperato.

Si alza di scatto, cominciando a camminare verso l' uscita dell'ospedale, il telefono ancora attaccato all'orecchio.

Resto incantata a guardarlo senza nemmeno accorgermene. La schiena ampia, muscolosa, e quel portamento sicuro che mostra di sé mi attraggono come non mi ha mai attratto niente.

Ritorno sul medico, però il mio cuore fa un balzo quando vedo pianti impossibili da fermare.

No... vi prego, ditemi che non è morto...

𝐃𝐢𝐫𝐭𝐲 𝐃𝐚𝐧𝐜𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now