4. Una cena al Kingbird.

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Sloane

Fidati delle coincidenze. Sono il sussurro che tradisce il legame tra il possibile e l'inevitabile.

Anonimo

Il giorno dopo il mio compleanno mi svegliai con un forte mal di testa e una strana sensazione nello stomaco, come se qualcuno mi avesse osservata durante la notte.

Spostai lo sguardo sulla porta, era chiusa, io invece l'avevo lasciata un po' aperta per il caldo.

Ci sarà stata una folata di vento, chi lo sapeva.

Mi misi seduta sul letto, stiracchiandomi, e tolsi delle ciocche di capelli rossi dal viso, sbadigliando.

Dalla luce che c'era fuori la finestra capii che non era mattina preso, ma neanche chissà quanto tardi.

Puntai lo sguardo sulla sveglia che segnava l'orario e vidi che erano le dieci di mattina.

Avrei potuto dire che fosse una buona cosa, almeno non era né presto né tardi.

Un po' assonnata, mi alzai dal letto e andai verso il bagno collegato alla mia camera e vi entrai dentro, guardandomi allo specchio.

Avevo un aspetto infantile ridotta in quel modo: i capelli arruffati, il viso stanco, i fatidici "occhi da cerbiatta", come li chiamava mio fratello, a malapena aperti e gli sbadigli continui.

Avevo gli occhi di papà, ne andavo fiera, invece Simon aveva i capelli di mamma.

Per il resto entrambi eravamo diversi dai nostri genitori.

Mi distolsi dai pensieri e tolsi il pigiama, era un top rosa e un pantaloncino bianco.

Nonostante mia madre avesse insistito, io preferii questo a quello di cinquanta dollari che mi aveva mostrato.

Lavai i denti, il viso, pettinai i capelli e li legai in una crocchia.

Ferma davanti allo specchio, ispezionai il mio corpo in intimo dinanzi allo specchio.

Ero bella oggettivamente, chiunque me lo diceva, ma una piccola parte di me non riusciva a sentirsi davvero così, come se in fondo fossi consapevole di poter essere abbastanza per essere guardata, ma mai per essere guardata.

L'intimo rosa mi accarezzava le curve dei glutei, il reggiseno stringeva intorno al petto ed evidenziava i seni sodi che tanto volevo nascondere.

C'era chi pregava di essere come me e c'era chi pregava di essere meno formosa.

Mi avevano cresciuta così. Nonostante i complimenti di mamma e papà, a volte quelli di mio fratello, io non riuscivo a crederci davvero.

Continuavo a vedermi sbagliata.

Gli occhi iniziarono a pizzicarmi, la vista si fece appannata e il cuore lo sentivo battere a tremila.

La mano iniziò a tremare, con essa anche la gamba, e finii seduta sul pavimento, rannicchiata su me stessa, rinchiusa nel mio turbinio di emozioni.

Avevo due tipi di quest'ultimo: quello positivo e quello negativo.

Direi che ora quello positivo non era.

Tremavo, le lacrime mi scorsero lungo le guance e la testa mi girava, facendo sì che il mal di testa sopportabile diventasse lancinante.

Avevo bisogno di stare da sola, ma avevo anche bisogno di conforto.

Avevo bisogno di stare da sola, ma avevo anche bisogno di qualcuno.

Avevo bisogno di stare da sola, ma avevo anche bisogno di aiuto.

Different Worlds, Same Love - Contro ogni limiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora