12. Malinconia e collera.

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Elias

Sì, questo è il bene: perdonare il male. Non c'è altro bene.

Antonio Porchia

Le loro espressioni sembravano mostrare disperazione e un briciolo di speranza, una speranza che avrei spazzato via subito dopo.

In silenzio, mi spostai dalla porta e li feci entrare.

Con tutto il rispetto che non portavo per loro, puzzavano, ed erano messi veramente male; ero stupito fossero ancora vivi.

Chiudendo la porta del monolocale, li feci accomodare nella parte della cucina sugli sgabelli e gli offrii due bicchieri d'acqua.

«Qualunque cosa cerchiate, non è qui.» Il mio tono era più gelido del solito, ed appoggiato al piano cottura, me ne stavo immobile, come se muovermi avesse potuto dare loro una speranza in più con me.

«Ti abbiamo cercato per molto tempo.» Mi disse l'uomo seduto dinanzi a me. 

I capelli più grigi di quanto ricordavo e gli occhi scuri contornati da delle occhiaie profonde.

Stessa cosa per la donna accanto a lui.

Erano sporchi, sudici, proprio come lo erano ventidue anni fa, proprio come lo ero stato io prima di farmi il culo con quei locali, gli incontri e adesso anche il ristorante.

Erano la rappresentazione della persona che io cercavo con tutto me stesso di non essere mai più.

«Ci avete messo ventidue anni a trovarmi, volete un regalo? Un applauso?» Il tono tagliente come la lama di un coltello mentre li squadravo da capo a piedi, cercando di non far uscire il bambino di dieci anni bloccato in me.

«Ci dispiace, figliolo, davvero...» Non lo feci neanche concludere. «Sono Elias, George. Il tuo figliolo lo hai abbandonato in una casa diroccata vent'anni fa, senza risorse. Devo ringraziare chiunque sia il nostro superiore perché la madre di Aaron si è presa cura di me nonostante le loro stesse condizioni.»

Non riuscì neanche a guardarmi più in faccia, ma lei non lo fece dall'inizio.

«A proposito, come sta lei?» Tentò mio padre.

«Non lo so, devo chiedere ad un pezzo di marmo.» George sbiancò per la verità cruda che gli avevo servito con un sangue freddo che avevo iniziato ad avere vent'anni fa.

«Elias, noi... Abbiamo bisogno di soldi.» La voce femminile ma rovinata dal fumo e dalla droga mi fece rabbrividire.

Era davvero messa male, ma che fine aveva fatto la storia del "tutte le mamme amano i propri figli a modo loro"?

Lei non mi aveva mai amato, semplicemente fui un errore e non aveva i soldi per abortire.

Ma neanche durante la gravidanza smise con droga e fumo, come neanche mio padre con l'alcol.

Era un miracolo fossi vivo e sano.

«Da me non avrete niente.» Presi i loro bicchieri ormai vuoti, mettendoli nel lavabo, mentre loro tenevano gli occhi fissi su di me.

Con che faccia si erano presentati a casa mia per chiedere fottuti soldi?

«Non fare così, figliolo.» Mia madre si alzò dallo sgabello e stava per fare il giro del bancone per raggiungermi.

«Sono Elias, Lucia. Elias! Non provare ad avvicinarti.» Ero furente di rabbia e a stento riuscivo a mantenere la calma.

Notando ciò, lei arretrò di qualche passo.

Different Worlds, Same Love - Contro ogni limiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora