Prologo.

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Sloane

I bambini vengono educati da quello che gli adulti sono e non dai loro discorsi.

Carl Gustav Jung

7 ottobre 2012

«Papà, perché quel signore sta dormendo sulla panchina?» Chiesi a mio padre, l'innocenza di una bambina di nove anni nella voce e nel viso.

«Vedi, piccola, quando qualcuno non ha abbastanza soldi per i beni primari, si arrangia a quello che può fare. Magari non ha avuto fortuna nel lavoro, magari non ha avuto una famiglia benestante prima di lui, ma ciò non descrive la persona che è. Potrà anche sembrarti un barbone scorbutico, ma che ne sappiamo noi? Potrebbe essere la persona più dolce presente in questo parco e noi non lo sapremo, solo perché le persone si fermano alle apparenze.» 

La risposta che mi diede fu inaspettata: i genitori della mia migliore amica Eva non avrebbero mai detto una cosa del genere. Una volta, mentre io ed Eva passeggiavamo, li ho beccati a guardare male un signore che stava seduto a terra con i vestiti sporchi.

A me faceva tanta tenerezza, proprio come mi faceva tenerezza questo signore davanti a me e mio padre.

Il mio sguardo vagò su di lui per molto.

I capelli bianchi e unti, le mani sporche, i vestiti strappati.

E se non avesse una famiglia? Se fosse solo?

Da sempre mi sono preoccupata per gli altri e per ciò che provavano, e questa fu una di quelle volte.

«Papà, posso dargli dei soldi dalla mia paghetta dei compiti? Vorrei che si comprasse dei vestiti puliti così da stare più comodo.» Chiesi a mio padre con un tono dolce, facendogli gli occhi dolci.

Lui non mi disse né no né sì, mi diede una banconota da cinquanta dollari, inginocchiandosi davanti a me, e me la diede.

«Non lasciare che la tua bontà venga rubata da qualcuno. Mai.» Il suo tono era dolce, ma al contempo era serio, ma non compresi cosa volesse dirmi, così corsi verso la panchina distante pochi metri e toccai gentilmente la spalla del signore, che sonnecchiava lì.

Quasi all'istante lui si svegliò balzando sul posto, andando sull'attenti.

Gli avevano fatto del male? Per questo era così spaventato?

«Chi... Chi sei?» Disse, rivolgendo lo sguardo verso il basso per potermi guardare.

Aveva il viso stanco e delle occhiaie enormi, ma questo non bastò a spaventarmi.

«Ciao! Io mi chiamo Sloane, mio padre è quello lì infondo.» Indicai mio padre poco distante da noi.

«Non so chi sei, o come ti chiami, ma mi piacerebbe darti questi,» dissi porgendogli la banconota che mi aveva dato mio padre. «magari puoi comprarti dei vestiti puliti o più comodi, o magari del cibo, anche se in realtà bastano per entrambi.» Finii la frase con un sorriso.

Aiutare la gente mi piaceva, mi faceva sentire utile.

Mamma quando usciamo mi fa sempre dare da mangiare agli animali randagi che vediamo per strada e mi fa giocare con gli altri bambini.

Papà invece gioca a fare la principessa con me e mi porta al parco a giocare molto spesso, lasciando che io aiuti la gente.

Una volta un bambino si sbucciò il ginocchio ed io mi offrii di aiutarlo visto che sua madre non se n'era accorta.

Vedere le altre persone stare bene ed essere felici, faceva stare bene anche me.

«Io mi chiamo Joshua, e grazie per questi, ma cinquanta dollari sono... Troppi. Non posso accettare, mi sentirei in colpa.» La voce dell'anziano signore era tremolante, proprio come la sua mano mentre spingeva la mia in modo delicato verso di me.

Different Worlds, Same Love - Contro ogni limiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora