15. Una scelta che può cambiarti la vita.

1 1 0
                                    

Sloane

Vorrei dannarmi per le mie stesse scelte di vita.

Sloane Flores

Guardandomi allo specchio, stavo sistemando i capelli in una coda di cavallo, lasciando cadere due ciocche di essi davanti al mio viso.

Le ciglia lunghe risaltate dal mascara e le labbra coperte di un rossetto tenue non di certo rubavano la scena ciò che avevo addosso, però.

Il vestito di seta rosso mi accarezzava le curve e le metteva in mostra, lasciando poco spazio all'immaginazione, ma non era né troppo corto né troppo scollato: era la via di mezzo perfetta.

Quel vestito lo indossai soltanto una volta, e secondo Eva questa sarebbe stata la seconda volta perfetta, anche se per andare in un night club.

I tacchi neri Saint Laurent regalati da mio padre per il mio ventesimo compleanno completavano il tutto, ma aveva insistito Eva a farmeli indossare, o non l'avrei fatto.

Il U street music hall era uno dei pochi locali in cui andavo perché riuscivo a farlo senza farmi beccare da mio padre, come l'ultima volta.

A proposito.

«Eva, sicura che sia una buona idea?» Eva, seduta sul mio letto a sistemarsi i tacchi vertiginosamente alti, spostò lo sguardo su di m e come se avessi appena detto una stupidaggine.

«Ovvio che lo è, dobbiamo soltanto pensare a divertirci. E poi i tuoi vanno a letto presto, non ti sentiranno tornare.» Rispose con ovvietà, alzandosi dal letto per mettersi al mio fianco dinanzi allo specchio.

Entrambe eravamo belle, anzi bellissime, e questo nessuno delle due poteva negarlo.

Forse solo io neri momenti di debolezza, ma quello non era uno di essi.

«Sei una figa da paura, Sloane. Questo vestito ti sta una favola.» Mi baciò la guancia, sistemandomi meglio i capelli, e mi diede una pacca scherzosa sulle natiche.

«Eva, l'ultima volta che siamo state in quel locale Elias mi ha cantato una ninna nanna.»

«Perché gliel'hai chiesto tu.»

«Ero ubriaca fradicia! Comunque» Meglio cambiare discorso. «stasera voglio restare sobria, e lo farai anche tu.»

Non avrei accettato un no come risposta, non dopo la confusione della scorsa volta.

Annuendo, lei corse giù per le scale, correndo fuori nonostante i tacchi, ed io la seguii, con una leggera difficoltà in più.

Ma chi era il bastardo che aveva inventato delle scarpe del genere?

Secondo me erano utilizzate come tortura medievale.

Salutai i miei genitori, mio fratello e poi raggiunsi Eva che mi aspettava davanti il vialetto.

«Sei pronta per stasera?» Chiese, con un cipiglio divertito mentre io mi perdevo nella confusione.

«È una serata come tante, no?» Lei curvò le labbra in un sorriso e sbuffai portandomi le mani sui fianchi.

«Cos'hai combinato, Eva?» Silenzio. Per almeno due minuti.

Ah no, silenzio rotto da delle risatine soffocate.

Io l'avrei ammazzata!

«Forse ho... Invitato qualcuno.» Portandosi le mani dietro la schiena, addolcì lo sguardo con l'intento di non farmi incazzare.

«Hai invitato chi, Eva? Chi?» Avrei giurato che... «Aaron ed Elias.» Cristo!

Okay, calma, calma.

Different Worlds, Same Love - Contro ogni limiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora