6. Margarita col ghiaccio.

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Elias

Non è il viso che colpisce, ma le espressioni.
Non è il corpo che ci piace, ma il modo in cui si muove.
Non è spesso l'aspetto fisico che ci attrae, ma sono i modi di fare di una persona.

Marilyn Monroe

«Porca puttana Aaron! Quante altre volte devo ripeterti che non devi portare ragazze a casa? Se devi scopare, fallo nei cessi guasti dei locali!» 

Questa era una conversazione tipo di quasi ogni sera.

Aaron, dopo il lavoro, andava sempre in qualche locale in cerca di qualche scopata senza impegno, mentre io tornavo a casa stremato con la sola voglia di dormire.

Ma ovviamente non dormivo perché dovevo ascoltare le urla delle sue amanti, una diversa ogni cazzo di volta.

Anch'io alla sua età ero così, ma passati i trenta non ne volevo più sapere.

Non credevo all'amore e le scopate non mi soddisfavano più come prima.

«Okay, ho capito. Niente ragazze a casa.» Rispose Aaron, stravaccato sul divano letto del monolocale poco lontano da Deanwood. 

Il Kingbird ci pagava bene ma non abbastanza per un appartamento, e con i soldi degli incontri, riuscimmo ad accaparrarci questo monolocale e riuscimmo a finire la manutenzione delle moto.

«Te lo giuro, Aaron. La prossima volta che vedo una delle tue puttane mettere piede qui dentro, ti sfratto.» Non l'avrei mai fatto e lo sapeva, ma la minaccia in sé lo spaventava.

«Hai bisogno di scioglierti i nervi, stasera hai la serata libera, giusto?» Disse il biondo alzandosi dal divano letto e stiracchiandosi con uno sbadiglio.

«Sono calmissimo, e sì, ho la serata libera.» Gli feci sapere, andando verso l'angolo cucina per prendere dell'acqua dal frigo e versarla in un bicchiere.

«Allora ti porto con me in uno dei locali migliori di Washington. E offro io.»

La sua proposta, nonostante allettante, non gli diede la reazione da lui sperata.

«Sei ancora preso dai postumi della sbornia di ieri e non ho intenzione di andare in un locale pieno di gatte morte. Prima era il mio lavoro, ora che sono libero, non torturarmi ancora.»

Bevvi un sorso d'acqua e misi il bicchiere nel lavabo, sotto lo sguardo nocciola del mio migliore amico.

«E dai, devi svagarti un po', devi toglierti quel broncio dal muso. Un po' d'alcol ti farà bene.»

«Questi discorsi mi convincevano quando avevamo venti e venticinque anni, non ora che ne ho trentadue, testa di cazzo.» Mi appoggiai contro il bancone dell'angolo cucina, guardandolo impassibile.

«Va bene, non ti ubriacherai, ma almeno eviterai che anche il tuo migliore amico lo faccia, no? Faresti di tutto per evitare che io finisca nei guai, e un modo più semplice per evitarlo è questo.»

Il bastardo puntò sui miei sensi di colpa e responsabilità verso di lui, perché alla fine accettai.

«Sei un coglione, fattelo dire.» Dissi ridendo sotto i baffi, superandolo per andare verso il bagno.

Svegliarmi per me era sempre un mezzo trauma, per questo mi rintanavo sotto la doccia per un minimo di trenta minuti più la pausa sigaretta.

Iniziai a fumare dopo la morte della madre di Aaron, che ormai era come la madre che non ebbi.

Entrato in bagno, mi spogliai e mi fermai qualche minuto davanti allo specchio.

Nonostante fosse passata una settimana, avevo ancora un taglio sul labbro e lividi sul corpo abbastanza visibili dall'ultimo scontro con un coglione di cui neanche ricordavo il nome.

Different Worlds, Same Love - Contro ogni limiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora