11. La serata sbagliata per lavorare.

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Elias

Dicono che quando incontri una persona una volta è un caso, due una coincidenza, tre il destino. Posso dire che la quarta è pura sfiga.

Elias Walker

Magari è stato da bastardi e allo stesso tempo da rincoglioniti ciò che ho fatto, perché non solo l'avevo trattata male tutta la sera, ma le ridiedi anche i soldi che avrebbero potuto servirmi per qualunque cosa.

Però, a parte i soldi, non mi pentivo di nulla.

Non ero certo fiero di aver trattato male una persona che mi aveva aiutato, ma per una questione di orgoglio li rifiutai; io non volevo la pena di nessuno.

Nemmeno quella di una principessina viziata cresciuta tra soldi e amore.

«Mi fai pena.» Sobbalzai nel sentire all'improvviso la voce di Aaron provenire da dietro al divano su cui sono seduto.

«Non rompere il cazzo.» Risposi rivolgendogli uno sguardo in tralice, la camicia sbottonata insieme ai jeans e i capelli completamente in disordine.

«Siamo tornati da casa Flores da stamattina, non puoi farti almeno una doccia?» Sedendosi sul divano accanto a me, con i capelli biondi bagnati e gli occhi nocciola più luminosi del solito cercai di non chiedergli che tipo di incantesimo gli avesse fatto Williams.

Senza dilungarmi, mi alzai dal divano ormai più rovinato di me e lui messi assieme e mi chiusi tra le pareti del bagno.

Doccia piuttosto veloce, considerando il fatto che avevo solo voglia di prendere un'aspirina per farmi passare quel mal di testa del cazzo, e infilai una tuta fiondandomi nell'angolo cucina.

Aprii uno dei mobiletti sopra il piano cottura, trovando oltre che alcune pentole e padelle, l'aspirina che cercavo.

Ingollandomi una pillola, raggiunsi Aaron sul divano, intento a scrivere qualcosa al telefono.

«Chi è?» Chiesi allungando il collo per curiosare sul suo cellulare, ma lui lo oscurò subito dopo, come a voler nascondermi qualcosa.

«Nessuno di importante.» La risposta vaga, per nulla da lui, m riportò a due conclusioni: o stava parlando con la figlia dei Williams, Eva, o mi nascondeva qualcosa di molto più grande di lui ma non volva chiedermi aiuto.

La più probabile era la prima.

«La verità, Aaron, o stanotte ti tocca il divano.» Di comune accordo avevamo deciso che usavamo il letto una notte a testa, ma se fosse capitato un litigio, colui che era nel torto avrebbe dormito sul divano due volte di seguito.

«Eva mi ha chiesto come sto e se sono stato bene ieri, ed io le ho risposto.» I suoi occhi si rabbuiarono per qualche secondo, come se fosse spaventato o temesse una mia reazione negativa.

Odiavo la migliore amica di Eva, ma ciò non significava che lui non potesse essere felice con lei.

Sono diversi di aspetto, lei mora e lui biondo, ma in comune avevano degli occhi color cioccolato, che trasmettevano calore non appena ci scambiavi un piccolo sguardo.

Ma neanche lei era riuscita a sciogliermi con quel calore, non suscitava nessuna reazione in me. 

Mentre la sua migliore amica mi faceva ribollire il sangue ogni volta che i suoi occhi azzurri si posavano su di me con la loro innocenza, come se fossero quelli di una bambina non ancora cresciuta ma con una maturità e una consapevolezza più grande.

Mi irritava come si rivolgeva a tutti con quel suo sorriso dolce, dove le sue labbra rosee e carnose si distendevano e accendevano il desiderio di ogni uomo presente nella stessa stanza.

Different Worlds, Same Love - Contro ogni limiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora