21 - Paura sul set

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"You either wanna be with me,
or be me (come on now)"
- Nelly Furtado

Arien

Non pensavo che avrei mai detto una cosa del genere, ma New York non era poi così male.
Nulla a che vedere con la mia Londra, quello era poco ma sicuro.
Sicuramente diversa da Los Angeles, che era più un centro caotico popolato da celebrità e pezzi grossi.

New York era si caotica, alcuni giorni più di altri, ma, se non ti guardavi intorno, ti sentivi il solo abitante.
L'unico a passeggiare su quei marciapiedi giganti.
L'unico ad entrare nel bar dietro l'angolo.
L'unico, in tutto il mondo.

Ma poi entravi in auto, accendevi il motore e venivi rimesso al tuo posto da un tassista che ti gridava insulti e imprecazioni dietro le spalle.

«E spostati, coglione!» urlò un uomo sulla sessantina agitando il pugno dal finestrino.

«Ma vaffanculo!» urlai io di rimando, facendogli un gestaccio con il braccio libero e fermandomi all'ennesimo semaforo rosso.

Altri 7 e sarei arrivato sul set.

«Bella Addormentata sembra non aver dormito abbastanza questa notte» scherzò Paul, seduto al posto del passeggero, mentre mandava un messaggio sul cellulare.

«No affatto, ed è tutta colpa tua» lo accusai ripartendo con l'auto appena il semaforo diventò verde.

Si voltò nella mia direzione, posando il cellulare nello spazio tra le sue gambe e incrociò le braccia al petto.

«Potevi anche rimanere a dormire da Gregor» ripresi la conversazione, svoltando a sinistra e fermandomi nuovamente ad un semaforo.

Ma quanti fottuti semafori c'erano a New York?

«Potevi venire alla festa» rispose lui di rimando aggiustandosi il cappellino da baseball sul capo e tirando giù il parasole, dato che i raggi quel giorno erano piuttosto potenti.

Sbuffai e ripartii.
Sapeva benissimo come la pensavo sull'andare alle feste in mezzo alla settimana.
Non ero un guastafeste o un asociale: amavo andare alle feste, divertirmi e, magari, spassarmela anche con qualche ragazza.
Ma se c'era una cosa alla quale ero irremovibile, era tornare a casa all'alba durante una settimana di lavoro.

Odiavo andare sul set senza aver fatto le mie ore di sonno: diventavo intrattabile e non davo il 100%.
Potevi togliermi l'acqua, i vestiti, i soldi e il cibo.
Ma andare in giro senza aver dormito? Avrei preferito spararmi sulle tempie e farmi saltare le cervella.

Fortuna che quel giorno Rebecca, la regista, aveva deciso di girare altre scene la mattina, prevalentemente con le comparse o personaggi secondari, per poi passare alle scene con i protagonisti nel primo pomeriggio, altrimenti avrei dovuto incatenare Paul al suo letto e buttare via la chiave.

«Io te lo frullo quel cellulare» dissi sentendo l'ennesima notifica dal suo cellulare.

«Scorbuticone» rispose e calò il silenzio, interrotto da una sua risata fragorosa.

Gli lanciai un'occhiata e sorrisi nel vedere la sua posizione seduta: gamba destra distesa e piede sinistro poggiato sul sedile.
Fossimo stati nella mia auto gliel' avrei fatto pulire con la lingua, ma dato che si trattava di un'auto a noleggio, ricacciai indietro tutti gli istinti omicidi verso il mio migliore amico e rilassai le spalle nel vedere il cancello in ferro distante qualche metro da noi.

«Ah mi sono dimenticato di dirti che Tyson McEwan mi ha dato i biglietti che gli avevi chiesto» disse slacciandosi la cintura e scendendo dall'auto una volta che terminai di parcheggiare.

Non d'amore, ma d'accordoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora