24 - Cosa hai combinato?

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"Through the storm we reach the shore
you give it all but I want more
and I'm waiting for you"
- U2


Le lancette dell'orologio alla parete sembravano scorrere a rilento, quasi prendendosi gioco di me.
A ogni rintocco sentivo il respiro mozzarsi in gola e il cuore accelerare il suo battito, facendo risuonare il rumore in tutta la cassa toracica.

«Calliope, tesoro, queste tartare di salmone sono deliziose»

Scossi leggermente la testa e feci scivolare lo sguardo dall'orologio che stavo fissando alla figura snella e slanciata di mia madre, intenta a sventolare la sua mano per richiamare la mia attenzione su di lei.

«Cosa?» chiesi sbattendo le palpebre e ritornando con la testa all'evento.

Il 20 ottobre era arrivato in un batter d'occhio e l'ansia, che pensavo fosse inesistente siccome Ambar si era occupata di tutto e avevo supervisionato ogni sua mossa, si era amplificata sempre di più ogni giorno che passava.
Ma, quando l'evento iniziò e la musica scelta da me prese a suonare nelle casse, quel senso di angoscia e agitazione non aveva lasciato il mio corpo nemmeno per un secondo.
Passai in rassegna ogni catastrofe potesse accadere all'evento e pesai attentamente ogni sensazione avessi a riguardo.

Il pesce non era stato abbattuto bene e ognuno di noi rischiava un intossicazione alimentare?
Impossibile. Mi ero accertata io stessa che fosse nelle condizioni di essere servito e non avevo ancora avuto nessun crampo all'addome.
Gli invitati non trovavano sofisticato il luogo che avevo scelto?
A giudicare dalle loro espressioni meravigliate e dal loro domandare come avessi trovato quel posto, dubitai fortemente che fosse qualcosa di cui dovessi preoccuparmi.
La disposizione degli addobbi e la tematizzazione non erano piaciuti? Avevo visto metà invitati precipitarsi da Ambar e chiedere il suo biglietto da visita.
Un bulldozer si abbatteva sull'edificio? 
A dire il vero non lo avevo preso minimamente in considerazione, ma ripensandoci non era da escludere.
Io e la serenità: questa sconosciuta.

«Devo complimentarmi con lo chef, sono fuori dal comune» esclama arrivando al mio fianco e dando un ultimo morso alla tartare di salmone che aveva tra le mani.

Bevve un sorso di champagne e mi rivolge uno sorriso orgoglioso, dando un'occhiata fugace alle mie spalle.
Mi volto di poco per vedere Julia Bornthorn parlare con un cameriere che le aveva semplicemente chiesto se volesse un bicchiere di champagne.

Però, non perdeva occasione la ragazza.
Alzai gli occhi al cielo e mi voltai nuovamente nella direzione di mia madre, ancora intenta a guardarmi con un sorriso sornione a trentadue denti.

Capii subito l'antifona, seppur non avesse proferito parola, e sbuffai interiormente.

«Non verrà» dissi sorseggiando un goccio di acqua naturale e ammirando come le truccatrici fossero concentrate nell'esaudire ogni richiesta dei miei invitati.

Mia madre, in tutta risposta, fece finta di non capire e aprì bocca, tradendo la sua espressione falsamente accigliata a causa della sua voce leggermente acuta e canzonatoria.

«Chi?»

«Stai aspettando che Arien entri da quella porta e mi baci davanti a tutti i presenti, professando il suo amore per me» dissi indicando la porta nascosta dalle due colonne con un cenno del mento «Ma non accadrà»

Rimase interdetta e posò il bicchiere vuoto sul vassoio di un cameriere che stava passando di lì in quel preciso istante, lisciandosi il tubino bluette che portava.
Mi prese sottobraccio e mi allontanò dal centro della stanza, parlando di come fossi pessimista e di come questo mio atteggiamento rovinasse ogni cosa.

Non d'amore, ma d'accordoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora