13 - Si va in scena

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"Flashing lights,
lights, lights, lights"
- Kanye West

Le gambe mi tremavano leggermente a causa dell'ansia che gravava nell'abitacolo dell'auto, dovuta a quella situazione in particolare, anche se avrei dovuto avere altri motivi per esserlo.
Osservai le luci di New York passare sopra la mia testa, mentre Ernest si dirigeva verso il punto d'incontro che avevamo concordato il giorno precedente con Arien, durante la nostra piccola riunione d' "affari".

Dopo aver firmato il contratto ed essermene tenuta una copia, che custodivo gelosamente nel secondo cassetto della mia scrivania in mogano nello studio che avevo a casa, l'avvocato aveva pronunciato un'ultima cosa, prima di rendere terminata la riunione.

«Dovrete rendere pubblica la vostra relazione, il prima possibile»

Rabbrividii nel ricordare le sue parole e, mentre ci avvicinavamo sempre di più, sentii come una morsa alla bocca dello stomaco, quasi obbligandomi ad ordinare a Ernest di fare marcia indietro e tornare a casa.
Ma ormai era fatta.

Sentivo come se avessi condannato la mia anima.
Un patto di sangue indissolubile.
Io come il dottor Faust.
Arien il mio Mefistofele.

Non appena Ernest si fermò ai margini del marciapiede tra la 5th e la 6th Avenue, si voltò verso di me, come per capire se stessi bene o meno.

«Signorina Calliope, io ... » iniziò a dire, ma lo interrompo con un cenno della mano.

«Procedi con il segnale Ernest. Prima porterò a termine la cosa, prima potrò andare a dormire» sbuffai.

Si voltò nuovamente, lampeggiando cinque volte con i fari, attendendo una risposta da una delle miriadi di macchine parcheggiate in quel punto.
Controllai l'orario sul mio orologio al polso. 22:34.
Ero in anticipo di sei minuti.

Il telefono squillò, segno che mi era arrivato un messaggio.
Sbloccai lo schermo e lessi il nome di mia madre, seguito dal suo messaggio.

Mamma:
Buona notte tesoro, ci sentiamo domani.

Girai i pollici, sollevando lo sguardo nuovamente verso il parabrezza, iniziando a pensare che Arien non si fosse presentato.

Calliope:
Buona notte mamma, saluta papà.
Vi voglio bene.

Nell'istante in cui premetti invio al messaggio, vidi una macchina dall'altro lato della strada accendere il motore, avvicinandosi alla nostra.
Le porte si aprirono e la testa di Arien comparve nel mio campo visivo, sorridente come sempre.

«La carrozza la attende» disse aprendo la mia portiera e tenendomi la mano, aiutandomi a scendere dall'auto e a salire sulla sua.

Salutai con un cenno Ernest il quale, quando l'autista di Arien partì, rimase qualche minuto ancora lì, per poi accendere il motore e partire, tornando a casa.
Mi voltai e guardai fuori dal finestrino, sentendo lo sguardo di Arien bruciare su di me.
Lo fissai con la coda dell'occhio e lo colsi nel guardare, senza ritegno, le mie gambe coperte solamente da un velo di calze nere.

Mi schiarii la gola, accavallando le gambe e, quando lo guardai un'altra volta, aveva lo sguardo rivolto verso la strada.
Mi sistemai la gonna marrone e mi voltai verso di lui, richiamando la sua attenzione con un tocco sulla spalla.

«Si?»

«Dove stiamo andando, per l'esattezza?» chiesi notando che ci stavamo avvicinando sempre di più verso Central Park.

«Ho pensato che la zona intorno a Central Park fosse adatta. In fin dei conti é abbastanza popolata»

«E davanti Central Park dovrebbe sembrare che volevamo passare inosservati?» chiesi inarcando un sopracciglio.

Non d'amore, ma d'accordoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora