𝗦𝗽𝗶𝗻-𝗼𝗳𝗳¹

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⚠️QUESTO CAPITOLO CONTIENE SCENE DI AUTOLESIONISMO⚠️

Il sabato era l'unico giorno della settimana in cui potevo finalmente staccare la mente dal lavoro e dedicarmi un po' a me stessa

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Il sabato era l'unico giorno della settimana in cui potevo finalmente staccare la mente dal lavoro e dedicarmi un po' a me stessa. Eppure, quel pomeriggio non riuscivo a trovare pace. Il mio cuore era un nodo di emozioni confuse e, la vocina nella mia testa, quella maledetta vocina che non mi lasciava mai sola, era tornata più forte che mai.

Kyojuro rincasò intorno le quattro del pomeriggio, proprio come ogni giornata lavorativa. Di solito lo sentivo arrivare e correvo subito da lui per dargli il bentornato con un sorriso e un bacio, ma questa volta non ci riuscivo. Ero troppo immersa nel mio dolore, troppo sopraffatta da quel senso di vuoto che non se ne andava mai del tutto.

Sentii la porta venire aperta, seguita dal rumore delle sue scarpe che venivano tolte con cura. Mi chiamò affettuosamente: «Piccola fiamma! Sono tornato!»

Non risposi. Non ce la facevo. Le lacrime mi rigavano il viso e il braccio sinistro, tremante, era coperto di tagli freschi, uno dei quali stava ancora sanguinando. Mi sentivo intrappolata, incapace di uscire da quel ciclo che pensavo di aver superato.

Il mio ragazzo, non sentendo risposta, si allarmò. Lo conoscevo troppo bene e immaginavo già la preoccupazione sul suo volto mentre si affrettava a cercarmi in casa. Sapeva esattamente dove sarei stata, perché quando stavo così, mi rifugiavo sempre nel mio laboratorio, l'unico luogo dove sentivo di poter essere sola con i miei pensieri.

Udii la shoji spalancarsi con una certa urgenza e, in quel momento, sarei voluta scomparire. Odiavo il solo pensiero che mi vedesse così, tuttavia non potei farci nulla. Ero lì, inginocchiata a terra, con le mani tremolanti e il cuore che batteva all'impazzata.

Quando i nostri sguardi si incontrarono, vidi il dolore e l'ansia nei suoi occhi. Non c'era bisogno di parole, la sua espressione diceva tutto. Si precipitò verso di me, senza esitazione, e si inginocchiò al mio fianco, afferrandomi con delicatezza il braccio ferito.

«Hana ...» mormorò con una voce carica di sofferenza e amore, mentre cercava di tamponare il sangue con il fazzoletto che aveva in tasca. «Cosa ti è successo? Perché non mi hai chiamato?»

Le lacrime continuarono a scendere e io scossi la testa, incapace di parlare. Mi sentivo così stupida, così debole. Ero riuscita a tenere a bada quei pensieri per tanto tempo, ma alla fine avevano vinto loro, di nuovo. « ... è di stoffa, perché lo sporch- ...»

«Hanazuki.» mi richiamò con severità.

« ... mi dispiace ...» sussurrai, la voce rotta dal pianto. «Ho cercato di resistere, ma non ce l'ho fatta.»

Egli non disse nulla per un po', si limitò a stringermi forte a sé, come se potesse proteggermi dal mio stesso dolore. Sentii il suo calore, il suo battito cardiaco e pian piano, l'angoscia placarsi. Lui era il mio rifugio, il mio sostegno e in quel momento tutto ciò che desideravo era lasciarmi andare tra le sue braccia. Dopo qualche minuto, quando il mio respiro si fece più regolare, Kyojuro si staccò leggermente da me e mi guardò negli occhi. «Non devi combattere questa battaglia da sola, Hana. Io sono qui, sempre. Per favore, lasciami aiutarti.»

𝐈'𝐋𝐋 𝐋𝐎𝐎𝐊 𝐀𝐅𝐓𝐄𝐑 𝐘𝐎𝐔┊ℝ𝕖𝕟𝕘𝕠𝕜𝕦 𝕂𝕪𝕠𝕛𝕦𝕣𝕠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora