𝗗𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗠𝗲𝗱𝗶𝗰𝗶𝗻𝗮 𝗮𝗹 𝗩𝗲𝗹𝗲𝗻𝗼

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Le sue mani mi stringevano forte i polsi, le punte dei nostri nasi toccandosi appena, le labbra a pochi centimetri dalle mie. Quel respiro caldo e piacevole era come una coccola, una dolce carezza. Gli sorressi lo sguardo, perdendomici dentro.

«Che ci fai qui?» domandai con fare tranquillo, quasi rilassato.

«Dovrei farti io questa domanda.»

Girai leggermente il capo di lato,  osservando con attenzione. Il buio della notte, illuminato solo dalla Luna e dalle fioche candele aromatizzate al glicine accese all'interno della tenda, non mi permisero di poter vedere chiaramente la persona sopra di me. Ciò che riconobbi nell'immediato furono i suoi occhi, brillanti di luce propria: spiccavano in mezzo alle tenebre come luminose fiaccole ardenti. «Puoi lasciarmi andare, signor Rengoku

Egli strinse un po' di più la presa, negando con la testa. «Non posso fidarmi di te se continui a sfuggire.»

Non posso fidarmi di te.

Quella frase echeggiò nella mia mente facendomi irrigidire. D'un tratto tutto mi parve vuoto, effimero. Mi sentii imbottigliata, faticai a prestare attenzione ai suoni a me intorno e anche la vista mi parve limitata. Ero entrata in un altro dei miei stati di trance ai quali riuscivo a sottrarmi solo con il dolore fisico; tuttavia in quel momento mi era impossibile farlo.

Odiavo la mia ipersensibilità, il modo in cui le piccole cose riuscivano a toccare nervi scoperti, destabilizzandomi a tal punto. Odiavo il nodo alla pancia che mi si creava ogni volta, la vista annebbiata, le orecchie tappate e quella vocina fastidiosa che mi vessava, ripetendomi di continuo quanto fossi una fallita, un'insignificante ammasso di materia nata senza uno scopo preciso e, più di tutto, odiavo me stessa per essere così. Spesso mi domandavo come mai non riuscissi a trovare la forza di porre fine alla mia esistenza, dal momento che ero così insignificante da non riuscire a tenere a bada le mie emozioni senza l'autolesionismo.

A riportarmi alla realtà furono degli scossoni. «Ehi, che ti prende?»

Il mio sguardo, inizialmente fisso su un punto casuale del cielo, venne posato sul suo volto, facendomi rinsavire. «E-eh?»

Egli mi lasciò, mettendosi a sedere a terra a gambe incrociate. Non volendomi sentire in difetto decisi di alzare anche io la schiena, ritrovandomi anch'io seduta dinanzi a lui.

«Ti senti bene?» mi chiese, scrutandomi con accortezza.

Diamine, mi sono dissociata nuovamente ... per giunta proprio davanti a lui. Ma che diavolo mi è passato per la testa?!

«U-umh ...» annuii, chinando il capo.

Incrociò le braccia. «Non direi affatto.»

«S-si, sto benone. Mi hai solo colta alla sprovvista, credevo fossi qualcuno di pericoloso ...» dissi a voce bassa, giocherellando con i pollici.

«Tipo chi?»

«Tipo un demone, che ne so ...»

Repentinamente percepii una bizzarra sensazione addosso, stranamente iniziandomi a pentire della risposta che gli avevo dato.

«Senti.» mi prese per il mento in modo da potermi guardare in volto. «Adesso basta giocare: mi devi dire quello che sta succedendo. Se mi menti me ne accorgerò, quindi è bene per te non inventare scuse.»

La sua serietà mi spiazzò: mai nella mia vita avrei pensato di vederlo arrabbiato. Rengoku era sempre stato una presenza solare e rassicurante, ma ora i suoi occhi erano duri come l'acciaio, e il suo tono non ammetteva repliche. Deglutii a fatica, cercando di trovare le parole giuste.

𝐈'𝐋𝐋 𝐋𝐎𝐎𝐊 𝐀𝐅𝐓𝐄𝐑 𝐘𝐎𝐔┊ℝ𝕖𝕟𝕘𝕠𝕜𝕦 𝕂𝕪𝕠𝕛𝕦𝕣𝕠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora