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Mi fermai davanti alla porta del laboratorio di Hanazuki, esitando un attimo prima di bussare. Sapevo bene che quando si immergeva nei suoi esperimenti, il tempo sembrava non avere più importanza. Tuttavia, non preoccuparmi almeno un po' per lei era totalmente impossibile, specialmente considerando le cose che le avevo visto provare.
«Si, vieni pure!» rispose, la sua voce allegra dall'altra parte della porta. Aprii dunque la shoji e fui accolto dalla vista della mia ragazza concentrata su un banco pieno di provette, becher e sostanze di ogni colore. Il laboratorio pareva un arcobaleno liquido e, lei, era nel mezzo di tutto, con i capelli legati in una coda alta e lo sguardo intenso.
«Cosa combini?» le chiesi, avvicinandomi per dare un'occhiata.
Ella alzò lo sguardo dal suo lavoro e mi sorrise. «Sto sperimentando una miscela per un creare un nuovo tipo di antisettico. Devo solo trovare la giusta combinazione ...» si interruppe, guardandomi con quegli occhi scintillanti di entusiasmo. «Ma non preoccuparti, sto facendo tutto con attenzione.»
Non potei fare a meno di sorridere. «Sai che mi preoccupo lo stesso, Hana. Sei sicura che sia sotto controllo?»
«Assolutamente.» rispose, anche se il suo tono non mi convinse del tutto. «Ho fatto tutte le misurazioni necessarie e ho studiato attentamente la reazione. Non c'è motivo di preoccuparsi.»
Annuii, cercando di fidarmi del suo giudizio. Ma non potei fare a meno di aggiungere: «Solo, per favore, stai attenta. Non voglio che succeda qualche casino.»
«Lo prometto!» esclamò con sicurezza, tornando immediatamente a mescolare qualche sostanza.
Decisi di darle un po' di spazio, così mi girai per andarmene. Avevo appena raggiunto l'uscita quando un improvviso calore mi colpì alle spalle, seguito da una luce accecante e un boato assordante. Mi voltai di scatto, il cuore in gola, realizzando immediatamente cosa fosse successo: un'esplosione.
E lì, in mezzo a tutto il trambusto, c'era lei: il viso completamente coperto di polvere nera, i capelli spettinati come se avesse appena combattuto contro un tifone e un'espressione sorpresa stampata sul volto. La guardai, incapace di credere a ciò che vedevo.
«H-Hanazuki!» mi precipitai al suo fianco, prendendole le guance. «La vista? Come sta la vista?» domandai, il panico sempre più evidente in me. «Ti è andato qualcosa negli occhi? ... e le orecchie? I timpani come stanno?»
«Kyo'- ...»
«Si può sapere che ti è passato per la testa?!» la sgridai. «Possibile che tu debba essere sempre tanto spericolata?»
L'artefice di tutto continuava a fissarmi in silenzio con un'espressione tra la confusione e il divertito. Solo quando smanettava nel suo laboratorio, accingendosi a creare o studiare cose nuove, potevo vedere la vera lei, quella non manipolata dal mostro che l'accompagnava ormai da svariato tempo. Mentirei se non dicessi di sentirmi quasi inutile, come potevano dei semplici esperimenti rincuorarla e farla felice più del sottoscritto? Cosa sbagliavo? O sembrava tanto spensierata perché sapeva che, se avesse sbagliato qualcosa, le possibilità di perdere la vita erano elevate? Quei pensieri cominciarono a divorarmi dall'interno.
