VII

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Giorgio's pov

Arrivati nell'ufficio del preside la situazione andò soltanto a peggiorare. Vennero chiamati i genitori del ragazzo e, assieme a Ettore, parlarono dell'accaduto con il preside.
«Buon pomeriggio signori, mi dispiace che siate dovuti correre qui di corsa ma vostro figlio ha avuto un comportamento inaccettabile in classe. Ha insultato la professoressa in modo molto grave, e non possiamo tollerare questo tipo di atteggiamento nella nostra scuola.» Il preside, un uomo di mezza età con un'espressione severa, guardava i genitori di Ettore con disappunto mentre parlava.
Io ero lì, osservando la scena con un nodo allo stomaco. Sentivo il peso di ogni parola, come se fossi stato io a insultare la professoressa. Non riuscivo a credere che fosse arrivato a questo punto, e sapevo che gran parte della colpa era mia. Non ero riuscito a proteggerlo abbastanza, non ero riuscito a evitare che cadesse sotto l'influenza di Alex. La madre di Ettore, una donna con un viso gentile ma ora segnato dalla preoccupazione, parlò per prima.
«Signor Preside, mi dispiace molto per quello che è successo. Non capiamo cosa possa aver spinto nostro figlio a comportarsi così. Non è da lui.» Suo marito annuì, il volto era duro ma altrettanto preoccupato.
«Capisco, signora. Ma dobbiamo comunque prendere dei provvedimenti. Non possiamo lasciar correre un episodio così grave. Ettore sarà sospeso per una settimana. Speriamo che questo tempo serva a riflettere su quanto accaduto e a capire che certi comportamenti non saranno più tollerati.» Continuò il preside. Il volto della madre di Ettore si contorse in un’espressione di dolore, mentre il padre chiuse gli occhi, evidentemente frustrato. Ettore si sentiva in colpa, si vedeva da lontanissimo, ma la sua espressione cambiò dopo che il demone gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
«Meglio così.» Iniziò lui, con un sorrisetto strafottente stampato in volto. «Una settimana di vacanza lontano da questo fottutissimo buco di culo e da tutte le zoccole che credono di saper insegnare qualcosa.» La mamma e il padre di Ettore erano sotto shock, così anch'io e il preside. Alex, invece, sorrideva fiero del suo pupillo. Avrei voluto prenderlo a schiaffi in una maniera incredibile.
«Non si preoccupi, signor preside. Ci assicureremo che Ettore capisca la gravità della situazione,» disse il padre, alla fine, con tono severo mentre guardava malissimo il figlio.
Uscimmo dall'ufficio del preside e il silenzio che regnava nella famiglia era carico di tensione.
«Credo di aver vinto anche sta volta, angioletto.» Esclamò Alex, ma non gli diedi retta.
Arrivammo a casa e il silenzio che dominava venne spezzato dal suono di uno schiaffo.
«Sei per caso stupido?» Era il padre che urlava contro il figlio. «Rispondere male al preside? Sei serio, Ettore? Vuoi farti espellere per caso? Se continui così lo sai dove finirai in futuro? Sotto un ponte.» Il ragazzo ingoiò a vuoto e abbassò lo sguardo. La madre sembrava delusa ma, allo stesso tempo, aveva pietà del figlio. «Corri subito in camera tua e non farti vedere fino all'ora di cena.» Concluse, in fine, l'uomo. Ettore non se lo fece ripetere due volte, corse subito in camera sua e chiuse la porta a chiave. Il ragazzo si era messo sul letto con gli occhi lucidi, mentre cercava di trattenere le lacrime.
«Hey Ettore.» Gli dissi io, essendomi accanto a lui. «È tutt'ok. Hai sbagliato, si, ma non fa nulla. Tuo padre è stato un po' pesante, ma ciò che voleva dirti era che non dovresti rispondere male ai professori.» Il ragazzo tirò su col naso e si asciugò gli occhi. Sul viso aveva un sorrisetto triste. «Dai,
fai un riposino così ti rilassi un po', va bene?» Gli accarezzai la guancia e fece come gli dissi, chiuse gli occhi e subìto si addormentò.
«Stronzate.» Se ne uscì Alex d'un tratto.
«Senti, tu devi stare solamente zitto perché ti stai comportando da idiota e anche da grandissimo ipocrita.» Il demone alzò un sopracciglio, fece per parlare ma lo precedetti. «Prima difendi il ragazzo e picchi degli umani andando contro il tuo dovere, poi, però, cerchi di rovinargli la vita facendolo sospendere e quasi espellere. Ok, sei un demone quindi è il tuo dovere, ma se proprio non tieni a quel ragazzo non vendicarlo andando a picchiare gli umani.» Mentre parlavo mi avvicinai sempre più a lui, fino a essere quasi faccia a faccia -io ero più basso, quindi non proprio faccia a faccia. Il demone non disse nulla, si limitò a leccarsi il labbro inferiore e, infine, a sparire. Lo odiavo, lo odiavo così tanto che avevo voglia di farlo resuscitare a suon di schiaffi.

𝒜𝓃𝓰ℯ𝓁𝒾𝒸 𝒽ℯ𝒶𝓇𝓉 ~Thebadnauts~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora