CAPITOLO 13

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Isabel

Quando mi svegliai la mattina, la luce del sole filtrava attraverso le tende, illuminando la stanza con un bagliore soffuso. Mi sentivo come se la testa mi scoppiasse, ogni battito del cuore sembrava amplificare il dolore. Mi strofinai gli occhi con la mano e mi girai lentamente, cercando di ricordare come fossi finita qui. I ricordi della sera precedente erano sfocati, mescolati tra loro come un puzzle di cui mancano pezzi.

Mi misi a sedere sul letto, la testa era ancora pesante. Presi il telefono sul comodino e vidi una serie di notifiche. Erano messaggi da Nik. Li aprii con un misto di curiosità e apprensione.

Mi dispiace per ieri sera. Non avrei dovuto lasciarti sola così. Sei riuscita a tornare a casa sana e salva?

Mi sento una merda per averti persa di vista. Fammi sapere se stai bene.

Scorsi i messaggi, notando il tono di preoccupazione nelle sue parole. Mi sentivo un po' in colpa per essere sparita così, ma allo stesso tempo una parte di me era sollevata dal fatto che almeno lui avesse notato la mia assenza. Risposi rapidamente, cercando di minimizzare l'accaduto.

Non preoccuparti, sto bene. Lucas mi ha riportata a casa. Grazie per esserti preoccupato, comunque.

Inviai il messaggio e appoggiai il telefono sul letto, tirando un sospiro profondo. Il solo pensiero di dovermi alzare mi fece sentire esausta, ma sapevo che avrei dovuto affrontare la giornata. Lentamente, mi trascinai fuori dal letto e andai in bagno, mi guardai allo specchio e vidi i segni di una notte troppo lunga: occhi gonfi, capelli spettinati, trucco sbavato. Aprii il rubinetto e mi lavai il viso, sperando che l'acqua fredda potesse riuscire a svegliarmi un po'.

Quando mi diressi in cucina, la casa era silenziosa. Mi resi conto che eravamo solo io e Lucas. I nostri genitori dovevano essere usciti, probabilmente a fare compere, visto che il sabato mattina era il loro momento preferito per farlo. Trovai Lucas seduto sul bancone della cucina, intento a leggere qualcosa sul suo telefono. Quando mi vide entrare, alzò lo sguardo e mi osservò con un'espressione indecifrabile.

"Buongiorno," mormorai, la mia voce ancora roca per il sonno.

"Mattinata dura?" Mi chiese lui, con un tono leggermente divertito ma allo stesso tempo provocante.

"Sì, qualcosa del genere", risposi, avvicinandomi al frigorifero per prendere una bottiglia d'acqua. Mentre stavo bevendo, riuscivo a sentire il suo sguardo su di me, come se stesse valutando cosa dire dopo.

"Ti ho vista uscire dal bagno ieri sera", disse infine, con una voce quasi monotona. "Un attimo prima c'era dentro Michael. Cosa ci facevi con lui?"

Mi bloccai per un attimo, sorpresa dalla sua domanda diretta. La sua curiosità era palpabile, ma il suo tono non suggeriva preoccupazione, piuttosto una sorta di curiosità fredda, quasi distaccata.

"Niente", risposi lentamente, cercando di mantenere la calma. "Volevo solo andare a sciacquarmi la faccia. Sono entrata e l'ho trovato lì. Tutto qua".

Lucas mi guardò intensamente, i suoi occhi azzurri penetranti cercavano di scrutare oltre la superficie delle mie parole. "Davvero?" Chiese, sollevando un sopracciglio. "Perché sembrava tutto tranne che una conversazione tranquilla quando ti ho vista uscire".

Sentii una fitta di fastidio al suo tono accusatorio. "Non c'è stato niente", ribadii, cercando di sembrare più sicura di quanto mi sentissi in realtà. "Lui era solo... strano, come al solito. Non c'è molto altro da dire".

Lucas sorrise leggermente, ma era un sorriso che non arriva ai suoi occhi. "Michael può essere un vero stronzo, lo so", disse con un'alzata di spalle. "Ma ti consiglio di stare attenta con lui. Non è il tipo che cerca qualcosa di duraturo con le ragazze, lui è più uno da una botta e via".

Annuii, anche se il modo in cui stava parlando di Michael mi fece sentire a disagio. Come se sapesse qualcosa che io non sapevo. "Lo so", mormorai. "Non ho intenzione di avvicinarmi troppo a lui".

Lucas annuii lentamente, poi si alzò dal bancone, allungando le braccia in un gesto pigro. "Bene", disse, la sua voce era tornata a essere più leggera, quasi distratta. "Spero che tu stia meglio dopo una doccia e una bella colazione. Io vado".

Lo guardai mentre si avviava verso la porta, chiedendomi cosa stesse realmente pensando. Era sempre così difficile capire cosa stesse passando per la sua testa.

"Lucas", dissi di botto. "Grazie per ieri... insomma, per avermi portata a casa con te".

Annuì e quando la porta si chiuse dietro di lui, mi ritrovai sola con i miei pensieri. Le parole di Lucas continuarono a ronzarmi nella testa, e non potei fare a meno di chiedermi cosa sarebbe successo se non fossi stata così ubriaca la sera prima.

Presi un'altra lunga sorsata d'acqua, cercando di scacciare quei pensieri e promettendomi di concentrarmi su cose più semplici. Ma una parte di me sapeva che non sarebbe stato così facile dimenticare quello sguardo penetrante e le parole taglienti di Michael.

AMORE E CAOS A MANHATTANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora