CAPITOLO 41

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Isabel

Il giorno seguente, in università, il pensiero di Lucas che non era rientrato a casa la notte precedente continuava a tormentarmi. Nonostante la tensione tra noi, l'idea che fosse nei guai mi aveva lasciato un senso di inquietudine. Decisi così di chiedere a Nik se sapesse qualcosa di più. Lo trovai davanti all'aula di letteratura, intento a sistemare alcune carte nel suo zaino.

"Nik", lo chiamai, avvicinandomi. "Hai un minuto?"

Si voltò verso di me, un sorriso rilassato apparve sul suo volto. "Sempre per te, Isabel. Cosa c'è?"

Esitai un attimo, non sapendo bene come iniziare. "So che può sembrare strano, ma... volevo chiederti se sai qualcosa su quello che è successo ieri... e su Lucas."

Nik sembrò perplesso. "Lucas?"

Annuii, mordendomi leggermente il labbro. "Sì, ieri è stato convocato in presidenza insieme ad altri della squadra di football, ma quando sono andata da lui per chiedere spiegazioni non è voluto entrare nei dettagli. E... non l'ho sentito rientrare a casa ieri sera. Sono preoccupata."

Nik mi guardò, il suo sguardo si fece più serio. "Sinceramente, non so molto. Ho solo sentito qualche voce nei corridoi, nulla di concreto. Qualcuno parlava di uno 'scherzo' al preside, ma nessuno sembrava saperne i dettagli."

Uno scherzo? Nik era la seconda persona che parlava di un certo scherzo da parte dei ragazzi nei confronti del preside. Cercai di rimettere insieme i pezzi, ma tutto mi sembrava confuso e frammentato.

"Mi dispiace, Isabel" disse Nik, posando una mano gentile sulla mia spalla. "Ma non preoccuparti troppo. Lucas è sveglio, saprà badare a se stesso."

Sorrisi debolmente, anche se le sue parole non mi rassicuravano del tutto. "Grazie, Nik. Spero tu abbia ragione."

Lui mi rivolse un sorriso sincero, come per infondermi coraggio. "Magari chiediamo in giro nei prossimi giorni. Qualcuno potrebbe sapere qualcosa in più."

Apprezzai davvero la sua premura, e mentre ci incamminavamo insieme verso l'aula successiva, mi resi conto di quanto fosse piacevole avere accanto qualcuno che mi ascoltasse senza giudicare. Le lezioni passarono tranquille, e nonostante la preoccupazione per Lucas, mi sforzai di rimanere concentrata, soprattutto perché Nik continuava a distrarmi con piccoli scherzi e battute sussurrate, riuscendo ogni volta a strapparmi un sorriso.

Quando arrivò l'ora di pranzo, lui mi accompagnò alla mensa, insistendo che ci prendessimo un momento per rilassarci. Scegliemmo un tavolo vicino alle finestre, lontano dalla confusione, e ci mettemmo a chiacchierare del più e del meno. Nik raccontava di un progetto universitario che stava seguendo, e io mi lasciai andare a qualche confidenza sui miei piani per il futuro.

Tuttavia, a un certo punto, il mio sguardo venne attratto da un gruppo di persone sedute a qualche tavolo di distanza. Era la squadra di football, e lì, in mezzo agli altri, c'era Michael. Stava parlando con un paio di ragazzi, ma ad un certo punto i suoi occhi incrociarono i miei. Lo sguardo che mi rivolse era intenso, quasi possessivo, come se rivendicasse una parte di me che non avevo mai acconsentito a cedere.

Il suo viso non tradiva nessuna emozione evidente, ma i suoi occhi erano fissi su di me, quasi come se volesse marcare il suo territorio. Sentii un brivido percorrermi la schiena, e il cuore accelerare. C'era qualcosa di strano in quello sguardo, un misto di gelosia e sfida che mi lasciava inquieta. Provai a ignorarlo, cercando di concentrarmi su quello che Nik mi stava dicendo, ma sentivo gli occhi di Michael puntati su di noi.

"Isabel, tutto ok?" chiese Nik, accorgendosi della mia distrazione.

"Eh? Sì, sì... scusa, mi ero solo persa un attimo", risposi, sforzandomi di sorridergli.

Nik annuì, accettando la mia risposta senza fare altre domande. Ma, anche mentre continuavamo a pranzare e lui mi raccontava le sue storie, io non riuscivo a non sentirmi osservata.

Dopo una ventina di minuti di sguardi persistenti, durante i quali Michael sembrava non staccare mai gli occhi da me, decisi che ne avevo abbastanza. L'intensità con cui mi osservava mi metteva a disagio e non riuscivo a concentrarmi su nulla. Dissi a Nik che avrei dovuto sbrigare una cosa e mi alzai, dirigendomi con passo deciso verso il tavolo della squadra di football, dove Michael era seduto in mezzo a un gruppo di giocatori intenti a scherzare rumorosamente tra loro.

Appena mi avvicinai, il tavolo cadde nel silenzio per qualche istante, per poi riempirsi di schiamazzi e risatine maliziose. Alcuni ragazzi mi lanciarono occhiate di apprezzamento, e uno di loro mi fece un cenno con un sorriso fin troppo complice.

"Ehi, bellezza, finalmente hai deciso di fare un salto da noi?" ridacchiò uno, alzando le sopracciglia.

"Tranquilli, ragazzi, lasciate che la principessa venga a chiedere udienza da Michael", aggiunse un altro, scatenando un'altra ondata di risate.

"Probabilmente se lo vuole scopare!" Altre risate.

Michael li guardò, impassibile, e alzò appena una mano. "Basta, ragazzi" disse con voce bassa e autoritaria, e nel giro di un attimo tutti i commenti e le risate cessarono. Mi guardò con quel suo sguardo provocatorio, aspettando che dicessi qualcosa.

Mi schiarii la voce, cercando di mantenere la calma, e lo fissai con fermezza. "Ma che diavolo vuoi? Perché continui a guardarmi così?"

Lui accennò un sorriso enigmatico, senza distogliere gli occhi dai miei. "Ragazzina, smettila di sentirti al centro dell'attenzione."

Mi sentii ribollire di frustrazione e irritazione, ma non mi fermai. "Senti, lasciamo perdere questa parte. Voglio sapere di Lucas", gli dissi, mantenendo lo sguardo fisso. "Non è tornato a casa ieri sera, e non riesco a trovarlo da nessuna parte."

Per un attimo, qualcosa nei suoi occhi sembrò cambiare, ma fu solo una frazione di secondo. La sua espressione tornò subito a quella sicurezza disinvolta che usava come maschera. "Lucas è adulto. Saprà prendersi cura di sé."

"Non è una risposta", ribattei, sentendo crescere l'impazienza. "E sai qualcosa, vero? Dov'è?"

Michael inclinò la testa, scrutandomi con un sorriso che pareva quasi prendersi gioco della mia preoccupazione. "Smettila. Lucas è in buone mani. Non sempre le persone vogliono essere trovate."

Quelle parole mi lasciarono una sensazione di inquietudine, come se ci fosse molto di più dietro il suo tono sicuro e tranquillo. Michael sapeva qualcosa, ne ero certa, ma qualunque fosse il gioco che stava facendo, sembrava determinato a non lasciarmi entrare nei suoi piani.

"Se c'è qualcosa che non mi stai dicendo, Michael..." mormorai, stringendo i pugni.

Ci fissammo ancora per qualche secondo, poi, senza aggiungere altro, mi voltai e tornai al mio tavolo, il cuore che batteva più forte di quanto volessi ammettere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 09 ⏰

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