Isabel
Dopo aver visto Michael e quella ragazza rossa baciarsi e pomiciare per tutto il locale, avevo capito che avrei avuto bisogno di distrarmi, così cominciai a bere. Uno, due, tre drink... ormai, dopo il quarto, avevo perso il conto. Ogni sorso era una piccola fuga dal dolore che mi stava divorando dentro. Avevo cercato di ridere alle battute di Lucas, di fingere che tutto stesse andando bene, ma il sapore amaro del rifiuto era troppo forte per essere ignorato.
Il locale intorno a me cominciò a girare un po'. Le luci sembravano più intense, i suoni più ovattati. Mi sentivo leggera, quasi come se stessi fluttuando. Quando mi resi conto di quanto fossi ubriaca, decisi che avevo bisogno di aria fresca, e successivamente di tornare a casa. Dissi a Lucas che sarei uscita un momento, ma con tutto il rumore e la folla accalcata in tutti i metri del locale, credevo che non mi avesse nemmeno sentita.
Mi feci strada tra la gente, cercando di trovare l'uscita. I volti mi passavano accanto come sfocati, e ad ogni passo mi sentivo sempre più confusa. Non riuscivo a vedere Lucas da nessuna parte, e la mia testa girava troppo per cercarlo a lungo. Riuscii finalmente a uscire dal locale e a trovare un po' di sollievo nell'aria fresca della sera.
Camminavo a zig zag lungo il marciapiede, cercando di raccogliere i miei pensieri. Mi sentivo persa, confusa, come se fossi in un sogno. L 'alcol rendeva tutto più difficile, ma allo stesso tempo, mi sentivo in qualche modo più libera. Libera dal dolore, libera dalla realtà che non volevo affrontare. Prima di trasferirmi a Manhattan, non avevo mai bevuto così tanto e non mi ero mai ubriacata, ma, anche se non mi piaceva molto il sapore dell'alcol, esso mi portava conforto, mi faceva sentire bene.
Poi, all'improvviso, lo vidi. Michael era proprio davanti a me. Non sapevo come e quando fosse arrivato, o se fosse uscito a cercarmi. Mi fermai e lo fissai, cercando di mettere a fuoco la sua immagine. "Isabel" mi chiamò con una voce che mi sembrava distante, quasi come un'eco. Non riuscivo a capire se fosse davvero lui o solo una proiezione della mia mente confusa.
Mi fermai, cercando di mantenermi stabile. "Michael?" balbettai, sentendo le parole che uscivano lente e impastate.
"Dio, Isabel, sei un disastro" disse, mentre fece un passo verso di me.
Mi sentii come se stessi per cadere, il mondo che mi girava intorno troppo velocemente. Cercai di rispondere, ma le parole mi sfuggivano dalla bocca, era come se non riuscissi a dire quello che in realtà volevo che uscisse dalla mia bocca. Prima che potessi rendermene conto, le mie gambe cedettero, e mi ritrovai in ginocchio sul marciapiede.
Michael fu veloce ad afferrarmi. Mi sollevò con facilità, come se fossi leggera come una piuma, e mi caricò in spalla. Riuscivo a sentire il calore del suo corpo mentre mi stringeva forte. "Andiamo, ti porto a casa" disse, e io annuii debolmente.
Mentre mi teneva in braccio, mi appoggiai contro di lui, sentendo il suo cuore battere contro il mio. Era una sensazione strana, confortante, ma allo stesso tempo dolorosa. Una parte di me voleva scappare, fuggire da lui e da quella sensazione di vulnerabilità, ma l'altra parte era troppo esausta, troppo ubriaca per opporsi.
Michael camminava con passo deciso, evitando le folle e cercando di proteggermi dai passanti. Ogni tanto, mi diceva qualcosa di rassicurante, ma non riuscivo a capire bene. Mi sentivo come se stessi galleggiando, il mondo intorno a me sfocato e confuso. Eppure, tra tutta quella nebbia, il profumo di Michael e il suono della sua voce erano l'unica cosa chiara.
Dopo un po' arrivammo alla sua macchina e mi fece sedere sul lato del passeggero. Mi adagiò in modo cauto e fu attento a sistemarmi e ad allacciarmi la cintura.
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AMORE E CAOS A MANHATTAN
ChickLitIsabel, una giovane ragazza di provincia, si trasferisce con sua madre nella lussuosa casa del nuovo compagno di quest'ultima, nel cuore di Manhattan. La vita che Isabel conosceva cambia radicalmente, catapultandola in un mondo di ricchezza e privil...