Capitolo due - Come mai sei qui?

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La Columbia era esattamente come l'avevo immaginata.

Quando chiusi lo sportello dell'auto di mio padre e mi voltai verso l'immensa struttura, mi resi conto che quello era il mio posto nel mondo.

Nell'immenso giardino si disperdevano centinaia di studenti e tutti avevano la felpa con il logo dell'università.

I ragazzi più grandi sembravano distribuire i depliant dei corsi da seguire e le cheerleader delle squadre sportive intonavano in coro il loro inno.

Era tutto perfetto.

Tutto come volevo io.

«Sophia.»

Mio padre mi riportò sulla terra, era lì che aspettava che lo salutassi.

Lo guardai e poi mi fiondai tra le sue braccia. Mi sarebbe mancato, da impazzire.

«Comportati bene mi raccomando, e se dovessi aver bisogno... lo sai puoi chiamarmi.»

«Lo so.» lo rassicurai affondando il viso nel suo maglioncino.

Avevamo sempre avuto uno strano rapporto noi due, era fatto di silenzi, di parole non dette ma capite, di sguardi che si comprendevano a vicenda. L'amore tra noi c'era, ma era sempre stato timido, riservato, solo per noi due.

La verità era che era lui il mio posto nel mondo, lo era sempre stato.

«Ti voglio bene papà.» gli dissi stampandogli un bacio sulla guancia «Anch'io te ne voglio.»

«Sophia!!» una voce stridula ci interruppe.

Mi voltai e alle mie spalle vidi Felice e dietro di lei Debora, anche loro erano appena arrivate.

«Ragazze!» corsi verso di loro e le abbracciai, ma soltanto dopo mi accorsi che accanto a loro c'era un'altra persona.

Tony.

Il mio ragazzo, o meglio, il mio ex ragazzo.

Aveva in mano un mazzo di rose bianche ed era lì immobile davanti a me come se si aspettasse
qualcosa di più.

Ci eravamo lasciati da settimane ormai, eppure lui era comunque lì, e in fin dei conti ne ero contenta.

«So che non sarei dovuto venire, ma eccomi qui.» mi porse il mazzo di fiori e io lo afferrai anche se sapevo benissimo di non meritarlo.

Lo avevo lasciato io.

E non perché non stessi bene con lui, o perché non lo amassi, ma le giornate con Tony non erano più così emozionanti come le prime volte. Più si avvicinava il giorno in cui sarei entrata alla Columbia e più cresceva la consapevolezza che avremmo condotto due vite totalmente diverse e separate anche da chilometri di distanza. Non potevo permettere che il dolore mi schiacciasse di nuovo, non volevo dipendere ancora una volta da un'altra persona.

Gli volevo bene, ma infondo sapevo che entrambi meritassimo di più, molto di più.

«Grazie.» gli diedi un bacio sulla guancia e poi gli scompigliai i capelli come ero solita fare con lui.

«Avrei voluto che tu ci fossi, quindi non scusarti.» gli sorrisi. Adesso però il momento dei saluti doveva finire. Dovevo lasciarmi tutto alle spalle perché davanti a me c'era l'opportunità più grande della mia vita.

Quando tutti se ne andarono, io Debora e Felice rimanemmo da sole in quell'immenso giardino.

«Peccato che non staremo tutte e tre nello stesso alloggio. Però dai ci vedremo lo stesso.»

«Almeno non ci stancheremo presto!» disse Felice interrompendo Debora.

Loro due avevano avuto la fortuna di finire nella stessa stanza, io invece ne avevo avuto una diversa.

Ma non mi importava molto. Anzi avrei avuto la possibilità di fare nuove amicizie, di sperimentare una convivenza diversa, e poi la loro stanza era nel mio stesso dormitorio quindi sarebbe bastato attraversare il corridoio per raggiungerle.

«Dai ragazze andiamo, ci aspettano.»
presi le valigie e le incitai ad incamminarci verso la segreteria dell'Università per completare l'immatricolazione. Sarebbe stata una giornata molto lunga e faticosa e forse era meglio cominciare al più presto.

Dopo un pomeriggio interminabile, finalmente infilai le chiavi, che mi avevano consegnato in segreteria, nella serratura della mia nuova stanza.

Allo scatto, tirai un respiro profondo. Volevo davvero che le cose andassero bene. Volevo divertirmi ma volevo soprattutto trovare me stessa in quel posto.

«Ciao!» appena aprii la porta, una ragazza rossiccia e con le lentiggini sul naso mi piombò davanti porgendomi la mano.

«Sono Emily... e tu dovresti essere la mia compagna di stanza!» annuii stringendole la mano per poi fare un passo avanti ed entrare in camera.

Chiusi la porta dietro di me e poggiai le valigie per terra «io sono Sophia, piacere di conoscerti. Mi dispiace se non sono molto presentabile... sono stanchissima»

«Macchè scherzi? Dai ti aiuto a sistemare le cose.»

Era gentile, e anche molto spiritosa.

Non la conoscevo ma stranamente mi sentivo a mio agio e questo bastò per farmi ambientare.

La stanza non era poi così grande, aveva due semplici letti divisi da un comodino, due scrivanie contro la parete, due armadi perfettamente identici e un bagno che avremmo dovuto condividere con la stanza adiacente.

Emily aveva già le sue cose nella sua metà di spazio.

Aveva riempito la sua parete con le polaroid, con i poster dei suoi cantanti preferiti e al centro della stanza c'era un grande telescopio.

Da lì capii che studiasse fisica e qualche ora dopo mi disse che fosse al secondo anno ed era lì già da un po'.

«Tu invece come mai sei qui?» mi chiese tutto d'un tratto, quando ormai eravamo entrambe nei nostri letti, ore più tardi.

«Seguirò il corso di Medicina.»

«Medicina? Ma è pazzesco!! E come mai?»

A quella domanda guardai la cornice sopra il mio nuovo comodino.

Ritraeva me e mia mamma qualche mese prima che si ammalasse e che morisse.

«Lo faccio per lei.» era la prima volta che lo dicevo ad alta voce ed era strano ammetterlo a me stessa, ma era così. Volevo diventare un medico, volevo salvare delle vite.

Volevo salvere tutte quelle Sophia che soffrivano per le loro mamme, volevo salvare le loro mamme, perché nella mia testa avrei voluto salvare la mia.

«Era molto bella sai? Le assomigli molto.» disse Emily sbirciando la cornice sul comodino.

Annuii semplicemente, aveva ragione, mia madre era bellissima.

«Lo so, adesso dormiamo, sono stanchissima e domani cominciano presto le lezioni. Buonanotte Emily.» mi coricai nel mio letto, sotto le lenzuola, e poi chiusi gli occhi. Il giorno dopo sarebbe stato emozionante e io contavo i minuti.

«Buonanotte Sophia.»

HEARTS - Quel filo che ci unisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora