Prologo.

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Avete presente la sensazione di conoscere una persona da tutta la vita? Quella persona sempre presente in ogni momento importante, in ogni occasione anche senza mai sfiorarsi veramente.

Con Daniel era sempre stato così.

Frequentavamo gli stessi posti fin da bambini, le stesse feste, le stesse famiglie, ma non ci eravamo mai parlati.

Avevo tredici anni quando successe per la prima volta. Io conoscevo tutto di lui, sapevo che avesse una sorellina più piccola nata da pochi mesi, una mamma e due papà, sapevo che il suo cane si chiamasse Rudy, ma non conoscevo ancora il suono della sua voce in risposta alla mia, se non per parole di circostanza come «Ciao.» o «Alla prossima.» fino alla festa di compleanno di Jenna.

Quella sera ci trovavamo tutti in cerchio attorno ad una bottiglia verde che, da secondi interminabili, continuava a girare senza fermarsi.

Fino a quando si bloccò proprio davanti a me.

«I-io?» balbettai come se non avessi provato a contare le persone accanto a me prima che quella bottiglia si bloccasse.

Ero sicura che il turno sarebbe toccato a Rose, invece avevo sbagliato i conti.

Stavo per avere i miei primi cinque minuti in paradiso nello sgabuzzino della casa di Jenna, e Daniel era proprio quello che aveva girato la bottiglia.

Mi alzai tremante, sistemando il mio vestitino rosa confetto e i capelli dietro l'orecchio.

«Daniel.»

«Daniel.» un coro si sollevò attorno a noi, non appena Daniel mi prese la mano, e quando alzò lo sguardo verso il mio mi resi conto che i suoi occhi fossero di un azzurro mare intenso e che la sua bocca aveva appena pronunciato il mio nome.

«Sophia, andiamo.» annuii, prima di ritrovarmi dentro una stanzetta di cinque metri quadrati e soltanto un lumino a separarci.

Dopo la chiusura della porta dietro di noi, passarono circa due minuti prima che uno di noi parlasse.

Ne mancavano soltanto tre.

E quello fu il mio pensiero fisso.

«Non saprei cosa fare, dimmi il tuo colore preferito.» rimasi sorpresa alle sue parole, avrei giurato di aver sentito dire da Jenna quanto fossero bellissimi i cinque minuti in paradiso con Daniel. Era questo che faceva? Chiedeva il colore preferito?

«Uh-m credo proprio l'azzurro. Il tuo invece?»

Era passato un altro minuto.

E poi un altro ancora.

E quando Daniel mi disse che il suo invece era il verde, diventammo amici.

Amici per davvero.

I cinque minuti in paradiso non mi avevano regalato il mio primo bacio con Daniel Miller.

Mi avevano dato Daniel e il suo colore preferito.

I giorni seguenti invece mi avevano fatto scoprire che amava il verde perché gli piaceva correre nei prati e poi buttarsi tra i fiori colorati, che la sua sorellina si chiamava Sole ma che non la vedeva spesso, e che il suo cane Rudy profumava di cupcake perché rubava la sua colazione ogni mattina.

Daniel aveva paura del buio, e quindi il papà gli aveva attaccato le stelle sotto al soffitto, ma gli piaceva anche suonare la chitarra e scrivere canzoni.

Ne aveva scritta una per il suo pesciolino rosso una volta, e io, avevo riso così tanto da cadere per terra sul suo tappeto di Cars fino a guardare quel soffitto pieno di stelle luminose.

Daniel era entrato nelle mie giornate come io nelle sue e le medie erano diventate più belle da sopportare.

Un giorno nel giardino di casa mia, davanti alla casetta sull'albero, giurammo che non ci saremmo mai lasciati andare.

«Non ti dimenticherai mai di me, vero?» mi chiese, come se avesse paura che io potessi farlo davvero.

«Perché dovrei? Le persone che si vogliono bene non si dimenticano mai.»

«Non è vero, lo fanno un po' tutti ultimamente con me, tu ci sei sempre invece.»

Aveva soltanto qualche mese in più di me, eppure sembrava già un adulto ai miei occhi. Anzi, era quello che Daniel voleva far credere sempre a tutti.
E invece non era così, soltanto io sapevo asciugare le sue lacrime da bambino, solo io riuscivo a capire perché dicesse quelle parole.

«Facciamoci una promessa.» gli dissi prendendo un bastoncino appuntito e subito dopo prendendo anche la sua mano.

«Incidiamo i nostri nomi su questo albero. Se lui è immortale, lo diventeremo anche noi, così saremo legati per sempre.»

Daniel prese il bastoncino che avevo tra le mani e dopo avermi stampato un piccolo bacio sulla guancia scrisse i nostri nomi.

«Aspetta un attimo qui.» mi disse lasciandomi lì con i piedi ancorati sotto l'albero mentre lui correva in casa. Lo vidi chiedere qualcosa a mia madre, sbirciai dalla porta aperta del giardino e poi subito dopo corse di nuovo verso di me.

Mi prese il braccio e mi avvolse attorno al polso un piccolo nastro rosso, dopo, fece lo stesso sul suo.
Non capivo cosa stesse facendo e cosa significasse, fino a quando non mi tese la mano e poi disse
«Sophia e Daniel, e il filo che ci unisce».

HEARTS - Quel filo che ci unisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora