27 settembre 2011, 23:00

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Caro diario, oggi ho fatto il primo incontro con la psicologa. E' stato abbastanza piacevole, avevo bisogno di farmi una chiacchierata con qualcuno. Dopo la fine delle lezioni mi sono diretta allo sportello d'ascolto, un'aula allestita come studio della psicologa. Ho bussato timidamente alla porta, e al suo "Avanti" sono entrata. Mi ha colpito subito lo studio, è diverso da come lo immaginavo: è molto colorato, ci sono dei disegni attaccati alle pareti. Tre lati della stanza sono coperti da scaffali con libri di ogni genere: medicina, psicologia, narrativa e testi teatrali. In un angolo c'era un lettino che mi ha messa in soggezione, ma la dottoressa mi ha fatto segno di sedermi di fronte a lei, dall'altro lato della scrivania. E' una donna abbastanza giovane, sulla trentina, e ha dei capelli corti e spettinati color rosso scuro.

- Tu devi essere Valentina.

- Si, dottoressa.

- Puoi chiamarmi Rossella. Perché sei qui?

A questa domanda è seguito un silenzio imbarazzante. Rossella ha deciso di romperlo e di mettermi a mio agio.

- Puoi fidarti di me, quello che mi dici resta tra noi.

- Lo so, dottoressa.

- Allora, per prima cosa dobbiamo porci un obiettivo per queste sedute. Pensaci.

- Vorrei essere normale

- La normalità è relativa, tutti siamo speciali a modo nostro. Cosa ti fa sentire diversa?

- Io... non ho amici.

- A questa età può capitare. Non hai ancora incontrato le persone giuste. Parlami un po' di te. Cosa fanno i tuoi genitori?

Ecco, sapevo che mi avrebbe fatto questa domanda, me la fanno tutte le persone nuove che conosco. A chiunque potrebbe sembrare banale, ma per me non lo è. È difficile rispondere.

Mi sono fatta forza:

- Mia madre insegna. Mio padre è morto quando avevo dieci anni, un incidente.

Questa è la prima bugia che le ho detto. Prima di andare avevo deciso che sarei stata sincera, ma non mi andava di raccontare i problemi della mia famiglia ad una perfetta sconosciuta. Chi mi diceva che potevo fidarmi di lei? So che gli strizzacervelli hanno il segreto professionale, ma era la prima volta che le parlavo e non sapevo fino a che punto potevo fidarmi.

- Mi dispiace, Valentina. Deve essere stato difficile per te.

Un'altra frase fatta, che negli ultimi anni mi sentivo ripetere ogni volta. Ho cercato di nascondere il mio fastidio e di cambiare argomento.

- Comunque sono qui per i problemi che ho in classe. Mi prendono in giro perché studio.

- Sei una ragazza ambiziosa?

Altra domanda difficile. La modestia non è mai stata il mio forte, voglio diventare qualcuno e avere un lavoro prestigioso. Stavolta le ho detto la verità.

- Si.

- Cosa vorresti fare da grande?

- Il professor Mancini pensa che debba fare la scrittrice. Io però vorrei diventare un medico o un ingegnere, devo ancora decidere, ma ho cinque anni di tempo.

- Valentina, scusami se abbiamo parlato solo per una mezz'oretta ma oggi ho altre tre persone da ascoltare. Ti do un compito: disegna la tua classe.

- Va bene signora. A matita? Pastelli o acquerelli?

- Ti ho detto che puoi chiamarmi Rossella, dobbiamo essere amiche. Come vuoi, hai la libertà più totale. Ci vediamo giovedì prossimo. Ciao, Valentina.

- Ciao, Rossella.

-

Uscendo dallo studio mi sono scontrata con Annalisa. Non sapevo che anche lei andasse dalla psicologa.

- Che ci fai qui?- mi ha detto con aria brusca.

- Ehm, ho visto la dottoressa.

- Ora è il mio turno, ci vediamo.

Sembrava che non avesse nessuna voglia di andarci e che fosse costretta da qualcuno. Mi sono fatta da parte per lasciarla passare, e l'ho sentita sbattere la porta alle sue spalle.

Mentre tornavo a casa mi ha assalito una sensazione di delusione, non so cosa mi ero aspettata, forse che la dottoressa risolvesse tutti i miei problemi con una bacchetta magica.

Quando sono tornata a casa mamma non era ancora rientrata da lavoro, allora mi sono sdraiata sul letto con il computer per vedere un film in streaming. Ho optato per "The Butterfly effect", un film fantastico. Parla di un ragazzo che riesce a rivivere dei momenti traumatici della sua infanzia per cambiarli, ragionando con la mente di un adulto ma nel corpo di un bambino. Mi ha fatto riflettere. Quante cose vorrei cambiare, a partire dal primo giorno di scuola di due anni fa...

Drinnnn

Mamma è tornata. Ho aperto la porta e mi fissava con aria seria. Mamma ha varie espressioni: quella raggiante, quando le capita qualcosa di bello, come tornare prima da lavoro o mangiare un dolce, quella stanca, quando rientra a casa, e quella seria. Gliel'ho vista solo in un paio di occasioni nella vita, l'ultima volta è stato quando mi ha detto che papà è morto. Non so cosa avesse in mente questa volta.

- E' scaduto il mio contratto, e ho accettato un altro incarico, ma ho più ore. E' una soluzione temporanea, ho bisogno di soldi, tu inizi a crescere e devo pagare il veterinario, il mutuo, la palestra, le bollette e tutto il resto.

- Quindi ci vedremo di meno?

- Solo per questo inverno, quando i ragazzi finiscono gli esami staremo sempre insieme.

- Non puoi rifiutare?

- Ho già firmato. Inizio domani. Vai ad apparecchiare la tavola.

Abbiamo cenato in silenzio. Sentivo un vuoto crescermi dentro. Vedo già poco mamma e da domani staremo insieme ancora di meno. Ho portato il cane a spasso da sola, girovagando per la città, sperando di incontrare Manuel, ma di lui non c'era neanche l'ombra. Di sicuro era con la ragazza bionda, probabilmente la sua fidanzata.

Sono tornata e mi sono messa a scrivere per sfogarmi. Caro diario, ora vado a dormire, domani.

As if I am not hereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora