5 ottobre 2011, 05:30

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Caro diario, sei l'unico con cui posso sfogarmi in questo momento. Non riesco a dormire, è un'ora che mi rigiro nel letto, mi sono svegliata in un bagno di sudore e con la faccia rigata di lacrime. Ho bagnato il lenzuolo e mi vergogno tantissimo, ho tredici anni e faccio ancora la pipì a letto.

Il solito incubo. Non ricordo quasi niente, tranne uno schianto e poi il suono assordante delle sirene che mi penetra nelle ossa e mi fa tremare. E poi una corsa, non so dove mi porta, mi sono svegliata quando ero senza fiato. E' passato più di un anno dall'ultima volta che ho fatto questo sogno e pensavo di essermelo lasciato alle spalle, ma evidentemente non è così, si è annidato in un angolo della mia mente e si è ripresentato dopo tanto tempo, durante questi mesi ho cercato di non pensarci ma mi sono illusa, una parte di me ne era consapevole e impiegava tutte le proprie energie a lottare e a respingere questi ricordi, ma il mio inconscio li ha trasformati in questo mostruoso incubo.

Il cuore mi batteva fortissimo, avevo paura che mi stesse per venire un infarto. A un certo punto ho sentito un dolore lungo il braccio sinistro e stentavo a respirare, mi sono detta "E' la fine" ma sono ancora qui. Era solo un attacco di panico.

Amico mio, è un'esperienza spaventosa, ti senti morire, ma dura solo una decina di minuti e poi passa, lasciandoti sfinita. Mi sono accasciata sul letto mentre sentivo il mio stomaco brontolare e mi sono ricordata che quel giorno dovevo pesarmi.

Sono entrata in bagno cercando di non fare rumore, mamma dormiva ancora e tra poco si sarebbe alzata per prendere il treno. Mi sono spogliata lentamente, avevo quasi paura, da un po' mi succede ogni volta che devo pesarmi, salgo sulla bilancia e resto per qualche minuto a fissare il muro davanti a me, prima di trovare il coraggio di abbassare lo sguardo.

Mi sono tolta i calzini e ho sentito il pavimento ghiacciato sotto i miei piedi, poi ho tirato fuori la bilancia dalla credenza e l'ho posizionata di fronte alla vasca, il luogo dove il pavimento è meno inclinato. Ho dimenticato di dirti che la bilancia non è molto precisa e spesso mi dà risultati ingannevoli. Stavolta, però, appena sono salita ero troppo ansiosa di conoscere il verdetto, e ho aspettato che l'ago si fermasse: 57. 5 kg.

Non ci credevo. Sono salita e scesa più volte, ma le cifre rimanevano sempre le stesse. Mi sentivo euforica, piena di energia, volevo quasi ballare. In pochi giorni avevo perso oltre un chilo e mezzo.

Mi sono fatta coraggio e sono andata davanti allo specchio che c'è sopra il lavandino. Ho chiuso gli occhi e poi li ho riaperti. Mi fissava una ragazza pallida, con i capelli corti, quasi da maschio. Ho abbassato lo sguardo. I fianchi erano voluminosi e formavano una curva dal punto vita fino al sedere, dove il mio corpo si allargava in maniera sproporzionata. Sulla pancia c'erano dei rotoli di grasso evidenti, li riuscivo a toccare e a giocherellarci.

Per un attimo ho pensato che la bilancia avesse mentito. Non mi vedevo per niente dimagrita, anzi ero identica a prima, sempre sformata e gonfia. Forse tutte le persone che avevano notato la mia perdita di peso me lo avevano detto solo per gentilezza, sapendo che sono a dieta.

Mentre riflettevo ho sentito una strana carica di energia invadermi le vene, come l'adrenalina. Devo fare di più. Da oggi salterò la cena, ho letto su internet che dopo le 18:00 il metabolismo rallenta, mi sono detta. E così farò, tanto mamma torna alle 21:00 e non si accorgerà di niente, appena arriva a casa è così stanca che guarda la tv per una mezz'oretta e poi crolla, spesso si addormenta sul divano.

5 ottobre 2011, 21:00

Sono di nuovo qui a scrivere, ti devo raccontare cosa è successo oggi a scuola. E' stata una giornata come tante altre, mi sono annoiata, ho preso appunti e ho cercato di seguire la lezione, anche se avevo una marea di pensieri riguardo all'incubo che mi frullavano nella testa e mi distraevano, tornavo sempre con il pensiero a quel momento. A un certo punto è passata una macchina della polizia sotto l'edificio, e ho sentito il cuore mancare un battito. Ma ero solo suggestionata, non era successo niente, però sono corsa in bagno per evitare che i miei compagni notassero la mia espressione allarmata.

Mi sono sciacquata velocemente la faccia, e ho alzato lo guardo, ero bianchissima. Forse un calo di zuccheri o semplice paura, l'anno scorso mi capitava spesso di sentirmi sul punto di svenire e quando avevo un incubo il girono dopo non andavo a scuola.

Quando sono tornata mi aspettava una spiacevole sorpresa. La professoressa Villa stava spiegando il volume del cilindro.

- Eccoti Valentina, dov'eri finita? Non sai che bisogna chiedere il permesso per andare in bagno?

- Mi scusi professoressa.

- Va bene. Vai a pagina 112 e vedi la formula, non posso rispiegare tutto daccapo.

Ho aperto il libro ma c'era un vuoto tra pagina 111 e 113. Poi ho notato una striscia di carta attaccata ad un angolo della pagina precedente, come se qualcuno l'avesse strappata. Mi sono guardata intorno, ho cercato sotto il banco e nello zaino, ma non c'era traccia del foglio.

- Cerchi questo?

Mi sono girata e mi è arrivata una pallottola di carta in faccia. Era Alessandro.

L'ho aperta ed era proprio pagina 112, ma sopra erano stati scritti degli insulti come "sfigata", "secchiona", "asociale", "idiota". La professoressa era di spalle, impegnata a risolvere un lungo esercizio alla lavagna, e non si è accorta di niente. Ma nessuno seguiva la lezione, tutti gli occhi erano puntati su di me, si aspettavano una reazione.

Li ho delusi, non volevo dargliela vinta, ho trattenuto le lacrime di umiliazione, mi sentivo frustrata e messa in ridicolo davanti a tutti. Ho srotolato la pagina e ho cercato di concentrarmi sulla lezione. Se li ignoro prima o poi si stancheranno, mi sono detta. Domani ne palerò con la psicologa e le chiederò un consiglio.

Sono tornata a casa e ho mangiato solo una mela, anche se morivo di fame, avevo bisogno di sfogarmi in qualche modo e sono andata subito in palestra, fa l'orario continuato.

Mentre correvo sul tapis roulant ho sentito la mente svuotarsi, non esisteva più niente, la classe era qualcosa di indistinto e irreale, la mancanza di mamma non mi pesava più così tanto. Contava solo lo sforzo che stavo facendo, un passo dopo l'altro, fissavo il timer mentre i minuti scorrevano.

Sono tornata a casa dopo due ore e ovviamente era vuota. Mi ha accolto solo Romeo, facendomi le feste e leccandomi le mani. Prima di iniziare a fare i compiti ho deciso di chiamare mia nonna, non la sentivo da quasi un mese.

- Pronto, chi è?

- Sono Valentina, nonna.

- Ciao Vally!

Solo lei ha il permesso di chiamarmi così, è il soprannome che mi dava quando ero piccola. Allora passavamo tanto tempo insieme, posso dire che mi ha cresciuta lei, perché mamma era sempre a lavoro e papà...

- Hai iniziato a andare a scuola?

- Si, da quasi un mese.

- Scommetto che hai tutti dieci. E le amiche?

- Tutto bene, ho delle compagne fantastiche e studiamo sempre insieme.

- Che bello! Chissà come sei cresciuta.

Come al solito ho mentito, ormai è diventato un vizio. Dico bugie su bugie, sul cibo, le compagne, la famiglia... Ma non volevo che nonna si preoccupasse. Ha già i suoi problemi, si è trasferita a Milano un paio di anni fa perché è rimasta bloccata su una sedia a rotelle per l'età, e mia zia si prende cura di lei. Mi mancano le nostre lunghe passeggiate, quando ero piccola mi portava al parco a giocare con i nipoti delle sue amiche e mi comprava sempre un gelato enorme, so di essere la sua nipote preferita e mi viziava.

Mi sono informata sulla sua salute e abbiamo ricordato i bei tempi, ma poi ha dovuto attaccare perché è tornata mia zia e voleva portarla a fare un giro in centro.

Il tempo è volato mentre studiavo e la giornata è quasi finita, ora che scrivo è appena tornata mamma e mi sento stanca, ieri ho dormito poco, penso proprio che adesso andrò a letto. Buonanotte.

As if I am not hereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora