Qualcuno deve morire

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Dwight tirò il telefono dall'altra parte della reception e scostò la tenda per sorvegliare la stanza numero 5.

«Tra quanto sarai qui?... Cosa? No. Non è ancora uscita dalla sua camera... So che devo tirarla fuori da lì. Ho già un'idea, non devi agitarti... Davvero? Ottima notizia. Preoccupati soltanto di portarmi quella famigliola e basta.»


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Greta grattò con l'asta della tenda della doccia il mastice attorno alla minuscola finestrella del bagno situata sopra al gabinetto, finché non fu sorpresa da un improvviso sfogo di pugni contro la porta. Corse nella stanza tenendo l'asta come se fosse un'arma.

«Greta! Greta! Apri la porta!»

Lei guardò attraverso lo spioncino e vide Kimberly in piedi, lì davanti, ferita e sanguinante. Strappò via la catenella, spalancò la porta, la tirò dentro e poi richiuse. Kimberly crollò sul letto.

«Cosa ti è successo? Stai bene?»

«Il poliziotto ha cercato di farmi del male. Sono scappata e mi sono nascosta in una delle altre stanze.»

Greta bagnò un asciugamano, si sedette accanto a lei pulendole il sangue e lo sporco dal viso.

«Se non ce ne andiamo subito, Greta, ci uccideranno.»

«Volevo farlo, ma poi ho visto Stan. E' ancora qui.»

«Se ne sono andati, Greta. Ci hanno lasciato per sempre. Sono morti.»

«Come fai a dirlo?»

«Ho visto il luogo dove li hanno uccisi. Lì, al piano di sopra. Sono morti proprio sopra di noi, Greta. Anche il poliziotto fa parte di questo orrore. E' un complice.»

L'immagine di Stan "vivo" alla finestra del secondo piano balenò nella mente di Greta. Kim stava forse mentendo? Ma perché avrebbe dovuto farlo?

«Io dico di scappare.»

«Come facciamo? sono lì fuori, ci prenderanno.»

«Non ho nessuna intenzione di aspettare per poi morire qui»

«Non abbiamo più le chiavi della Pontiac. Anche volendo, come ce ne andremo?»

«La cassettiera della camera accanto... Ho visto che contiene dei mazzi di chiavi per auto... Potrebbero essere lì.»

«Okay. Andiamo.»

Greta aiutò Kimberly ad alzarsi e ad andare verso la porta. Poi tirò via la tenda e vide che il parcheggio era libero. «Non li vedo da nessuna parte.»

«Allora, non perdiamo altro tempo.»

Greta tirò indietro la catenella e aprì la porta. Afferrò il braccio sinistro di Kimberly e se lo avvolse intorno alle spalle.

«Grazie per avermi aiutato.»

«Va tutto bene.»

«Sono fortunata ad avere un'amica come te»

«Pensiamo solo a tornare a casa.»

Lasciarono la camera 5 e si diressero rapidamente verso la camera 6. Greta cercò di aprirla.

«E' chiusa a chiave.»

«Ce l'ho io. L'ho presa quando sono scappata.» Kimberly tirò fuori una chiave dalla tasca dei jeans e aprì la porta.

Greta l'aiutò a entrare e chiuse la porta bloccandola con la catenella. Accese la luce e aiutò Kimberly a sedersi su una sedia. Scrutò la stanza. Era pulita e in ordine.

«Com'è possibile? Sembra tutto così assurdo», disse Greta.

«Le chiavi sono in uno dei cassetti più in alto.»

Greta girò intorno alla stanza e vide la lima per le unghie incastrata nella cucitura tra la moquette e il muro. s'inginocchiò e se la infilò in tasca.

«Era buio. Non riuscivo a vedere. Ma credo che si trovassero in uno dei cassetti più in alto.»

Greta aprì lentamente il cassetto in alto a sinistra: era vuoto.

«Qui non c'è niente.»

«Prova l'altro.»

Aprì lentamente il cassetto in alto a destra: vuoto anche questo.

«Ti ricordi il giorno che ci siamo viste per la prima volta?» le chiese Greta

«E' successo parecchio tempo fa.»

«Non direi così tanto... Ti ricordi cosa ti ho detto?»

«Ovviamente.»

«E cosa ho detto?»

Seguì una risata rotta e inappropriata.

«Che avrei bevuto la tua nima.»

«Bel tentativo...»

«Greta tirò fuori la lima per unghie. La luce si spense d'improvviso, si girò, ma colpì l'aria.»

Quando riaccese la luce, vide che Kimberly se n'era andata. Greta cadde in ginocchio convinta di stare impazzendo. Poi la stanza cominciò a ronzare. Un rumore debole ma continuo che proveniva dal bagno. Si mise in tasca la lima per unghie e corse verso la porta. Il tlack si fece più forte. Spalancò la porta e corse fuori nel parcheggio...


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Greta smise di correre quando l'auto dell'agente Brown le sbucò davanti. Vide tre giovani figure, una ragazza e due adolescenti; un maschio e una femmina sedute sul sedile posteriore.

«Scappate! Vogliono uccidervi! Andatevene via da qui. Fuggite!»

L'agente Brown si tirò fuori dall'auto e le si avvicinò. «So che sei scossa per quello che è successo. Sei sotto shock. Lascia che ti aiuti.»

Greta gli agitò davanti le mani con violenza mentre lui cercava di calmarla. «Scappate finché potete! E' un assassino! Sono tutti degli assassini!»

Si liberò da lui e corse verso la reception. L'agente Brown fece segno alla famigliola di restare in macchina e la seguì.


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Greta spalancò la porta. Si tuffò verso il telefono e lo sollevò. C'era segnale, la linea prendeva. Digitò il 911 e sollevò la cornetta all'orecchio proprio mentre un manganello la colpì sulla nuca. Sbatté sul pavimento e lentamente perse i sensi con l'agente Brown sopra di lei che la fissava negli occhi. Quando le parlò, la sua voce le arrivava lontana e ovattata.

«Sai, dolcezza, qualcuno deve morire... Deve sempre morire qualcuno.»

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