- Tirati su, cane. - sibilò la voce di donna che aveva già sentito, - Qualcuno vuole vederti.-
Le braccia forti di due uomini lo misero in piedi, afferrandolo sotto le ascelle.
Le gambe gli tremavano per i troppi giorni d'inerzia e la testa girava come se stare eretto, dopo tutto quel tempo steso su di un pavimento, gli provocasse le vertigini.
Ma non voleva mostrare la sua debolezza, dichiararsi sconfitto, completamente alla loro mercé.
- Mi reggo in piedi da solo!- ringhiò con tutta la frustrazione che aveva in gola, divincolandosi.
I due allentarono la presa di colpo, lasciandolo senza sostegno, ma Jacob strinse i denti e ad occhi chiusi ritrovò l'equilibrio.
Quando li riaprì era in piedi, le gambe leggermente divaricate per contenere il baricentro del proprio corpo e il petto gonfio di soddisfazione per non essere stato ancora annientato.
Era ancora completamente nudo, il corpo era sporco di terra e sangue rappreso; qualche echimosi segnava i polsi e le caviglie e sul petto e sulle braccia rimanevano alcune cicatrici, tracce di ferite quasi del tutto rimarginate.
Erano state accese delle torce nel frattempo, una tenuta da uno degli uomini, altre nel corridoio fuori dalla cella.
La poca luce che ne veniva gli permise di guardarsi intorno: era stato rinchiuso in uno spazio angusto dalle pareti di pietra viva e umida, il soffitto basso gli sfiorava di poco il capo e, ora che era in piedi, l'ambiente sembrava ancora più piccolo, come fosse un gigante in un mondo di nani.
Non c'era altra apertura oltre alla porta della cella, l'aria era così satura di muffa e sudore, di sangue e polvere che si meravigliò di quanto vi si fosse assuefatto e riuscisse a respirare, nonostante il tanfo.
Uno degli uomini gli gettò dei pantaloni, colpendolo in pieno petto e intimandogli di vestirsi.
Jacob, nonostante l'equilibrio tremolante, li infilò, e con un tono dissacrante, mormorò: - Uh! Credevo di far più bella figura così! -
L'uomo, ignorandolo, lo spintonò energicamente verso l'uscita, mentre l'altro con la torcia li precedeva.- Quanta fretta, amico! - ironizzò, rimettendosi dritto, - Non ci corre dietro nessuno. - aggiunse, muovendosi e riconquistando ad ogni passo, sempre maggiore coordinazione.
La donna, di cui conosceva solo la voce, lo precedeva solo di pochi metri, ma la luce insufficiente e gli occhi malandati e stanchi gli permettevano di vedere di lei solo le onde sinuose di un lungo mantello nero che si muoveva assecondandone i passi e i capelli biondo scuro che alla luce della torcia riverberavano di scie ramate.
- Dov'è che andiamo? - ruppe il silenzio che rendeva il corridoio ancora più tetro, ma non ottenne alcuna risposta.
L'aria diventava meno pesante, l'odore di sottosuolo si affievoliva, perdendo quel tanfo di morte e terra. I respiri di Jacob divenivano sempre più ampi e profondi, come quando ci si allontana dalla cappa di smog della città, per respirare l'aria pulita e frizzante di montagna.
Il corridoio terminò davanti ad una porta massiccia di ferro, chiusa con una spranga.
Quando la donna la spalancò, una lama di luce serpeggiò sulla pietra del pavimento, inondò le pareti del cunicolo e gli ferì gli occhi assuefatti al buio.
Una sala enorme si aprì oltre l'uscio.
Un pavimento di marmo policromo spiccò sotto i suoi piedi sporchi e nudi; le pareti affrescate sugli intonaci bianchi gli riempirono gli occhi di colori e gli enormi lampadari di cristallo scintillarono dal soffitto altissimo.
Jacob, in tutta la vita, non aveva mai visto tanta magnificenza: persino la villa dei Cullen, enorme e curata, sembrava senza pretese al confronto.
Sbatté le palpebre un paio di volte, soffermandosi a guardare tra le grinze degli affreschi e notò che le enormi finestre, che si susseguivano alla sua destra, erano schermate da pesanti drappeggi di velluto, lasciando filtrare la luce esterna solo lungo il bordo.
Rimase a fissarne il riverbero ancora intontito, quando un fruscio ovattato ed elegante catturò tutta la sua attenzione.
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Ben trovate!
Eccoci al nuovo capitolo.
Dove si troverà Jacob?
Si accettano scommesse.
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Colgo l'occasione per fare una piccola riflessione.
Non mi reputo una scrittrice, ma in ciò che scrivo metto impegno, tempo, dedizione e mi permetto di dire, anche una certa acerba capacità.
Per questo non mi piace leggere, nelle storie di altri, frasi chiaramente mie anche se camuffate.
Mi farebbe piacere non dovermi più trovare in una situazione simile.
A buon intenditor poche parole!
Scusate lo sfogo e mi raccomando votate e fatemi saper cosa pensate del capitolo.
Un bacio!