L'inizio del male, la fine del male

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Cadde a terra, le ginocchia impattarono al suolo con un raggelante scricchiolio di ossa. Le dita affondarono nei fianchi di Renesmee, il viso cosparso di lacrime cercò conforto sul ventre contratto della mezza vampira, come i bambini che nel tormento del dolore si affidano alla mamma.

Nella sua testa, la voce dell'assassina bionda comandava al dolore di invadergli la carne e il cervello, gli corrodeva le viscere e ogni pensiero logico, come l'acido sui metalli.

Se era quella la sua fine, non gli importava: aveva visto di nuovo il centro del suo universo, il pane della propria anima. Aveva sentito battere il cuore di lei e quello del loro bambino e adesso, in ginocchio, col viso e le unghie nella sua carne aveva trovato il paradiso.

Il corpo stava cedendo, sommerso dall'onda insostenibile del male, mentre ogni cosa intorno si affievoliva, ogni rumore diveniva ronzio lontano. Persino la ferocia con cui quella parola si ripeteva all'infinito nella testa, diminuiva di intensità; dissolveva una lettera alla volta, come se il pensiero che la alimentava si stesse allontanando dal suo cervello.

Con gli ultimi sprazzi di lucidità, pensò che il suo corpo martoriato fosse ormai giunto agli ultimi respiri, così provato da non percepire neanche più la sofferenza.

Invece, più i secondi passavano, più i respiri tornavano regolari, senza il ritmo convulso degli spasmi.
Sembrava quasi che il suo corpo venisse lentamente avvolto da una guaina protettiva, una corazza d'acciaio, refrattaria alle stilettate infertegli dal potere maligno della gemella.

Una bolla salvifica, come uno scudo.

I muscoli progressivamente ripresero vigore e la mente si ripulì, sgombra e sanata. Energica e forte, come se non fosse mai stata costretta a sopportare alcun dolore.

Si rimise in piedi, sempre stringendo sotto le dita i fianchi di Renesmee, e quando i suoi occhi furono prima sul viso, poi negli occhi di lei, la guarigione sembrò completa.

Era troppo stravolto per preoccuparsi di cosa stesse accadendo; troppo allucinato per discernere se l'affievolirsi del dolore fosse reale o solo un acuto stratagemma della sua mente per divincolarsi dal dolore, mentre tutto il resto del corpo ad esso soccombeva.

Allo stesso modo, Renesmee lo guardava stralunata, come fosse caduta dal cielo da un altro mondo, la bocca leggermente socchiusa e gli occhi fissi sul viso di lui, che riprendeva piano il suo bel colore di luce.

Appena il tempo di un sorriso e nel campo visivo dei suoi occhi passò una luce vibrante, come la coda di una cometa; un ringhio forte e roco fendette l'aria e l'odore acre dei boschi e del mare di La Push si impadronirono del suo olfatto.

La pelliccia argentata della sua amica lupa avviluppava il corpo possente del vampiro gemello, i denti gli affondavano nel collo, dal quale sgorgava sangue a fiotti, finché le fauci debellarono ogni resistenza, staccandogli la testa di netto.

- Fratello! - urlò, impietrita Jane, immobile e senza più alcun potere.
Ridusse gli occhi a due fessure rosse, come il sangue fraterno che irrigava il pavimento; convogliò il suo potere mortale al centro dei pensieri, pronta a scagliarlo contro la lupa.

Ma esso si afflosciò su sé stesso, rimbalzando sulla spessa coltre protettiva di uno scudo invisibile.

Provò e provò ancora, imperterrita, incapace di dichiararsi sconfitta, con la sete di vendetta più potente di quella per il sangue umano.
Insistette violenta e perfida, ma ogni tentativo andò in frantumi.

- Credevi, forse, che me sarei tornata a casa, lasciandoti tra le mani il padre di mio nipote? - sussurrò una voce decisa, ma tanto dolce e lieve, da poter essere udita solo da orecchi immortali.

Gli occhi di tutti corsero sul fondo della sala, dal quale, nella penombra antica del vecchio palazzo, la voce proveniva.

Isabella Marie Swan, se ne stava immobile con un sorriso sulla bocca a cuore, la mano intrecciata a quelle di suo marito e le spalle protette dal corpo solido di Carlise.

- Questa è la resa dei conti. - aggiunse placido il medico, - Lo sai, vero, Aro che, anche se ci restituissi la libertà di Jacob, oggi, qui si compirebbe o la tua sconfitta o la nostra? -

- E sia, vecchio fratello! Non possiamo combattere in eterno: sia questa la fine di ogni guerra. - gli rispose rassegnato, ma con una punta di sadico desiderio di annientamento contro i ribelli.

Immediatamente, Jacob rivolse la schiena a Renesmee, le sue spalle larghe a fare da scudo al corpo di lei.

Non era ormai che l'ultimo di quei soldati, l'anello debole di ranghi solidi che si preparavano allo scontro definitivo, ma Jacob Black aveva sempre avuto la pelle dura, anche da umano, e si sentiva comunque forte, poiché, come diceva spesso Billy, è la potenza dei sentimenti che rende gli uomini imbattibili.

E Jacob Black ne aveva di così forti a riempirgli il cuore e lo stomaco, da far impallidire tutte le forze sovrannaturali sul quel campo di battaglia.

Remesmee si strinse a lui, aderendo alla sua schiena e allacciandogli le braccia intorno al busto, fino a portare il palmo aperto della destra all'altezza del cuore.

I battiti di entrambi impennarono per alcuni secondi alla brezza del contatto; poi si regolarizzarono accordandosi in un unico suono, per poi schizzare ancora alle stelle, mentre nella testa di Jacob entrava la voce del potere silenzioso di Renesmee.

- Ti amo! - sussurrò, usando la punta delle dita direttamente nel cuore di lui.
Jacob sorrise, anche lui senza emettere alcun suono, tranne un gorgoglio contagioso, come un impeto allegro e soddisfatto, che risaliva dal centro dello stomaco.
Strinse le proprie dita intorno a quelle di lei, con la presa salda del protettore che era sempre stato.

"Cerchiamo di fare in fretta, Eddy: io e Renesmee abbiamo un mucchio di cose da dirci!" maliziò, rivolgendosi direttamente al vampiro che gli stava alle spalle, provocandogli un ringhio.

- Neanche adesso perde la voglia di fare il buffone! - replicò, fintamente infastidito dal mezzo lupo.

Bella sorrise di quella schermaglia da ragazzini che durava dal loro primo incontro e, come aveva fatto la figlia un istante prima, strinse di più la stretta delle dita intorno alla mano del marito e intensificò lo scudo per l'ultimo sforzo.

Senza i poteri di Jane e di Alex, finalmente avrebbero combattuto l'ultima battaglia ad armi pari.

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Ben trovate!

Non so come, ma sono riuscita ad aggiornare, seppure con un cronico ritardo.
Vi saluto tutte e colgo l'occasione per augurarvi una buona e serena Pasqua.

Alla prossima!

The fight for you is all I've ever knownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora