Io ti salverò

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La partenza dei suoi genitori e di Carlise era stata straziante.

Li aveva visti uscire nella bruma del mattino, entrare nell'auto e sparire nel lungo viale che serpeggiava attraverso il bosco.

L'autunno era arrivato in anticipo a Forks, come ogni anno; aveva già sparso le foglie, i colori, le gocce di pioggia, come un velo, a coprire ogni cosa; una languida sensazione di angoscia e impotenza.

Una morsa allo stomaco le bloccò il respiro, costringendola a sedere sul bordo del letto, nella vecchia stanza in cui aveva dormito tante volte da bambina.

Le ampie vetrate sul bosco, il verde degli altissimi abeti, il muschio delle felci, il contrasto con il cielo plumbeo di fine settembre la riportarono all'immagine sfocata di sé stessa ragazzina e sognante, quando per ore sedeva in quello stesso punto e fissava le foglie e i rami più bassi in attesa del suo lupo.

Lo amava da sempre, da prima di sapere cosa fosse l'amore carnale, cosa fossero i baci, le mani, le lingue e l'odore dell'amore. Lo amava dal grembo di sua madre e lo voleva da allora, così come la sua età richiedeva.
E da sempre lo aveva avuto; dal suo primo respiro, nello stesso istante in cui era venuta al mondo.

Un conato di vomito le inacidì la bocca; d'istinto si portò entrambe le mani sul viso, cercando di respirare lentamente, ma la nausea era troppo forte perché potesse respingerla.

Era la prima volta che accadeva in tutta la sua vita.

Carlise le aveva detto che nei primi mesi di gravidanza era piuttosto normale avere nausee. Ma lei sembrava immune a quel fastidio comune alle donne umane.

Umane, pensò nella sua testa, mentre si asciugava gli occhi pieni di lacrime per lo sforzo.

Umane e vulnerabili, ripeté.

Esattamente come lei stessa stava diventando.

Non aveva mai avuto dubbi sulla sua scelta di trasformarsi.

Diventare umana, completamente umana, pur di far nascere il figlio di Jacob e vivere e invecchiare accanto a lui, non era un sacrificio.

Jacob le avrebbe donato la vita, avrebbe affrontato la morte, persino l'immortalità, lasciandosi dietro suo padre, le sorelle, il branco, pur di amarla.

Dunque aveva il diritto di avere una donna che scegliesse alla stessa maniera.

Con coraggio e amore infiniti.

Ma in quel momento, mentre lui era nelle mani dei Volturi, mentre i suoi genitori e suo nonno gli andavano incontro nel tentativo, vano in partenza, di salvarlo, sentiva la sua scelta pericolosa e ingiusta.

Il motivo di quel rapimento stava proprio nella sua scelta, nel bambino miracoloso che le cresceva dentro; nel sangue di Jacob che si mescolava al suo.

I Volturi non potevano accettare nulla di ciò che stava accadendo, la loro insubordinazione, la ribellione alle loro leggi e soprattutto la possibilità che esistesse una minaccia alla loro immortalità.

Si tirò su, fino a rimettersi in piedi.

Il riflesso che lo specchio le restituiva era una maschera sofferente e triste, impotente davanti alla rovina della sua vita.

Non poteva accettarlo, non poteva permettersi di perdere un solo componente della sua felicità.

Non poteva aspettare che qualcosa o qualcun altro le salvassero la vita.
Non poteva rimanere per l'ennesima volta al caldo della bambagia che quelli che l'amavano le avevano costruito intorno.

Quella volta toccava a lei, salvare suo marito, i suoi genitori e tutti quelli minacciati.
Non avrebbe più atteso inerme, che la fine arrivasse, non senza combattere almeno.

Sciacquò il viso con l'acqua fresca che scrosciava dal rubinetto, tirò via le ciocche fulve dal viso, legando i capelli sulla nuca e indossò qualcosa di comodo.

Per l'impresa che si era decisa a compiere le serviva un alleato.

O meglio, un complice!

The fight for you is all I've ever knownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora