La sera calava lenta e silenziosa, un'altra volta.Spandeva le sue ombre sulle foglie e sull'erba del meraviglioso giardino di Esme.
Un'acquerugiola picchiettava sui fiori e sulle siepi esaltandone i colori, come tocchi di vernice su un'immensa tela.Era rimasta rinchiusa, per l'intera giornata, nella stanza che era stata di suo padre, nell'attesa che Leah arrivasse. Aveva rimuginato sui brandelli di un piano sgangherato, cercando il modo di farlo andar giù anche alla lupa. Ma soprattutto aveva cercato le parole più adatte a convincerla che aiutarla in quell'impresa disperata fosse l'unica cosa da fare.
Sedeva a gambe incrociate, stretta nella felpa di Jacob sul grande letto disfatto, quando la porta si aprì alle sue spalle e la luce soffusa del corridoio squarciò la penombra del crepuscolo che penetrava dalle vetrate.
- Allora, principessa, a cosa devo l'invito? Non sarà per il thè, vero? - la canzonò, con il suo solito sarcasmo.
- Devi aiutarmi a riportare a casa Jacob. - le rispose, senza curarsi della sua battuta.
Conosceva Leah da che era nata. Di lei, nonostante le risposte acide e talvolta cattive, apprezzava, come in tutti gli altri lupi, la forza non comune, la lealtà incondizionata al branco, la dedizione totale alla sua missione di protezione e cura che la sua natura le aveva imposto.
Ma ciò che ammirava più di tutto era la sua unicità, era il suo essere donna in mezzo ad un mondo di maschi.Leah era femmina in ogni gesto o azione che compiva, dai balzi aggraziati della lupa, alle movenze sinuose e sensuali della donna.
I suoi fratelli resistevano rapiti davanti al suo corpo lucido e tornito, agli occhi scintillanti ed indipendenti; si affidavano alle sue capacità in battaglia e a quell'indipendenza consapevole che la spingeva verso la decisione giusta ogni volta.
Leah era capace di fare ogni cosa con la naturalezza dei suoi fratelli, con la forza dei suoi fratelli, ma nella maniera speciale con cui le donne fanno le cose.Di lei si fidava, come di Jacob.
Solo a lei poteva chiedere aiuto.
- Avrei preferito che fosse per il thè! - tergiversò, cercando di mascherare la sorpresa di quelle intenzioni.
Jacob diceva di Renesmee le cose più dolci e avvolgenti che si potessero immaginare di una donna.
La dipingeva come fuoco ardente che infiamma il cervello prima che le vene, nascosto in rivoli di acqua fresca.
Parole sdolcinate di un maschietto innamorato e in eterna tempesta ormonale, pensava.
Ma di una cosa era certa: Renesmee era nata per amare, e per amare Jacob, dunque la sua intenzione di partecipare alla liberazione di suo marito non era poi così inconcepibile.
- Dico sul serio, Leah ... -
- Anche io, Renesmee! Ci penseranno i tuoi genitori e Carlise a riportarlo a casa. -
- Lo credi davvero o stai cercando di tenermi buona? I miei non riusciranno a salvare Jacob, né ci riuscirebbero tutta la mia famiglia, gli altri clan o tutti i lupi insieme. I Volturi sono superiori per forza e ferocia ... in uno scontro frontale ci sbriciolerebbero come le pietre sotto una schiacciasassi! -
- Parla per te e per tutti i tuoi succhia sangue ... -
- Leah! -
- E d'accordo ... hai ragione, ma comunque non se ne parla, principessa. Tu rimani qui buona, fino a che i grandi non trovano il modo di ... -
- Ho bisogno di te! Solo tu puoi aiutarmi ... - la interruppe, puntandole addosso i suoi occhi seri e penetranti.
- Ma ti rendi conto di ciò che mi stai chiedendo? Se ti aiutassi tradirei la fiducia di mio fratello. Tu non sai ... non immagini nemmeno quanto tu sia importante, quanto tuo figlio sia importante! - cercò di dissuaderla, di farle comprenderle che, se pure comprensibile, la sua richiesta era assurda, inattuabile, ma soprattutto suicida. - Renesmee, Ness ... lo capisci che questo bambino non è soltanto il figlio di Jacob, è il simbolo di un'alleanza nuova, di un'era che tutti aspettavamo. -