La comitiva procedette folta e chiassosa, concentrando occhi e attenzione ora agli arredi, ora ai fregi, ora alla voce della guida, che in un perfetto accento tedesco illustrava le attrattive del luogo.
Renesmee vi si era perfettamente confusa, quasi fosse una di loro, fingendo attenzione e interesse, come da copione.
In realtà, il suo intento era quello di scovare l'ingresso del cunicolo che portava ai sotterranei, come era indicato sulle planimetrie di Carlise.
Nella sua testa rimaneva, come in una fotografia, l'indicazione di una porta piuttosto piccola rispetto a tutte le altre che, imponenti, si aprivano sul corridoio.
Secondo gli appunti trafugati, avrebbe dovuto essere chiusa dall'esterno con una semplice serratura di cui il nonno aveva duplicato la chiave, insieme a tutte le altre della sua vecchia dimora.Se avesse saputo che un centinaio di anni dopo sarebbero servite a sua nipote, più umana che vampira, per salvare un marito mutaforma!
Sorrise al pensiero, mentre stringeva il mazzo nella tasca e si attardava, fingendosi interessata all'enorme affresco sul soffitto.
La diramazione che portava ai sotterranei le si aprì sulla sinistra, mentre davanti, il corridoio proseguiva verso il salone principale.
Fece per prenderla, quando in un secondo, le narici e le orecchie registrarono un odore e un suono anomali, scartando, in una gincana dei sensi, quelli della comitiva che si allontanava.Un respiro sottilissimo, quasi un anelito, e sangue, terra, muschio.
Il respiro le si incastrò in gola e le dita tremarono. Il ventre scalciò, come se quell'odore antico fosse penetrato per osmosi, attraverso la pelle, nel liquido amniotico.
Odore del lupo, odore di Jacob.
E al contempo, odore di morte.Veniva da qualche punto davanti o dietro o tutt'intorno a lei. Stava nell'aria, sospeso, in attesa che lei lo riconoscesse, come un indizio, una traccia, un richiamo.
Si acquattò nell'angolo, con il naso ancora alla ricerca, benedicendo i suoi sensi ancora così straordinari, da mostrarle la via che conduceva a lui.
Camminò leggera, come i gatti in bilico sui cornicioni, mantenendo la distanza necessaria a non farsi scoprire; anche se il cuore pulsava rumoroso e velocissimo e il sangue sobbolliva, tanto da avvertirne ella stessa l'odore caldo, espandersi attraverso la pelle.
Il richiamo di quell'odore, come una scia di miele e spine, portava al punto in cui il corridoio sfociava nella grande sala di cui il nonno parlava nei suoi racconti degli anni del terrore.
Aro era assiso sul trono come un dio pagano, alle sue spalle i suoi fratelli e davanti a lui la sua guardia schierata.
Pochi passi davanti, ai suoi piedi, la schiena di Felix, ampia e robusta sotto il lungo mantello nero, il braccio destro sollevato e rigido.
Reggeva per la gola, sospeso in aria, come se non avesse peso, il corpo di un uomo, mezzo nudo e lacero.Dal suo nascondiglio dietro i drappi purpurei delle tende, Renesmee non riusciva a distinguerne i tratti del viso. Ma l'ampiezza delle spalle e i muscoli tesi degli avambracci, che si serravano intorno alla stretta del vampiro; la lucentezza della pelle ambrata, nonostante la polvere e i grumi di sangue, definivano inequivocabilmente il corpo di Jacob.
Un capogiro le annebbiò la vista per un istante, adrenalina e sconforto velarono i suoi intenti e la sua fede incrollabile di riuscire.
Ad un cenno pacato e lento della mano di Aro, il gemello mollò la presa lasciando cadere in terra il mezzo lupo.
Il tonfo risuonò nel silenzio di tomba del salone, seguito da un breve lamento e da un sospiro strozzato.- Tentava di fuggire, signore. - riferì il vampiro, con un'inflessione reverenziale nella voce.
- E perché mai? - replicò, Aro, la voce melliflua e gli occhi rossi e affilati come lame taglienti, - Non ti abbiamo, forse, trattato come un ospite gradito? - insistette, fintamente offeso.
- Fottiti! - replicò il ragazzo, sforzandosi di rimettersi in piedi.
Il vampiro sgranò gli occhi e si coprì la bocca, con le dita bianchissime e scheletriche, fingendosi scandalizzato.
- Non dovresti usare un simile linguaggio, non davanti alle signore. - lo rimproverò, per poi aggiungere: - Vieni avanti, mia cara. -
Jacob ruotò il busto verso il fondo del salone, avvolto in una penombra che non gli permetteva di distinguere oggetti o figure animate.
La mano, con cui massaggiava la gola sofferente per la stretta, si paralizzò all'istante, quando le movenze sinuose di Renesmee si fecero spazio tra i suoi sensi.
Un piede alla volta, un fianco dopo l'altro, entrò nel suo campo visivo, come una saetta attraverso il piombo del temporale. Poi comparvero la curva amorevole del ventre, i seni tondi e la lucentezza nivea della pelle, che le illuminò l'ovale del viso.
Fu allora, dopo giorni e dolore, che Jacob seppe di essere ancora vivo.