"Il fantasma è colui che non si rassegna ad essere morto."
Elias Canetti
"Assolutamente no!"
Inutile dire che me l'aspettavo. Anzi, per la verità, tornando a casa dopo il tete a tete con Blake, la notte in cui era nata l'operazione poi battezzata "Lei che cammina di notte" mi chiesi proprio come potessi anche solo sperare che andasse diversamente.
Jeanette mi si accostò.
"Occhio, comincia già a comandarti a bacchetta. Fallo sparire, è meglio..."
Me lo mormorò all'orecchio, m in modo perfettamente udibile per qualunque altra persona presente nella stanza. Mi venne da ridere.
"Tu eri contraria quanto lui, all'inizio, se non sbaglio." Le dissi.
"Si, ma ora che secco si è espresso tanto contrario alla cosa, sento una sorta di moto di ribellione, dentro. Devo remagli contro, è più forte di me."
"Grazie infinite, Jeanette." Sbuffò Gilbert. "Pare dunque che il tuo innato spirito femminista abbia la prevalenza sul tuo buon senso. Buon dio, come si fa anche solo a ipotizzare un piano simile? E tu..."
Si rivolse direttamente a me, lo sguardo serio e preoccupato allo stesso tempo.
"Come hai potuto credere, fosse pure per un istante, che avrei appoggiato una simile idea malsana, o che addirittura me ne sarei reso partecipe! Io non permetterò mai alla mia preziosa fidanzata di andare in giro nei boschi nel cuore della notte priva di coscienza verso sa solo dio cosa!"
Gilbert trasse un profondo respiro di frustrazione con il naso, e si voltò verso Dick. Avevo deciso di comunicare le ultime novità ai gemelli contemporaneamente, per evitare di perdere tempo inutilmente ripetendo la stessa storia due volte. Avrei voluto svegliarli non appena rincasata quella stessa notte, ma preferì riordinare le idee, prima. Avevo atteso così l'ora della colazione della mattina dopo. Col senno di poi, me ne pentii. Se gli avessi svegliati e avessi raccontato loro del piano, avrebbero avuto una notte intera per pensarci, prima di bocciarlo senza remore come stava facendo Gilbert.
Anche i miei occhi si spostarono su Dick, assieme a quelli di Gilbert. Mentre esponevamo l'idea di Blake, a differenza di Gilbert che aveva perso le staffe praticamente subito, Dick era rimasto appoggiato al balconcino della finestra del salotto in religioso silenzio, l'aria indecifrabile. Contavo su una più razionale e calma reazione, da parte sua. La natura di Gilbert era molto più pavida di quella di Dick, che del mondo si lasciava impressionare e preoccupare da poco o niente
"Almeno tu mi capisci, vero?" gli chiese Gilbert. "Sei d'accordo con me sull'assoluta follia di questo piano, no?"
Dick sospirò, e prese dal taschino della vestaglia da camera che indossava il suo abituale inseparabile pacchetto di sigarette. Ne prese una tra le labbra, e l'accese. Tiró una profonda boccata, e lasciò che il fumo scivolasse fuori dalle sue belle labbra sottili, una copia esatta di quelle di Gilbert. Dalla partenza di sua madre, non era più preso il disturbo di mettersi a fumare davanti ad una finestra ben aperta, che fosse notte oppure giorno. Era ufficialmente diventato un anarchico.
"Dunque." Disse, passeggiando per il soggiorno con le mani dietro la schiena, seminando fumo ovunque, come un arcidiacono con l'incensiere. "Sorvolando sul discorso di Tabitha nei panni della tua preziosa fidanzata, che alle mie orecchie giunge totalmente nuovo e che gradirei molto mi spiegassi meglio in seguito, fratellino..."
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Il dono del destino
ParanormalTabitha Raincourt, giovane avvocatessa disillusa e amareggiata, torna a casa dopo anni di lontananza per partecipare al funerale di suo nonno. Ritrova Juniper, migliore amica della sua defunta madre e attuale governante di casa Raincourt, e i suoi d...