Cap 8 - lei che cammina di notte

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"Il sonno è lo strisciare di un uomo dentro sé stesso."

                                                                                                                        Christian Friedrich Hebbel



Erano passati cinque giorni, dalla sera della festa in maschera. E io ancora vagavo in giro per la casa con gli occhi vitrei di un pesce morto.

Non riuscivo davvero a capacitarmi di quello che era successo, non mi davo pace.

"Io... a letto con uno sconosciuto." Mormorai sconvolta a Jeanette un pomeriggio particolarmente afoso. Eravamo andate alla ricerca di refrigerio nel gazebo in giardino, armate di limonata ghiacciata fatta in casa. Jeanette aveva anche preparato una caraffa ricolma di Long Island ice tea, soprannominato da zia June "Il the ubriaco".

"Ma ti rendi conto? Io, che vado a letto con uno sconosciuto! Un tale figlio di nessuno, un estraneo, uno mai visto prima! Neanche quando ero una ragazzina sprovveduta, ho mai fatto simili scemenze. Non mi sono mai neanche fatta abbordare dai classici corteggiatori da bar."

"Vantatene, mi raccomando." Mi rispose Jeanette da dietro i suoi grandi occhiali da sole dalle lenti scure e la montatura bianca, mentre cercava di far star ferma tra le labbra recentemente rigonfiate la cannuccia del suo drink. "Facciamolo sapere a tutti, che hai vissuto un'esistenza al limite del monacale. Cazzo, per una volta che ti capita il colpo di culo, ti lamenti pure? Tanto per cambiare, tra l'altro..."

Sbuffai, e incrociai le braccia, alquanto stizzita.

"Certo che lo faccio sapere a tutti, che sono una brava ragazza, e me ne vanto pure! Mica posso essere tutte come te, che ai tempi d'oro l'hai data via come se non fosse stata tua. E non ti piaceva neanche, visto la piega che hanno preso le cose alla fine."

"Solo sperimentando, arrivi alla scoperta, mia cara." Mi rispose lei, imperturbabile. "Comunque, se vuoi il mio modesto parere, la stai facendo più lunga di quanto meriterebbe. Ok, hai fatto una cazzata, il tuo perfetto curriculum da santarellina si è irrimediabilmente insudiciato... fine! Dacci un taglio, archivia e vai avanti. Danni non ne hai fatti, in fondo, Non hai mica messo le corna a nessuno, no? Tra te e secco c'è ancora un rapporto ancor meno che platonico, in fondo. E 'stata un'esperienza, nient'altro. Insomma, non ti ha mica trasmesso qualche malanno, per dio!"

"Per l'amor del cielo, non dirlo neanche per scherzo!" esclamai, agitata. "Non so neanche chi fosse, figurati sapere se era sano o no. Non abbiamo alcuna certezza..."

"Ma per favore, la lista dei miei invitati era a numero chiuso, e sono certa di non aver invitato nessun untore dell'HIV o affini."

"Se come dici la lista era chiusa, allora perché diavolo non riesci a trovare quell'infame, eh?" sbottai. "Hai fatto un miliardo di telefonate, e di quel tale neanche l'ombra. Lo so che non abbiamo una descrizione precisa, ma a grandi linee ti ho detto che aspetto aveva!"

"Tesoro, neanche se mi avessi dato le misure precise del suo gingillo, l'avremmo beccato. E' piú che evidente che il colpevole sta facendo il finto tonto, o alla festa era talmente ubriaco da non ricordarsi davvero quello che può aver fatto. E dal canto mio, ti assicuro che non idee di chi possa essere, quel tizio. I miei ospiti sono arrivati tutti già mascherati, e nessuno di loro mi aveva detto anticipatamente quale fosse il costume che indossavano. Ergo, per me è impossibile identificare chi ci fosse dietro quella maschera nera, mi dispiace, bimba..."

Jeanette posò sul tavolino il suo drink con la cannuccia impiastricciata di gloss al peperoncino. "Dammi retta, dimenticatene e vai avanti. Se quel tale non ha voluto né che sapessi chi era e né lasciarti un numero di telefono per poterlo contattare, allora non merita di essere ricordato in alcun modo. Praticamente, te lo sta chiedendo lui stesso, di scordartelo."

Il dono del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora