Capitolo 6

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9 luglio 2015
"E la conosci Acqua chiara?" Chiese il padre di Veronica.
"Si pà la conosco"
"E di chi è?" La incalzò lui.
"Non lo so!"
"È di Battisti" disse con una smorfia il padre.
"E invece quella che fa:" che hanno è? Che giorno è?"
"Non lo so pá, ma questo sicuramente è un po' svampito!"
"Sempre di Battisti, Veronica! Devi conoscerle le canzoni italiane se vuoi lavorare in questo campo!"
"Papà ma io conosco tante canzoni! Solo che non vado matta per quelle italiane..."
"Dai proviamo con l'ultima: chi ha scritto "Margherita!?"
"Uhm... Battisti?!"
"No. Cocciante."
"E vabbè però lo fai per farmi sbagliare!"
"Vabbè ma è facile indovinare. Quello con il tono sempre triste e malinconico è Battisti. Invece Cocciante ha la voce gracchiante." E iniziò ad imitare i due cantanti.
"Non li puoi confondere!"
Scoppiarono entrambi a ridere.
Lei e il padre avevano sempre avuto un rapporto particolare. Si dicevano tutto e parlavano di tutto. Si comportavano spesso come due amici, non come padre e figlia, anche se lei sapeva quando era il momento di smettere di scherzare. Al contrario della mamma di Veronica, il padre non si arrabbiava quasi mai, ma quando lo faceva voleva dire che era successo qualcosa di grave. Il padre di Veronica aveva i capelli neri e gli occhi marroni. Lei era stata fortunata a nascere bionda. Aveva preso il fenotipo della nonna materna che era bionda con gli occhi azzurri. Se non avessero conosciuto il padre di Veronica, non avrebbero mai detto che era suo padre. L'unica cosa che aveva preso dal papà e non dalla mamma erano gli occhi; gli stessi occhi cangianti che passavano da marrone chiaro a verde mimetico.
Sentì vibrare qualcosa nella tasca destra del jeans. Infiló rapidamente la mano dentro e prese il telefonino. Sgranò gli occhi. Non poteva crederci.
"Ehi che c'è sembra che tu abbia visto un fantasma" disse il padre mentre analizzava la sua espressione. "Chi ti scrive?"
"nessuno..." Si affrettò a rispondere lei dirigendosi verso la porta. "Si certo! Lo disse anche Ulisse a Polifemo! Beh, spero solo che non sia un ragazzo! Ricordati che potrai sposarti solo a 60 anni. Anzi facciamo 70. Nel frattempo devi rimanere con il tuo papà!"
Veronica lo guardó con un sopracciglio alzato "e chi sono una monaca?"
"Basta che tu non sia la Monaca di Monza" la incalzò lui. Chiuse la porta ridacchiando è si recò in giardino. Si sedette vicino alla pianta di gerani. Il sole era molto forte e sentiva i suoi raggi che le riscaldavano la pelle. Guardó il nome e il cognome che erano segnati sul telefono in lettere luminose. Aveva risposto. Le sembrava assurdo. Aprì what's app e lesse il messaggio:
"Sono cinque anni che ci sentiamo a malapena per gli auguri di Natale e adesso che sto male mi chiedi come sto? Trovo la cosa abbastanza incoerente e fuori luogo. Che cazzo ti importa di me?"
Rilesse il messaggio diverse volte. Se lo ripeteva continuamente in testa. Provava un misto di contentezza e amarezza. Era la prima volta che facevano una conversazione più lunga di "auguri" - "grazie", ma si rendeva conto che la sua reazione era abbastanza normale. La cosa, comunque, la fece innervosire. Prese il telefono e scrisse:
"A differenza tua non ha mai smesso di importarmi di te. Mi è sembrato giusto chiederti come stavi visto che stai male. Ma tanto tu sei rimasto quel cazzo di dodicenne di cinque anni fa. Sai perfettamente che quello che è successo non è colpa di nessuno. Quindi evita di continuare a trattarmi così male. Altrimenti, vaffanculo."
Lo mandó con rabbia e si alzò dalla sedia. Camminava avanti e indietro a grandi passi per tutto il giardino. Prese il telefono e se ne andò in bagno. Pose i polsi sotto l'acqua gelida. La cosa la calmava. Lo faceva sempre. Rimase ad ascoltare il rumore sibilante dell'acqua. Non poteva credere a quanto le cose non fossero cambiate. Non solo il rancore che provava lui, ma anche il sentimento che provava lei nei suoi confronti. Eppure le sembrava così strano. Erano passati cinque anni. Lei aveva avuto altri ragazzi, dopo di lui; quattro precisamente. Ma sapeva, nel profondo del suo animo, che quel sentimento non era mai cambiato, nonostante il tempo, nonostante gli anni, nonostante tutto. Un altra vibrazione.
"Parto il 1 agosto per Reggio Emilia per andare in una clinica per dei controlli. Momentaneamente non so che cosa ho. Grazie."
Non sapeva se dovesse interpretare quel messaggio in maniera positiva o negativa. Poteva essere l'inizio di qualcosa come la fine di tutto. Le sembrava strana quella reazione.
"Veronica! Esci mi serve il bagno. Va tutto bene?" Era la mamma. Uscì senza guardarla in viso borbottando "Sto bene".
"Figlia muta, mamma intende" recitó la mamma con il naso all'insù. Veronica non si girò a guardarla ma se ne andò semplicemente in camera sua ad ascoltare la musica.
"È uno stronzo." Disse a se stessa in un soffio. Poi lasció che la musica cancellasse quei pensieri.

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