Capitolo 20

11 2 0
                                    

15 Agosto 2015
Veronica continuava a ignorare le telefonate e i messaggi di Daniele. Non aveva alcuna voglia di parlare con lui. In quel momento voleva solo godersi il resto della vacanze in santa pace. Desiderava stare con i suoi amici e basta. Anche se uno schiaffo avrebbe voluto darglielo. Negli ultimi giorni i messaggi arrivavano a raffica ed erano quasi sempre gli stessi:
"Lorenzo mi ha detto tutto. Possiamo parlare?"
"Veronica rispondi."
"Ti prego."
"Ho bisogno di parlarti!"
"Mi dispiace, ma ti prego rispondimi."
"Dammi almeno la possibilità di spiegare!"
Li visualizzava e li ignorava categoricamente. Si era illusa che fosse diverso. Ebbe paura di essersi innamorata dell'idea che si era fatta di lui e non di quello che lui era in realtà: ovvero solo uno stronzo. Come tutti gli altri del resto. Aveva una strana capacità di attrarre tutti gli stronzi e gli svitati. Lui era solo un altro che si aggiungeva alla lista. Eppure ci stava male, ci stava molto male e propio per questo cercava di far finta che per lei non avesse mai importato nulla.
Un giorno venne giù il diluvio universale. La pioggia scendeva veloce contro i vetri di casa sua. Lei guardava le goccioline che si univano tra loro per formarne di più grandi. Guardava quel movimento ipnotico quando sentì suonare il campanello. "Chi sarà con questa pioggia?" Si chiese. Aprì la porta. Era grondante di acqua. Non aveva nemmeno l'ombrellone con se. La guardava con le braccia conserte sotto la pioggia scrosciante.
"Mi fai entrare?" Disse.
"Non ho alcuna intenzione di parlarti!" E fece per chiudere la porta. Lui la bloccò con la mano. "Hai davvero la faccia tosta di lasciarmi qui fuori sotto il diluvio universale?"
"Perché? Tu non hai avuto la faccia tosta di lasciarmi su un spiaggetta da sola?" Lo incalzò lei. "Posso spiegare... Ti prego... Fammi entrare." Rimase a guardarlo per qualche istante. Il rumore della pioggia faceva da sfondo alla scena. Alla fine aprì meglio la porta e si fece da parte per farlo entrare. Lui si asciugò in piedi sullo zerbino e si guardava attorno. "Che bella casa!" Disse. Lei non rispose. Aveva uno sguardo indispettito e vagava per la casa in cerca di qualcosa, senza degnarlo di uno sguardo. Tornò infine da lui con un asciugamano azzurra. Gliela lancio addosso con malagrazia. Lui la usò per asciugarsi il viso e i cappelli. Lei intanto aveva preso lo straccio e stava asciugando per terra. "Siediti." Disse fredda. Era furibonda. Aveva una bella faccia tosta a presentarsi a casa sua dopo il mondo il cui si era comportato. Non aveva voglia di sentirlo. Non voleva spiegazioni. Sperava che finisse in fretta di piovere per cacciarlo di casa. "Vieni a sederti vicino a me..."
"Ti ascolto." Disse lei continuando a pulire per terra senza alzare gli occhi dal pavimento. "Ti prego almeno guardami!"
Lei si bloccò e sbuffò rumorosamente. Mise le mani sui fianchi e lo guardava aspettando qualcosa. "Ti ascolto." Ripeté lei rimanendo in quella posizione come se fosse una statua. Lui si alzò e le si avvicinò piano mentre parlava. "Ecco vedi... Intanto vorrei mettere in chiaro che tutto quello che è successo qualche sera fa, non era una presa in giro. Provo davvero tutti quei sentimenti che ti ho detto. Ero sincero, e..." Le mise una mano sul braccio destro.
"Ah smettila con questa lagna!" Tagliò corto lei, facendo un movimento di stizza per scacciare la sua mano. "Voglio sapere due cose: perché mi hai lasciata lì e chi diavolo era quella!" E mise le braccia conserte. Pensò "adesso voglio proprio vedere come ti difendi, stronzetto!"
Non c'erano giustificazioni. Voleva la pura e semplice verità. E sapeva che avrebbe fatto male.
"Ecco... É una lunga storia."
"Ho tutto il tempo." Continuò lei con aria di sufficienza.
"Vedi quando morì Luca rimasi solo. Tu eri a Roma, Lorenzo aveva cambiato scuola. Non ero più lo stesso e per questo molti miei amici si erano allontanati da me. Un giorno incontrai Monica."
"Monica" ripetè lei nella sua mente. Odiava già quel nome alla follia.
"Monica era una bella ragazza dagli occhi azzurri e i capelli rossi. Fu l'unica in quel periodo che mi fu vicino. Le raccontai di tutto: di Luca, di quell'estate e di te. Le devo molto. È l'amica migliore che potessi desiderare. Ci tengo tantissimo a lei.
Un mese fa, lei mi ha detto che le piacevo... Non sapevo cosa fare. Se le avessi detto di no avrei perso anche lei. Non volevo. Così stetti al gioco. Lei era appena partita per il college a Londra quando ti ho incontrata la notte di Santa Trofimena. Hai sconvolto tutto il mio mondo. Non pensavo io potessi tornare ad amare così. Non volevo perdere neanche te. Non di nuovo. Ho approfittato di questo tempo per stare insieme e per passarlo come avevamo sempre desiderato. La mattina dopo San Lorenzo lei mi ha scritto dicendo che sarebbe arrivata per le nove del mattino. Non potevo farmi trovare con te. Nè potevo dirti come stavano le cose. Contavo di andarla a prendere e tornare da te con la colazione prima del tuo risveglio. Ma le cose non sono andata come speravo."
"E fammi capire una cosa..."
"Dimmi."
"Tralasciando il fatto che la storia della migliore amica mi convince poco e niente. Se io non avessi scoperto che stavi con quella Monica, tu avresti continuato a dire bugie sia a me che a lei?! Avresti continuato ad avere due fidanzate???"
"Ecco io... No... Vedi io volevo prima..." Lui non sapeva che dire. Farfugliava cose cercando la parola giusta per salvare la situazione. Ma non si salvò affatto. Veronica gli mise due mani sulla schiena e cominciò a spingerlo verso l'uscita. "Fuori da casa mia!" Disse rabbiosa.
"Veronica io... Aspetta!"
"Fuori ho detto!!!"
Si chiuse la porta alle spalle. Si lasciò scivolare a terra con la schiena contro la porta e cominciò a piangere. Mai aveva pianto tante lacrime per un solo ragazzo.
"Veronica! Veronica!" Continuava a urlare lui da dietro la porta. "La lascerò giuro! Saremo io e te e basta. Ti prego!"
"Vattene! Sparisci dalla mia vita!" Urlò lei tra le lacrime. Erano tutte scuse. Tutte giustificazione. Si illudevano entrambi che sarebbero potuti stare bene insieme. Era sconvolta e delusa. Delusa perché davvero, per una volta,pensava che le cose sarebbero andate bene. Guardava il soffitto per smettere di piangere, ma non ci riusciva. Le lacrime le cadevano lente sulle gote senza sosta. Cominciò a strofinarsi forte la manica della felpa sugli occhi. Le si fecero rossi. Cercò di calmarsi. Pensò alla sera di San Lorenzo. Pensò a quanto stavano bene, a quanto si erano divertiti e a tutto quello che si erano detti. Guardò fisso davanti a se con sguardo battagliero. "Maktub!" Affermò con decisione continuando a guardare avanti. Si alzò. Continuava a ripetere velocemente quella parola. Maktub: se le cose erano andate così, era perché dovevano andare a finire così.

Maktub- It is writtenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora